Detective Conan Forum

Un problema da niente, Non c'è problema tanto piccolo che non possa essere ingigantito. Arthur Bloch, Legge di Ruckert, La legge di Murphy III, 1982

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view post Posted on 15/3/2020, 17:13     +1   -1
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Se c'è un merito di questi giorni è proprio quello di avere più tempo per seguire le proprie passioni e una di queste è proprio scrivere.

Era tanto che non scrivevo e in questi giorni grazie a una canzone e a un paio di fanart mi è venuta in mente quest'idea. Spero che vi piaccia leggerla come a me è piaciuta scriverla, prendetela come una sorta di divertissement.
Ecco a voi il primo capitolo, nei prossimi giorni pubblicherò anche gli altri.



Problem child

I can change your life
There’s nothing you can do
Cause I’m a problem child

Problem child - AC/DC



“Era da parecchio che volevo dirtelo, ma mi attrai da morire, Kudo…”
Lo spinse verso terra e si ritrovò a due millimetri dalle sue labbra. Lui si alzò sui gomiti.
“Co...cosa stai facendo?”
Lei gli tolse gli occhiali e lo baciò, prima sfiorandogli le labbra, poi insinuando la lingua tra di esse fino a incontrare la sua…
Lui era rimasto impietrito senza sapere bene cosa fare.
La mano di lei vagò sotto la sua maglietta, andando poi sotto l'elastico dei suoi pantaloncini e accarezzandogli le ossa del bacino.
Gli sfuggì un sospiro involontario. Era la prima volta che veniva toccato in quel modo e, sebbene la sua mente gli stesse dicendo di fermarla, il suo corpo stava reagendo nel modo opposto. Le sue mani esperte gli slacciarono i pantaloncini bottone dopo bottone e le sue dita si avvicinarono sempre di più al punto cruciale. In quel momento sentiva una nebbia avvolgergli il cervello, una nebbia nella quale voleva perdersi e sapeva bene che non avrebbe resistito ancora per molto se lei fosse andata ancora più a fondo.
“Ti prego...smettila...qualcuno...qualcuno potrebbe...potrebbe vederci…”
Gli tappò la bocca con un bacio, la sua lingua saettava veloce cercando di intrecciarsi con la sua, mentre la sua mano finalmente arrivò proprio lì dove voleva, le sue dita affusolate lo sfioravano in modo gentile ma fermo e lentamente sotto il suo tocco esperto lo sentiva crescere e pulsare sempre più forte. Lui non riusciva più a ragionare, era una sensazione davvero strana, sentì il cuore accelerare e il respiro farsi sempre più corto e affannato come se si fosse fermato dopo una lunga corsa...Infine si staccò dalle sue labbra, rovesciò la testa e un gemito liberatorio uscì dalle sue labbra.
In quello stesso momento si aprì la porta ed entrò una figura conosciuta.
“Conan-kun, sono a casa!”
Lei abbassò lo sguardo e rimase impietrita dalla scena davanti ai suoi occhi. Le cadde di mano la cartella, si portò le mani alla bocca e uscì di corsa dalla stanza.
Solo a quel punto lei si fermò.
“A quanto pare la signorina dell’agenzia investigativa ci ha beccati…”
Lui era rimasto immobile, con lo sguardo volto alla porta. Lei invece si era tirata su e si stava sistemando i corti capelli ramati.
“Mi...mi spieghi cosa cavolo ti è passato per la testa?Haibara, non hai...non hai idea del casino che hai combinato!”
Si avvicinò a lui con un sorriso beffardo.
“Non mi sembrava che lui” disse indicando la protuberanza che spuntava ancora fuori dall'apertura dei pantaloncini “avesse da ridire…tra l'altro sono contenta che il veleno che ti hanno somministrato gli uomini dell'organizzazione non lo abbia fatto regredire all'età infantile...”
Lui arrossì violentemente.
“Io...io…”
Lei gli porse la mano e lo aiutò a rialzarsi, poi gli allacciò i bottoni uno dopo l'altro e gli posò un bacio leggero sulla pancia.
“In fondo una scienziata deve controllare tutti gli effetti della sostanza che ha creato...”

Si era accasciata sulle scale, sconcertata.
Non riusciva a credere a ciò che aveva visto.
Non voleva credere a ciò che aveva visto.
Una sensazione quasi di disgusto la colpì allo stomaco e tenne la mano alla bocca come a voler frenare i conati di vomito.
Come poteva essere possibile?
Non riusciva a capacitarsi!
Era vero che adesso i bambini erano sempre più precoci, ma aver visto una scena del genere con protagonisti due bambini di sette anni …
No, non poteva essere possibile!
Eppure i suoi occhi non la ingannavano.
Conan-kun, il suo Conan-kun, era steso sui gomiti con la testa riversa all'indietro, mentre lei, la sua compagna di classe Ai Haibara, era su di lui e la sua mano era proprio tra le sue gambe.
Arrossì violentemente.
Non riusciva ancora a credere a quello che aveva visto anche se la scena era inequivocabile.
Lui sembrava in estasi e lei aveva sul viso un'espressione appagata come se non avesse aspettato altro da mesi.
Scosse ancora la testa.
Come poteva essere che due bambini di sette anni avessero potuto solo pensare a una cosa del genere...Era vero che entrambi erano piuttosto maturi per la loro età, ma addirittura COSÌ maturi?
Non poteva crederci.
Doveva parlarne con qualcuno che se ne intendeva di più di lei, lei che neanche adesso che aveva diciassette anni avrebbe pensato mai a una cosa del genere…
Doveva o sarebbe impazzita!
Scorse mentalmente la lista delle persone con cui poteva parlare e depennò all'istante suo padre e sua madre, perché non avrebbe mai avuto il coraggio ad accennare a una cosa del genere, non sarebbe riuscita a guardarli neanche in faccia; appena dopo depennò Sonoko e Kazuha, sebbene fossero sue amiche si sarebbe vergognata da morire solo iniziando il discorso e allo stesso modo depennò anche Shinichi, non sapeva proprio con che faccia avrebbe mai potuto dirgli una cosa del genere e per giunta per telefono, visto che non c'era mai; alla fine le si illuminò lo sguardo.
Non sapeva come avrebbe iniziato il discorso, ma sapeva che era l'unica persona con cui poteva parlare di quello che aveva visto.
Mentre si recava da quella persona quelle scene continuavano a vorticarle in testa e le provocavano una stretta violenta allo stomaco.

Forse, anche se lei ancora non poteva saperlo, non era solo disgusto, ma in fondo al suo cuore c'era una piccola vena di gelosia.
 
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view post Posted on 18/3/2020, 18:19     +1   -1
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I got a problem

I got a problem I can't explain
It's hard to solve it, I can't lose face
They all try to help me, but I can't see the light.

I got a problem - Neil Young

Scese le scale quasi correndo e si incamminò seguendo un percorso che ormai conosceva a memoria. Nella sua mente cercò di costruire un discorso logico, ma era ben consapevole che di logico in quella situazione non poteva esserci niente.
Cercava di ricordare come fosse lei quando aveva la loro età, ma le uniche cose che le venivano in mente erano i giochi e le scorribande con Shinichi e tutte quelle volte in cui tornavano a casa con le ginocchia sbucciate o talmente pieni di fango da incorrere nelle ire di sua madre.
Certo già allora sentiva che nel suo cuore lui occupava un posto speciale, ma forse no, non era neanche da allora, forse ancora da prima, da quando andava all'asilo…
Forse era cominciato tutto in quel momento, quando il suo sguardo appannato dalle lacrime si perse nel suo profondo come il mare, quando nei suoi gesti e nei suoi atteggiamenti vide preoccupazione nei suoi confronti, ma a quei tempi certamente non conosceva il vero significato dell'amore e delle sue mille sfaccettature e mai e poi mai si sarebbe sognata di poterlo toccare in quel modo come Ai-chan aveva fatto con il suo Conan-kun…
Ai era sempre stata una bambina un po’ strana e dietro il suo sguardo infantile aveva sempre visto qualcosa di più, un misto di sofferenza e consapevolezza, ma mai avrebbe potuto pensare che potesse avere certi desideri…
Si fermò di scatto e alzò lo sguardo.
Villa Kudo era immersa come sempre in un silenzio spettrale e il suo pensiero volò per un attimo a Shinichi, quel detective stacanovista che non c'era mai.
Chiuse gli occhi per ricordare meglio i tratti del suo viso: i suoi capelli corvini e scompigliati; i suoi occhi blu cobalto che erano sempre capaci di scrutare nel più profondo del suo animo; il suo naso perfetto e dritto come quello di un dio greco; le sue labbra dall'aspetto morbido e carnoso...
Mai aveva osato però pensare ad altro, mai pensò di voler sapere cosa poteva esserci sotto la camicia e i pantaloni della divisa scolastica...Qualche volta aveva immaginato di sfiorare le sue labbra con le dita e seguirne il contorno perfetto, ma si era fermata lì, arrossiva al solo pensiero di andare oltre.
Scosse la testa e proseguì il suo cammino per pochi passi ancora, poi suonò a quel campanello.
“Sono io professore, mi apra!

“Non parliamone più!”
Sbuffò come a voler rimarcare che non voleva più affrontare quell’argomento.
“Dobbiamo parlarne invece. Ran ci ha visto e...”
Gli voltò le spalle.
“Cosa ti turba, caro il mio detective da strapazzo?Hai paura delle conseguenze?”
Strinse i pugni.
“Haibara!Non ti rendi ancora conto di quello che hai combinato!Ricorda che agli occhi del mondo siamo due bambini di 7 anni e non due diciassettenni!!!”
Fece un segno con la mano in segno di disinteresse.
“Oh scusa...a volte mi dimentico di questo piccolo particolare...E comunque io ho diciotto anni e non diciassette!”
Si girò a fargli la linguaccia e questo lo fece uscire fuori dai gangheri.
“Sei un’irresponsabile Haibara!”
Per innervosirlo ancora di più, si mise a ridacchiare.
“Senti da che pulpito viene la predica!Proprio da quello Shinichi Kudo che pur di fare la sua stupida dichiarazione a Londra ha rischiato di non tornare più in Giappone...E poi sarei io l’irresponsabile?Ammetti piuttosto che ti abbia dato fastidio il fatto che a beccarci sia stata la signorina dell’agenzia...”
Gli si avvicinò lentamente.
“...e ammetti che ti è piaciuto quello che ti ho fatto...”
L’ultima frase era quasi un sussurro nel suo orecchio, un sussurro che gli fece venire i brividi a fior di pelle.
“Smettila Haibara!”
Le sue labbra si posarono alla base del suo collo, poi lo percorsero in tutta la sua lunghezza.
“Ne sei sicuro?Vuoi davvero che smetta?”
La sua mano si intrufolò sotto la maglietta e gli sfiorò lentamente la schiena a contare le vertebre una per una.
“S..Sì...”
Gli tolse gli occhiali e prese il suo labbro inferiore tra le sue succhiandolo leggermente, poi si strinse a lui.
“Secondo me l’amico qui sotto non è molto d’accordo...”
Non seppe come ma fece appello alle poche forze rimaste e si allontanò da lei.
“Basta Haibara per favore...Mi stai facendo...”
Gli sorrise.
“...impazzire?”
Abbassò lo sguardo per non farle vedere il suo stato d'animo.
“Non voglio che Ran ci sorprenda ancora in comportamenti equivoci...”
Gli rivolse un sorriso beffardo e si rivolse verso l’uscita.
“Va bene Kudo, me ne vado.”
Lui la guardò uscire dalla porta e poi scivolò a terra come oppresso da un peso che non sarebbe riuscito a sopportare.

“Ran, per favore smettila di piangere, non posso aiutarti se non mi dici cos’hai...”
Il professore era seduto di fianco a Ran che teneva tra le mani tremanti una tazza di tè bollente.
“Io...Io, professore, non so da dove cominciare...”
Strinse ancora di più tra le mani la tazza, non sentiva neanche il calore ustionarle la pelle…
“Ran, io ti conosco da quando tu e Shinichi eravate alti così...” indicò con la mano un’altezza appena sopra la seduta del divano “...se c’è qualcosa che ti turba puoi parlarmene liberamente, ti assicuro che ciò che dirai qui dentro non lascerà questa casa...”
Le lacrime ricominciarono a scivolare di nuovo sulle sue guance per poi ricongiungersi sul mento.
“Professore...”
Infine terminarono la loro corsa nella tazza di tè.
“Riguarda Shinichi?”
Scosse la testa in segno di diniego.
“Riguarda Conan?”
Annuì.
“Non...Non solo Conan, anche Ai.”
Gli occhi del professore si spalancarono sorpresi.
“Ai?Che è successo?Stanno bene?Non farmi preoccupare!”
Smise di singhiozzare.
“Oh sì, stanno bene, forse pure troppo...”
L’espressione del professore si fece interrogativa.
“Non capisco...”
Ran posò la tazza di tè sul tavolino di fronte a lei.
“Professore, lei non ha idea di quanto mi imbarazzi parlare di questo, ma sono venuta qui perché lei si occupa di Ai e ho pensato che sia meglio che sappia cosa sta succedendo...”
Il professore le prese le mani tra le sue, invitandola a continuare.
“...e mi creda, è una cosa che non mi sarei mai mai mai aspettata di vedere davanti ai miei occhi!”
Arrossì violentemente al ricordo di quella scena, ma decise di dire tutto in un fiato, sapeva che se si fosse fermata anche solo per un attimo non sarebbe mai riuscita a raccontarlo.
“Stavo tornando a casa dopo gli allenamenti di karate e come al solito ho aperto la porta chiamando Conan, ma non mi sarei mai aspettata di vedere quello che ho visto...Conan e Ai erano stesi a terra, lei era sopra di lui e lo stava….lo stava...lo stava toccando...”
Distolse le mani da quelle del professore e se le portò al viso, nascondendo gli occhi e ricominciando a piangere.
Dopo un primo momento di stupore, il professore, che era ben consapevole della vera natura di Ai e di Conan, cominciò a pensare a una serie di spiegazioni per giustificare il loro comportamento. In fondo aveva sempre saputo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato, anche se non pensava così presto e non in questo modo. Il vero problema sarebbe stato spiegare a Ran il motivo per il quale due bambini di sette anni si potessero trovare in quel frangente.
“Ran...”
Lei si tolse le mani dal viso.
“Professore!Sono due bambini di sette anni!Come..come può essere possibile una cosa del genere?Io...io non riesco proprio a capirlo!”
Il professore prese un gran respiro.
“Ran, i bambini di oggi sono più maturi di come eravate te e Shinichi alla loro età e Ai, per il suo passato, più di tutti è dovuta crescere in fretta...”
Ran si tormentò le mani.
“Ma professore...per quanto possa essere matura Ai, come...come può essere che...che...”
Un singhiozzo interruppe la frase a metà.
“...forse è solo colpa mia...Con il lavoro di mio padre lei, Conan e anche gli altri bambini sono sempre coinvolti in casi efferati di omicidio, casi che farebbero venire gli incubi agli adulti figurarsi a dei bambini come loro...Forse sono cresciuti troppo in fretta... È colpa mia!Dovrei proteggerli e invece...”
Il professore riprese le mani di Ran tra le sue.
“Ran, tu non hai nessuna colpa...Hai sempre fatto tutto quello che potevi per loro, come una sorella maggiore…E poi lo sai, no?A Conan piace indagare...Lo farebbe comunque anche se tu glielo vietassi...Questa sera parlerò con Ai e cercherò di capire cosa si nasconde dietro a questo comportamento...Grazie Ran per essere venuta da me..Lo apprezzo molto.”
Le rivolse un sorriso paterno sperando di poterla calmare in un qualche modo.
Se solo avesse saputo la vera ragione...
 
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view post Posted on 22/3/2020, 15:14     +1   +1   -1
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Excuse


I have a problem that I cannot explain,
I have no reason why it should have been so plain,
Have no questions but I sure have excuse,
I lack the reason why I should be so confused

Roulette - System of a down

Si sentiva solamente il rumore delle bacchette nei piatti quella sera a casa Mori.
Da una parte Conan non aveva osato alzare lo sguardo per tutta la cena, dall'altra parte Ran non riusciva a guardarlo.
Kogoro in centro osservava entrambi con uno sguardo interrogativo.
Da quando quel moccioso era entrato in casa nulla era più come prima.
In primis lui stesso era cambiato…
Da quando quel piccoletto era arrivato aveva cominciato a soffrire di strane amnesie, forse era lo stress da troppo lavoro, ma ogni volta che stava per risolvere un caso, sentiva come una strana puntura e poi più niente, salvo poi risvegliarsi attorniato da persone che si congratulavano con lui e rendersi conto che la conclusione del caso era completamente diversa da quella a cui lui era arrivato…Non poteva nascondere che gli piacessero i complimenti per come aveva risolto il caso, ma allo stesso tempo era preoccupato per la situazione. Come la chiamavano i medici? Schizofrenia?
No, non poteva essere possibile. Lui, il grande detective Kogoro Mori, non aveva proprio niente che non andasse. Era sicuramente per il troppo lavoro che il suo cervello faceva andare in standby tutto il suo corpo, non c'erano altre ragioni.
Strinse tra le dita la radice del naso.
Anche se non era solo quello il problema...Persino la vita in casa non era più la stessa…
Il suo arrivo lo aveva costretto a dividere con lui la stanza, impedendogli di avere qualsiasi momento di privacy, per questo molte volte aveva preferito dormire in agenzia. Per prima cosa facendo in questo modo non doveva rendere conto a nessuno di quello che faceva e poi anche perché negli ultimi tempi quel moccioso aveva il sonno talmente agitato da non permettergli neanche di addormentarsi.
Eppure nonostante tutto ciò non riusciva a odiarlo, sicuramente non doveva essere stato facile per lui essere abbandonato dai suoi genitori e vivere con degli estranei. Certo, i suoi genitori lo avevano profumatamente pagato per questo e saltuariamente gli mandavano un cospicuo assegno per il suo mantenimento...Però, quello di cui tutt’ora non riusciva a capacitarsi, era come potesse essere possibile che dei genitori abbiano soltanto aver potuto pensare di lasciare il loro figlio nelle mani di estranei…
Lui non l'avrebbe mai fatto, non con la sua piccola Ran.
Sorrise leggermente e volse lo sguardo verso sua figlia Ran, la sua “piccola” Ran.
Ran ormai aveva lasciato da un pezzo l’età dell’infanzia, aveva 17 anni ed era in quell'età dove capire cosa avesse in testa era complicato se non impossibile. Spesso la trovava con lo sguardo perso a rimuginare su chissà cosa e qualche volta, quando nel bel mezzo della notte tornava non troppo ubriaco a casa, l’aveva sentita piangere in camera. Molte volte era sul punto di chiamare sua madre, in fondo era un fatto universalmente riconosciuto che le figlie femmine si confidavano più con la madre e forse Eri avrebbe trovato le parole giuste per riuscire a capire il suo stato d'animo, ma poi aveva lasciato perdere sperando che la situazione si risolvesse da sé.
In fondo era pur sempre un grande detective e non ci voleva molto a capire che dietro al suo sguardo addolorato ci fosse quel detective da strapazzo, quello Shinichi Kudo che ormai sembrava scomparso dalla circolazione.
Se solo l’avesse avuto tra le mani, gli avrebbe dato lui una bella lezione!
Sospirò e decise che non sarebbe rimasto a casa in quel silenzio denso di imbarazzo. Non capiva cosa fosse successo tra Ran e quel moccioso, ma non voleva occuparsene, non stasera.
Poggiò le bacchette nel piatto e si alzò a prendere la giacca.
“Vi lascio soli ragazzi, io vado a giocare a pachinko con i miei amici. Non andate a letto troppo tardi, ok? Soprattutto tu, moccioso. “
Annuì ed entrambi lo guardarono uscire con uno sguardo carico di apprensione.

La guardava mangiare il suo riso con pollo al curry con uno sguardo carico di apprensione. Lui a differenza sua e contro ogni logica non aveva neanche cominciato a mangiare, aveva lo stomaco chiuso. Dopo l’incontro con Ran aveva perso ogni appetito, in verità non sapeva neanche come cominciare il discorso. In fondo Ai era una ragazza di diciotto anni con i suoi sogni e i suoi desideri… Era normale che prima o poi sarebbe successa una cosa del genere, se lo sarebbe dovuto aspettare...Shinichi era stato sempre un punto fermo per lei e trovava naturale che lentamente il sentimento di amicizia che li legava diventasse qualcosa di più, ma doveva pur farle capire che per gli altri era solo una bambina di 7 anni, una bambina delle elementari che non dovrebbe mai avere neanche certi istinti o certi pensieri…
“Professore!Non mangi stasera?Eppure è il tuo piatto preferito, pensavo ti piacesse…”
Lui la guardò con fare paterno.
“Oggi ho avuto visite.”
Finì il suo pollo al curry distrattamente.
“È passata Ran da me questo pomeriggio.”
Lei si bloccò per un attimo, poi riprese la sua solita maschera.
“Ebbene?”
Lui spalancò gli occhi incredulo.
“Come ebbene!È venuta a raccontarmi in che modo ha trovato te e Shinichi questa sera quando è tornata a casa!”
Sorrise in modo impercettibile.
“Ah si riferiva a quello!Pensavo che fosse successo qualcosa di grave!”
Lui abbassò il cucchiaio e la fissò con uno sguardo a metà tra perplessità e disapprovazione.
“Ma come pensavi che fosse successo qualcosa di grave???Possibile che tu non ti renda conto di quello che hai combinato?”
Lei si alzò da tavola.
“Professore, certo che me ne rendo conto, ma so anche di aver fatto la cosa giusta.”
Lui la guardò con uno sguardo interrogativo.
“Oh sì professore, forse adesso riusciranno a darsi una mossa entrambi.”
Lui continuò a guardarla senza capire.
“Su professore, non mi dica che non si è mai accorto di quello che c’è tra quei due!Solo che sono talmente impacciati che se non ci avessi pensato io a dar loro una mossa...”
Lui incrociò le mani davanti alle labbra.
“Capisco...ma Ai-chan...come hai fatto a sapere che quello sarebbe stato il momento giusto?”
Sorrise con fare sicuro.
“Intuito femminile. Ora penso che andrò un po’ in laboratorio, domani devo presentare una ricerca e non ho ancora scritto nulla... Buonanotte professore!”

Ticchettava nervosamente le dita sul tavolo...Non sarebbe riuscito a stare in quella stanza un minuto di più. Non avrebbe retto ancora quel suo sguardo che pur non guardandolo direttamente era capace di trapassarlo da parte a parte…
Si alzò di scatto.
“Ran-neechan...io...io vado a dormire...”
Lei neanche gli rispose, ma si alzò lentamente e andò in cucina a portare i piatti.
-Ran…-
Lui si avviò a passi pesanti verso la stanza che ormai da mesi condivideva con Goro, entrò e chiuse la porta.
Il rumore della porta che sbatteva la fece sobbalzare, quasi facendole cadere la pila di piatti dalle mani...Non poteva andare avanti in questo modo, oggi pomeriggio aveva parlato con il professore per Ai-chan, ma forse per Conan-kun avrebbe dovuto chiedere consiglio a Shinichi, lui sicuramente avrebbe avuto qualche buon consiglio.
Non sapeva ancora come avrebbe iniziato il discorso, ma Shinichi apparteneva al genere maschile e sicuramente avrebbe capito Conan più di quanto lei avrebbe mai potuto fare, inoltre il fatto di non averlo davanti agli occhi le avrebbe facilitato sicuramente le cose. Prese il telefono dal tavolo e fece il solito numero, ma dopo un paio di squilli scattò la segreteria telefonica…
“Ciao Shinichi, sono io. Mi chiami appena puoi?Devo parlarti. È importante.”

Chiuse la porta del laboratorio e andò a buttarsi sulla sedia di fronte al computer.
Aveva mentito...Non era vero che aveva studiato tutto nei minimi dettagli, era solo per un caso fortuito che lei fosse entrata in quel momento. Avrebbe potuto anche immaginare che potesse tornare proprio allora, quando il buio della notte avanzava sulle luci del giorno, proprio dopo gli allenamenti di karate che a causa del torneo imminente la tenevano occupata tutto il giorno, ma la verità era che non aveva minimamente pensato a lei, al suo arrivo o a cosa avrebbe detto.
Tutto quello a cui pensava era lui.
Era lui quello che voleva. Sì, lo voleva.
E per un attimo si era illusa che anche per lui potesse essere la stessa cosa.
Ma erano appunto solo illusioni...Era ben consapevole che per una come lei, nata e vissuta nell’inferno dell’organizzazione, non sarebbe mai potuta accadere una cosa del genere.
Non ci sarebbero mai stati giorni fatti di felicità, di passeggiate fatte insieme in riva al fiume, di pomeriggi passati al cinema o in un cafè a raccontarsi della giornata appena passata e tanto meno ci sarebbero stati con lui. Inizialmente non si era resa conto di quanto fosse diventato importante per lei, in fondo la ragione per la quale si era avvicinato a lui era solo per curiosità, per vedere gli effetti del veleno che lei stessa aveva creato, lo vedeva solo come una splendida cavia da studiare e analizzare, ma giorno dopo giorno aveva imparato ad amarlo, ad amare il suo senso di protezione, la sua gentilezza, persino la sua testardaggine.
Si portò le mani agli occhi per nascondere le lacrime che stavano per affollare le sue ciglia.
Doveva smetterla!La sua non sarebbe mai stata una vita felice!
Anche adesso che stava cominciando a vivere una parvenza di vita normale era consapevole che i fantasmi del passato non l’avrebbero mai abbandonata.
Poteva fingere, poteva illudersi, ma una come lei non sarebbe mai stata felice.
Per una traditrice come lei non potevano esserci altro che dolore e lacrime.

Buttò l’occhio al cellulare che usava per parlare con Ran nei panni di Shinichi, c’era un messaggio in segreteria, schiacciò il tasto per ascoltarlo.
Scosse la testa.
No, non poteva chiamarla adesso, era sicuro che dovesse parlarle di quello che era successo prima, ma non era certo di poter mantenere l’autocontrollo necessario. In verità non si era soffermato molto a pensare a quello che era successo quel pomeriggio.
Haibara era stata capace di annebbiargli il cervello, non riusciva a pensare ad altro se non a quell’insieme di sensazioni che lo aveva avvolto.
Era la prima volta che provava una cosa del genere, era la prima volta che una ragazza lo toccava in quel modo. Neanche lontanamente avrebbe mai pensato di poter provare qualcosa del genere, tutto questo lo aveva sconvolto.
Sconvolto ed eccitato.
Doveva ammetterlo. Haibara lo aveva portato in un mondo che non aveva mai esplorato con una ragazza. Tante volte in questi ultimi anni aveva pensato a cosa potesse avere Ran sotto la divisa scolastica del liceo Teitan e solo quel pensiero lo faceva impazzire, ma non avrebbe mai pensato di passare ai fatti.
Invece con Haibara era stato diverso. Forse perché aveva preso lei l'iniziativa o forse perché in questi mesi aveva condiviso con lei più cose di quante ne avesse mai condivise con Ran negli anni passati.
Improvvisamente gli venne in mente il suo sguardo quel pomeriggio.
-Ran…-
Non avrebbe mai scordato la sua espressione disgustata quando li aveva visti.
Doveva parlare con Haibara, non poteva continuare così.

Stava asciugando lo stesso piatto da più di cinque minuti ormai.
Non riusciva a pensare ad altro che a quella scena e sentiva il suo cuore stringersi sempre di più in una morsa.
Strinse il piatto tra le mani e si volse a guardare il display spento del cellulare.
Ancora nessuna risposta, neanche un messaggio. Come sempre quando aveva bisogno di lui, lui non c’era.
Voleva vederlo.
Era sicura che lui avrebbe saputo cosa fare.
Lui sapeva sempre cosa fare.
In ogni momento, in ogni frangente, lui aveva sempre la risposta giusta per ogni situazione.
Il rumore della serratura della porta la fece trasalire, si affrettò ad asciugare le lacrime e ad affacciarsi dalla cucina con ancora lo strofinaccio in mano.
“Conan-kun?”
Lo vide bloccarsi prima di aprire la porta, come se fosse stato colto in flagrante.
“Ran...Ran-neechan...”
Non si volse neanche a guardarla.
“Dove stai andando a quest’ora?”
Non si girò neanche a questa domanda, fermo immobile davanti alla porta ancora chiusa.
“Io...Io sto andando dal professore...”
Sentì un colpo al cuore.
“Stai andando da lei, vero?”
Sentì il suo tono di voce farsi stridulo, era consapevole che stava per scoppiare a piangere anche se stava facendo appello a tutte le sue forze per non farlo.
“Io...”
No, non poteva lasciarlo andare. Lasciò cadere lo strofinaccio e lo raggiunse in due passi, poi crollò sulle ginocchia, stringendolo forte a sé.
“Non andare!”
Le lacrime cominciarono a fare capolino dalle sue ciglia per poi cadere copiose sulle sue guance.
“Ti prego non andare, non lasciarmi sola!”
Lo strinse ancora più forte, era sicura che così facendo lui non l'avrebbe abbandonata, lui non l'avrebbe mai fatto, lui non era come Shinichi, lui...
“Non scappare via anche tu, Conan-kun...”
Si divincolò dal suo abbraccio, come se fosse stata una persona da cui fuggire all'istante.
“Io...io devo andare.”
Aprì la porta e scappò via, lasciandola in ginocchio di fronte alla porta chiusa, mentre le lacrime bagnavano il suo grembo.
 
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Problems

Bet you thought you had it all worked out
Bet you thought you knew what I was about
Bet you thought you'd solved all your problems
But you are the problem

Problems - Sex pistols

Non lasciò neanche che si aprisse completamente la porta, ma si fiondò all'interno scalciando via le scarpe.
“Shinichi…”
Teneva lo sguardo basso e, cercando di prendere fiato dopo la corsa appena fatta, parlò tutto d'un fiato.
“Professore, dov'è Haibara?”
Il professore non sapeva se raccontargli della visita di Ran. Forse avrebbe dovuto, certo, ma era sicuro che entrambi fossero abbastanza grandi per potersela cavare da soli. Inoltre il suo sguardo basso non lasciava spazio a ulteriori confidenze.
“È nel sotterraneo, ma…”
Si diresse velocemente verso le scale.
“Grazie, professore.”

Era stesa sul letto, avvolta nel suo solito pigiama di cotone. Ormai non avrebbe più avuto senso aspettarlo. Lui avrebbe passato la notte fuori casa e lei sarebbe rimasta sola come sempre.
Guardava il cellulare, in attesa di una chiamata che probabilmente non sarebbe mai arrivata. Posò il cellulare sul cuscino e volse lo sguardo alla finestra alla sua sinistra.
-Shinichi…-
Come al solito quando aveva bisogno di lui, lui non c'era.
Prese la foto che teneva sul comodino e la guardò con tristezza. Quella foto risaliva all'ultima mattina che erano stati a scuola assieme, dopo la recita del cavaliere nero. Lui come al solito stava facendo lo sbruffone con i suoi compagni di classe; lei gli si avvicinò con la macchina fotografica dietro la schiena e una volta accanto gli prese la mano per farlo girare cogliendo nella foto quella strana espressione mezza sorpresa e mezza spaventata…
Quella volta era stata davvero convinta che fosse tornato per restare...E invece...
-Maledetto detective stacanovista!-
La scaraventò sul pavimento, rompendo sia il portafoto sia il vetro.
Lui e i suoi maledetti casi!
Perché non poteva vivere una vita normale come tutte le sue coetanee?Andare a scuola assieme, ridere e scherzare negli intervalli fra un’ora e l’altra, pulire insieme l’aula dopo le lezioni, andare al cinema o in un cafè a mangiare un dolce, fare una passeggiata nel parco, correre sotto la pioggia per non bagnarsi e trovare un riparo...
E invece…
Suo padre spesso, anzi ogni giorno, era coinvolto in casi di omicidio a volte talmente cruenti che la sua notte era popolata di incubi; Shinichi era scomparso da mesi, perso chissà dietro a quale caso e quelle poche volte che tornava non era mai per più di qualche ora; e adesso il suo Conan-kun…
Solo a ripensare a quella scena sentiva un peso allo stomaco che non riusciva a spiegarsi, il solo pensiero che un'altra gli stesse così vicino la faceva star male…
Non sapeva il perché di questo sentimento.
In fondo era un bambino delle elementari, per quanto maturo e a volte quasi adulto, ma rimaneva pur sempre un bambino.
Forse perché ormai si era abituata ad averlo sempre vicino, in ogni momento quando aveva bisogno lui era lì, con i suoi occhioni blu cobalto. Sempre, in ogni singolo momento, in cui lei aveva bisogno, lui c'era, a differenza di Shinichi.
E forse era proprio questo il problema...
Conan-kun c'era sempre stato per lei, Shinichi no.
E ora che se n'era andato nel cuore della notte per stare con lei, sentiva che il mondo le stava crollando addosso, sentiva che era rimasta sola e che nessuno le sarebbe più rimasto accanto.
Si portò il braccio sinistro a coprire gli occhi, mentre le lacrime cominciarono ad affollare copiose le sue ciglia.
-Conan-kun...Che ne sarà di me se non ci sei tu al mio fianco?-

“Penso che non abbiamo niente di cui parlare, Kudo!”
Lui abbassò lo sguardo e strinse i pugni.
“Perché? Perché hai voluto fare una cosa del genere?Volevi prendermi in giro forse?Volevi prenderti gioco di me?”
Strinse ancora di più i pugni fino a far diventare le nocche bianche.
“Adesso non ho più il coraggio di guardare Ran negli occhi!Stasera mentre eravamo nella stessa stanza sentivo il suo sguardo deluso su di me e non potrò mai dimenticare la sua espressione disgustata mentre ci guardava…”
Lei lo guardò. Le sembrava di vedere l'ombra di una lacrima attraversargli la guancia.
“Kudo, smettiamola di prenderci in giro!Non puoi negare che quello che è successo tra noi oggi ti sia piaciuto. Il tuo corpo ha parlato per te!”
Gli si avvicinò, gli tolse gli occhiali e gli prese il viso tra le mani.
“Dimentichiamoci per un attimo della signorina dell’agenzia investigativa...Pensa solo alle sensazioni che hai provato…”
Gli passò un pollice sotto l'occhio sinistro per asciugare quella lacrima solitaria, poi gli sfiorò le labbra con le sue.
“Haibara…Per favore...”
Infilò la sua mano sinistra sotto la sua maglietta, seguendo la colonna vertebrale col tocco leggero delle sue dita, mentre la mano destra seguiva il contorno delle ossa del bacino.
Al punto in cui era arrivata non aveva più niente da perdere, doveva giocare tutte le sue carte, perché forse aveva ancora qualche speranza...

“Haibara...Ti prego...”
Ancora una volta sentiva che stava per arrivare quella nebbia ad ottenebrare il suo cervello, non poteva negare che il tocco delicato ed esperto di Haibara gli piacesse, sentiva una miriade di sensazioni che mai aveva provato, ma…
"Haibara..Smettila…"
Lei gli accarezzò i capelli con la mano destra e lui socchiuse le labbra lasciando che la sua lingua entrasse a incontrare la sua.
Sebbene avesse votato la sua vita alla logica e alla razionalità, non trovava spiegazione in quello che stava provando in quel momento e no, non poteva negare che gli piacesse.
Chiuse gli occhi per assaporare meglio quei momenti e si lasciò scivolare per terra con la schiena al muro, lei si staccò per un secondo dalle sue labbra, giusto il tempo di togliergli la maglietta, per poi riprendere a posare sul suo petto piccoli baci. Lentamente cominciò a scendere e quando arrivò a sfiorargli le ossa del bacino con la lingua, dalle sue labbra sfuggì un sospiro carico di piacere.
Cominciava davvero a non capire più niente, sentiva solo le sue labbra percorrergli la pelle, sentiva solo mille scariche elettriche attraversargli il cervello, a un certo punto sentì le sue mani muoversi da sole e andare sulla sua schiena sotto la sua maglia. La sua pelle era calda e morbida e il suo profumo speziato lo faceva uscire di testa. Forse era questa la strada giusta, forse avrebbe potuto provarci davvero, forse avrebbe solo dovuto lasciarsi andare, forse sarebbe stato meglio dimenticarsi della sua vita precedente...
Ma proprio in quel momento, mentre lei era a cavalcioni su di lui e armeggiava con i bottoni dei pantaloncini, nella sua testa comparve un profilo ben conosciuto.
-Ran!-
Le tolse immediatamente le mani dalla schiena come se stesse toccando un oggetto incandescente.
"No!"
Come se fosse stato colpito da un fulmine la prese per le spalle allontanandola velocemente da sè.
“Hai... Haibara...Per favore sme... smettila…”
Lei cercò di riprendere il suo respiro e alzò gli occhi fino a incontrare i suoi.
“Pe...Perché?”
Lui volse lo sguardo in basso alla sua destra.
“Io...io…”
Lei gli prese il viso tra le mani.
“Ti prego...Ti prego, Kudo, guardami...Forse non sono all’altezza?Forse non ti piaccio?”
Lui distolse lo sguardo e scosse leggermente la testa.
“No...no tu sei...sei perfetta, ma io...io non posso…”
Lei gli lasciò il viso e si alzò sorridendogli amaramente.
“In fondo l'ho sempre saputo, Kudo...Che per me non ci sarebbe stato spazio. Lo sai già, no?Sono sempre i delfini, gli animali più amati, a vincere sugli squali scappati dagli abissi oscuri dell'oceano!"
Gli volse le spalle per non fargli vedere le lacrime che cominciavano a scendere senza sosta sul suo viso.
“Forza, Kudo, vattene e torna da lei!”
Percepì ancora la sua presenza.
"Non hai capito cosa ho detto?!?Vattene!!!"
Finalmente lo sentì uscire e richiudere la porta alle sue spalle. Solo allora si lasciò cadere a terra e pianse tutte le sue lacrime.

Non sapeva quanto velocemente avesse percorso quella strada.
Non voleva perdere più un minuto, non voleva più stare un solo istante senza di lei. Non importava se lo avrebbe potuto fare solo nei panni di Conan Edogawa, ma non l’avrebbe lasciata più da sola.
Non più.
Fece le scale a due a due e aprì lentamente la porta.
Alzò lo sguardo e la vide lì, inginocchiata al tavolo con la testa poggiata sulle braccia e i capelli che le ricadevano morbidamente sulla schiena.
Si chiuse adagio la porta alle spalle evitando di fare il benchè minimo rumore.
Poi le passò accanto, entrò nella sua stanza, prese una delle coperte dall’armadio e la coprì gentilmente.
Solo in quel momento la sentì sussultare e piano piano la vide aprire gli occhi.
“Conan-kun...”
Lui le sorrise dolcemente.
“Sei...sei tornato...”
Lui le pose una mano sul braccio e glielo strinse leggermente.
“Sì, sono qui e non ti lascio...”
Lei si stropicciò gli occhi con il palmo delle mani.
“Che ore sono?”
Lui guardò l’orologio che teneva al polso.
“E’ mezzanotte...”
Lei si tirò su e poi si alzò.
“Meno male che sei tornato...Ora mi sento più tranquilla e posso tornare a dormire...”
Stava per andare nella sua stanza, ma improvvisamente si fermò, attese un istante, tornò sui suoi passi, si chinò su di lui e gli arruffò i capelli.
“Conan-kun...Ti andrebbe di dormire con me? Papà non è ancora tornato e questo silenzio mi fa un po' paura…Mi sentirei più sicura se ci fossi tu con me... ”
Lui sgranò gli occhi e arrossì fino alle orecchie. Non si sarebbe mai aspettato una richiesta del genere. Da quando stava a casa loro non gli aveva mai chiesto di dormire con lui…
Annuì, senza riuscire a proferire parola.
“Allora vai a lavarti i denti e a infilarti il pigiama, ti aspetto di là.”

Nel silenzio della stanza si sentiva solo lo scrosciare dell’acqua. Sapeva bene che la stava sprecando, ma aveva bisogno di tranquillizzarsi e quel rumore gli metteva calma.
Non sapeva perché gli avesse chiesto di dormire con lui, forse aveva paura di dormire da sola, forse aveva paura che lui se ne andasse di nuovo, ma era emozionato come un bambino. Solo in quel giorno aveva capito che non poteva più fare a meno di lei, non avrebbe mai più voluto vedere i suoi occhi viola riempirsi di lacrime, non l’avrebbe mai più fatta soffrire. Anche se Shinichi Kudo non fosse più tornato, sarebbe stato lui, Conan Edogawa, ad essere al suo fianco. Non importava cosa avrebbero detto gli altri, non importava la differenza di età, lui la amava e se il solo modo di starle vicino era fare il fratello minore, lo avrebbe accettato.
Chiuse il rubinetto, si spogliò e si infilò il pigiama, poi uscì dal bagno e si diresse nella camera di Ran.
Dalla porta socchiusa intravedeva il suo corpo disteso sul letto, con le ginocchia ad angolo acuto e i piedi ben piantati sulle lenzuola. I suoi occhi erano fissi sul cellulare che teneva sopra la testa e a causa delle braccia tirate su, il pezzo di sopra del suo pigiama si era alzato, scoprendo un lembo di pelle all’altezza dell’ombelico.
Lui sentiva le sue guance scaldarsi e sicuramente erano diventate rosso fuoco. L’ultima volta che aveva dormito insieme a lei nello stesso letto era stato tanto tempo fa, durante il caso dell’uomo bendato, ma adesso tutto sembrava diverso, lui si sentiva diverso, forse quello che era successo poche ore fa con Haibara gli aveva fatto scoprire qualcosa di cui ancora non era consapevole.
“Ran...Ran-neechan...”
Lei si scosse dai suoi pensieri, pose il cellulare sul comodino, si mise seduta e gli sorrise.
“Vieni, Conan-kun...”
Lui le si avvicinò e appena le fu accanto lei si inginocchiò di fronte e gli tolse gli occhiali, poggiandoli sul comodino di fianco al suo telefono.
“Sono contenta che tu sia qui...”
Gli prese dolcemente il viso tra le mani.
“Io non so cosa farei se non ci fossi tu…”
Vide un'ombra bagnata luccicare tra le sue ciglia.
“Ora che quel maledetto detective stacanovista non c'è, mi sei rimasto solo tu…”
A poco a poco quella goccia aveva lasciato la barriera delle sue ciglia e si stava facendo strada sulla sua guancia.
“Io...io non avrei mai dovuto comportarmi così, anzi, non so neanche io perché mi sia comportata in questo modo, ma ho temuto di perderti e non so...non so davvero cosa avrei fatto se anche tu te ne fossi andato e mi avessi lasciato sola. Forse non sono così forte come credono tutti, come crede anche Shinichi…Da quando lui se ne è andato, l'unico raggio di sole della mia esistenza sei stato tu…”
Ormai quella traccia umida stava per terminare la sua corsa sul suo mento, ma non fece in tempo perché lui le prese il polso con la mano, esitò un istante, ma poi posò le labbra proprio lì dove aveva fine il percorso di quella lacrima, assaporandone il gusto salato.
Infine risalì ad accarezzare leggermente le sue labbra e dolcemente, ma con decisione le forzò, lasciando che finalmente le loro lingue si incontrassero.
In quel preciso momento che tanto aveva sognato e temuto, sentì qualcosa di strano, come se le loro bocche fossero una porta di connessione tra le loro anime, come se in quel momento non fossero più due persone divise, ma una, sola e indivisibile.
In quel preciso momento non voleva pensare a nulla, né alla conseguenza del suo gesto, né a cosa gli avrebbe detto quando tutto sarebbe finito, voleva solo assaporare tutte le sensazioni che stava provando, voleva solo assaporare la morbidezza della sua lingua mentre si intrecciava con la sua, voleva solo inebriarsi del suo profumo…
Prese un attimo fiato e, ancora ad occhi chiusi, si trovò a respirare nella sua bocca e ad un tratto i loro respiri si accordarono l’uno all’altra come se fossero una cosa sola. Poi si distaccò appena, aprì gli occhi e si perse in quello sguardo color dell'ametista.
Non riusciva a credere che stesse succedendo davvero, forse era solo un sogno, forse adesso lei gli avrebbe urlato contro, dicendogli che non si sarebbe dovuto mai più permettere di fare una cosa del genere.
Ma lei, contrariamente ai suoi pensieri, non solo gli sorrise dolcemente ma prese il suo viso tra le sue mani e lo baciò ancora.
Sentiva il cuore uscirgli dal petto e un’incontenibile felicità pervadere la sua anima, non solo non lo aveva respinto, ma aveva preso lei l’iniziativa. Ad un tratto sentì le sue mani tremanti slacciargli il pezzo di sopra del pigiama, certo le sue mani non erano esperte come quelle di Haibara, ma poteva sentire l’emozione e l’imbarazzo che doveva provare in quel momento e questa cosa gli stava facendo provare dei brividi che mai aveva pensato di poter provare.
Avvicinò tremante la mano al petto di lei, fermandosi giusto qualche centimetro prima di toccarlo e la guardò negli occhi come a chiedere il permesso, infine fu lei a prendergli la mano guidandolo verso di lei.
Oddio com'erano morbide, neanche nei suoi sogni più folli avrebbe sperato in una cosa del genere. Prese coraggio e armeggió con i bottoni del suo pigiama, slacciandoli uno dopo l'altro, infine aprì i due lembi della giacca, lasciando finalmente liberi i suoi seni grossi e floridi. Lei arrossí e fece per coprirsi, ma lui le tenne le mani e li ricoprì di baci, provocandole un lungo sospiro.
Gli mise una mano sulla spalla e, mentre lentamente lo fece scivolare a terra, lei gli fu sopra a gattoni, lui si alzò fino a reggersi con i gomiti e la guardò carico di desiderio.
La mano di lei si immerse nei suoi capelli, per poi disegnare il profilo del suo viso con un dito, scese a sfiorargli il collo, poi percorse il torace e infine la sua mano arrivò appena sopra l'elastico del pigiama. La vide esitare per un istante come se avesse bisogno di pensarci prima di andare avanti, ma poi continuò a scendere fino ad arrivare al punto cruciale.
Appena la sua mano lo circondò sgranò gli occhi e incredula cominciò ad accarezzarlo, lui chiuse gli occhi e volse la testa all'indietro.
Ora più niente aveva importanza, sentiva solo la sua mano accarezzarlo e il suo profumo dolce di vaniglia che lo inebriava. Sicuramente non era esperta come Haibara, ma era proprio perché le mani erano le sue che stava così bene...Sarebbe potuto finire il mondo in quel momento e non gli sarebbe importato, la sua Ran era lì con lui e in quel momento erano vicini come non lo erano mai stati…
Mentre teneva gli occhi chiusi, sentiva la sua lingua farsi strada tra le sue labbra e cercare la sua, sentiva i suoi capelli sfiorargli il torace e la sua mano che incerta ma amorevole lo stava facendo impazzire...Non sapeva quanto sarebbe riuscito a resistere prima di esplodere, ma nella sua testa cominciò a farsi strada il pensiero che mentre Haibara era consapevole della loro età, Ran era convinta che lui fosse un bambino delle elementari. Doveva bloccarla! Dopo tutto quello che le aveva fatto passare, ci mancavano giusto i sensi di colpa!
Non sapeva dopo quanto tempo ebbe la forza di staccarsi, mentre i loro respiri erano sempre più affannati…
“Ran...Ran…neechan...Io…io devo parlarti.”
Lei si tirò su incredula.
“Ho...ho fatto qualcosa...qualcosa di sbagliato?”
I suoi occhi erano lucidi.
“No...no Ran... È stato tutto così….”
Vide una lacrima scendere sulla sua guancia.
“Lo...lo sapevo...Io..Io non sono brava come…”
Lui sgranò gli occhi.
“Io pensavo...pensavo…”
La frase fu interrotta dai singhiozzi, lui si tirò su e l'abbraccio più forte che il suo corpo da bambino gli potesse permettere.
Non gli importava se quello che stava per dire era contro ogni suo principio, non voleva più farla piangere...Forse stava sbagliando, forse tutto questo gli si sarebbe ritorto contro, forse avrebbe messo tutti in pericolo, ma vedere la sua Ran in quelle condizioni…
Che mostro era diventato?
Non aveva fatto altro che farla soffrire, in ogni momento in cui non c'era, ogni volta che la sentiva piangere in camera, lui l'aveva fatta soffrire…
“Ran...Io devo dirti una cosa...So che quello che dirò non ti piacerà, ma non posso più tenertelo nascosto…”
Lei smise di singhiozzare e lo guardò.
“Se...se non ti ho detto niente finora è stato per tenerti al sicuro. Nella mia idea di proteggere chi amo, non mi sono reso conto che stavo facendo loro ancora più male…”
Lei continuò a guardarlo incredula.
“Conan-kun...Tu…”
Lui si sciolse da quell'abbraccio e si allontanò di un passo.
“Io..io non sono chi credi...Io sono Shinichi.”
Lei si portò le mani alla bocca.
"Allora...Allora tu...Tu…"
Poi si lanciò verso di lui indecisa se abbracciarlo o prenderlo a schiaffi.
“Shi... Shinichi!”
Scoppiò in un pianto disperato e lo strinse forte.
“Sei...sei un'idiota!”
Non riusciva a frenare i singhiozzi.
“Perché... Perché?Sono stata così in pensiero per te!Ci sono stati giorni in cui pensavo tu fossi morto! Perché non me l'hai mai detto?”
Si staccò da lui, tenendo lo sguardo a terra.
“Sai, io...io l'ho sempre saputo...Dal primo giorno in cui ti ho visto a casa tua...E giorno dopo giorno, mentre i sospetti aumentavano, continuavo a dirmi che ero una pazza e una cosa così non poteva essere vera. Ma...ma è solo stanotte che ho avuto la certezza che tu fossi Shinichi…”
Strinse i pugni sulle sue cosce fino a far diventare bianche le nocche.
“Stanotte quando mi hai baciato, la mia anima ti ha riconosciuto all'istante, in quel momento ero certa che tu fossi Shinichi. Non potevi essere nessun altro. Solo Shinichi sarebbe stato capace di far vibrare in quel modo la mia anima.”

Lui spalancò gli occhi.
“Ran…”
Si avvicinò e le prese il viso tra le mani.
“Ran io...io non avrei mai voluto farti soffrire, però la paura che potesse succederti qualcosa ha sempre vinto sulla voglia di raccontarti tutto...Ma giorno dopo giorno ti vedevo sempre più triste e continuavo a chiedermi se stessi facendo la cosa giusta...E solo oggi, quando ti ho visto così disperata, ho capito che stavo sbagliando tutto…”
Con i pollici asciugò le sue lacrime.
“Ran...io...io ti amo…”
Niente giri di parole, niente metafore con Sherlock Holmes...Solo tre parole, semplici e dirette…
"Anche io ti amo…Ti amo da tanto tempo, forse da sempre…"
Sentire quelle parole gli riempì l'anima di una strana pace. Come se tutto il resto non importasse, come se l'organizzazione e tutto quello che aveva successo non esistesse...Guardò quei suoi occhi color ametista lucidi per le lacrime, le prese la mano e poggiò il palmo contro il suo.
Com'erano piccole in confronto le sue mani…
Intrecciò lentamente le dita con le sue lunghe e affusolate e un'ombra di tristezza gli adombrò il viso.
Non poteva farci niente, questa era la realtà!
Lui era un bambino delle elementari, lei una ragazza delle superiori. Per quanto si amassero come sarebbero potuti andare avanti?
"Conan-ku…"
Abbassò lo sguardo.
”Scusami...”
Lui lasciò la sua mano e strinse i pugni contro i fianchi. Una lacrima scorse lentamente sulla sua guancia.
"Shin... Shinichi..”
Un sorriso pieno di amarezza deformò le sue labbra.
”Che futuro posso darti?Non so neanche se tornerò mai quello di prima!Io...Io non voglio tenerti legata a me!Tu ti meriti il meglio!"
Lei posò le mani sulle sue spalle.
"Smettila!Smettila Shinichi!Ora che sei qui non voglio perderti di nuovo!"
Gli sorrise dolcemente.
"Io ti amo!Non mi importa se sei nel corpo di un bambino delle elementari, io amo Shinichi, in qualsiasi forma lui si presenti!"
Lui finalmente la guardò negli occhi e lei lo abbracciò in un misto di tenerezza e passione.
"Ran..."
Non sapeva cosa gli avrebbe riservato il futuro, non sapeva se sarebbe mai tornato quello di prima, ma ora che era nelle sue braccia nulla importava.
Ora contavano solo loro due in quella stanza…
Dei problemi se ne sarebbe occupato l'indomani.










Ed eccoci arrivati all'ultimo capitolo...Spero vi sia piaciuta...
Ringrazio chi mi ha già letto e chi mi leggerà in seguito!
Alla prossima!


:bye:
 
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view post Posted on 22/8/2020, 16:41     +1   -1
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Come promesso, ho letto tutto :D!
Che dire? Come già scrissi nel mio commento all'appassionante Calling, le tue storie si confermano come emotivamente coinvolgenti e molto "intime", quindi una narrazione di stampo più esplicito non contrasta in alcun modo con una simile scelta. I conflitti interiori di Ran, ma anche quelli dell'appassionata Ai (in questa fanfic assai "audace" :asd:) e del combattuto Shinichi, intrappolato in un corpo che non sente come proprio, sono sicuramente, a mio dire, il punto forte e nodale del tuo lavoro; devo ammettere, però, che io sono fissato con simili temi, quindi potrei essere un po' di parte :lollo:. Del resto, la psiche è così affascinante che si potrebbero scrivere storie per secoli e avere ancora moltissimo materiale su cui meditare; in altre parole, sono sempre felice di leggere racconti come questo, che approfondiscono i sentimenti e i pensieri delle persone.
Per quanto riguarda le parti più "calde", che vanno giustamente (in fondo, siamo nella sezione "H", giusto :sweat:?) a comporre una buona parte della fanfic, aggiungerei che risultano ben orchestrate e non sconfinano mai nella volgarità, cercando di mantenere un tono pulito ed elegante, ma stuzzicante al punto giusto... complimenti anche per quelle, insomma :sisi:.
Alla prossima :P!
 
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view post Posted on 23/8/2020, 12:03     +1   -1
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Super detective

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Come promesso, anch'io ho letto tutti i capitoli e arrivo a commentare.
Condivido intanto il commento precedente di MAN_IN_BLACK e tutte le sue precise riflessioni. Io, sicuramente in maniera un po' più emotiva, ti riporto le sensazioni che ho avuto dopo la lettura.
Per prima cosa: complimenti per il tuo modo di scrivere. Il tutto si legge in modo fluido, le descrizioni e i dialoghi sono ben impostati e mi piace il fatto che tu abbia inserito anche altri personaggi, come Agasa e Kogoro.
Hai descritto molto bene le sensazioni di Ran, sconvolta per ciò che ha visto (come darle torto del resto :asd: ), e mi è piaciuta molto Ai. Le sue parole, la sua tagliente ironia e il suo grande dolore che tiene nascosto dietro ad una maschera, davvero l'hai resa benissimo. E' un personaggio che adoro e di questo ti ringrazio.
Sono sincera e ti dico che mentre leggevo il momento in cui Ran e Conan sono insieme e amoreggiano sdraiati a letto, lì per lì son rimasta basita immaginandomeli nei loro attuali corpi di 17 e 7 anni e ho quasi avuto paura di dove volessi andare a parare :lollo:
Ovviamente hai proseguito invece in maniera perfetta la scena e il dialogo tra loro è stato davvero bello, un finale davvero perfetto!
Ti rinnovo i miei complimenti :clap:
 
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view post Posted on 7/11/2020, 11:14     +1   -1
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Il problema di molte fanfic "rosse" è che puntano tutto sull'erotismo senza dare il giusto peso alle caratterizzazioni dei personaggi.

La tua serie di one shot è ben lontana dal cadere in questo errore. Complimenti anche per la scelta della citazione sotto il titolo.


Confesso che non mi spiacerebbe leggere altre storie sul tema corpo di bambino/mente di adulto, per quanto abbia dei dubbi che un ragazzino di sette anni possa avere le stesse reazioni biologiche di Conan.
 
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view post Posted on 30/11/2020, 08:06     +1   -1
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Vi ringrazio anche se notevolmente in ritardo :sweat: per aver letto e commentato la mia FF.

Grazie! :ave:

Per me anche le FF "rosse" devono avere un minimo anzi forse più di un minimo di caratterizzazione e soprattutto in questo caso ho provato a immaginare come debba essersi sentito un diciassettenne pur tonno come Shinichi rinchiuso nel corpo di un bambino ma mantenendo tutte le funzioni mentali e biologiche di un adolescente :)
 
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7 replies since 15/3/2020, 17:13   586 views
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