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view post Posted on 3/11/2020, 12:51     +2   +1   -1
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Detective famoso

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Ciao a tutti!
La one-shot che trovate qui sotto è legata strettamente a Calling. Se non l'avete ancora letta, potete farlo prima di addentrarvi in questa one-shot.
Vi auguro una buona lettura, sperando che vi piaccia! :)


Aisareru bakari ga nou jyanai darou
Saa mitsukerunda bokutachi no home

Being loved isn't all there is to it, right?
Now, I've found our home

Essere amati non è tutto quello che c'è, giusto?
Ora, ho trovato la nostra casa

Home - B’Z


“Mamma! Mamma! Siamo tornati!”
Un bambino di sei anni fece capolino in cucina.
“Ciao piccolino! Com’è andata oggi?”
Improvvisamente quel sorriso che era comparso sul suo viso sparì, lasciando posto a un’ombra nera.
“È successo qualcosa?”
Scosse la testa rinchiudendosi in un mutismo che non era da lui.
“Mamma, tu sai cosa è successo?”
Alzò gli occhi verso la donna dai capelli biondi raccolti, avvolta in un tailleur blu scuro.
“No, non mi ha detto nulla, abbiamo parlato della gita al parco che faranno domani, ma nulla di più…”
Si chinò ad arruffargli i capelli.
“Dai, vai a lavarti le mani che ti preparo la merenda!”
Lui sorrise timidamente e si diresse in bagno.
“Grazie mamma, non so come avrei fatto oggi! Non potevo proprio rimandare l'appuntamento con quel cliente…”
Lei incrociò le braccia appoggiandosi leggermente allo stipite della porta.
“Non ti preoccupare, mi ha fatto piacere andarlo a prendere, in fondo non sono tante le occasioni in cui posso stare con mio nipote…”
La verità era che stare con lui le ricordava tanti anni fa, quando andava all'asilo a prendere sua figlia, quando era ancora felice, mentre adesso viveva solo per il lavoro…
Guardò sua figlia preparare i biscotti e una tazza di latte.
Sembrava passato un giorno da quando anche lei preparava la merenda e la guardava mangiare con un’espressione felice sul suo piccolo viso paffuto.
Ormai quell’espressione non c’era più e aveva lasciato spazio al dolore. I suoi occhi color dell’ametista prima pieni di vita erano ora stanchi e cerchiati da profonde occhiaie.
Non avrebbe mai voluto che finisse così, per sua figlia aveva sempre sperato qualcosa di diverso, un marito che la amasse, una famiglia felice, ma poi...
“Mamma mi stai ascoltando?”
La voce di sua figlia la fece trasalire.
“Ti ho chiesto se vuoi rimanere a cena.”
Scosse la testa.
“No, grazie. Vado a casa. La causa Ichigawa è tra poco e devo preparare le ultime cose…”
Si staccò dallo stipite e si diresse verso l'uscita.
“Ci vediamo domani allo studio, ok?”

Lo guardò con attenzione. Era inginocchiato al tavolo e aveva davanti a sé la cena che gli aveva preparato. Non aveva ancora toccato cibo e la sua espressione era triste come mai prima.
“Piccolo, adesso che siamo soli io e te, mi vuoi dire cos'è successo?”
Lo vide stringere le labbra per non piangere.
“La maestra ti ha sgridato?”
Lui scosse la testa in segno di diniego.
“Ti hanno preso in giro?”
Scosse ancora la testa.
“E allora? Cos'è successo? Lo sai che puoi fidarti della tua mamma...”
Lo vide riflettere con il faccino serio e lo sguardo concentrato, quello stesso sguardo che…
“Mamma, perché non ho un papà?”
Quella domanda fu come un fulmine a ciel sereno.
Anche se sapeva bene che prima o poi sarebbe arrivato quel momento, si sentiva impreparata e forse lo sarebbe sempre stata qualunque fosse stato il momento…
In fondo come poteva essere diverso? Nessuno le aveva mai insegnato come risolvere queste situazioni e da quel giorno non aveva più affrontato l'argomento con nessuno.
Nemmeno con sua madre, con suo padre o con la sua migliore amica.
E se non era riuscita a parlarne con loro…
Come avrebbe fatto a spiegare una cosa del genere a un bambino di sei anni?
“Sai mamma…Oggi la maestra ha chiesto di disegnare la nostra famiglia...Io allora ho disegnato te e il nonno e la nonna, ma poi…”
Piccole lacrime cominciarono ad affollare i suoi occhi blu cobalto.
“...poi la maestra ci ha fatto raccontare i disegni davanti a tutti e tutti i miei compagni hanno raccontato i loro disegni e io...io ero l'unico che non aveva disegnato il papà…”
Lei si alzò e si sedette vicino a lui.
“Oh piccolo mio...”
Le lacrime cominciarono a scendere una dopo l’altra sul suo viso tondo.
“Mamma, dov'è papà? Perché non è qui con noi?”
Lo strinse forte e anche lei iniziò a piangere tutte quelle lacrime che non aveva più versato da quel giorno.

“Ran!Ran!”
Sentiva la voce di Sonoko attraverso la porta del bagno come se provenisse dalla fine del mondo. Lei continuò a singhiozzare. Non le importava più niente, non le importava di essere seduta per terra in un bagno, non le importava di rovinare il suo vestito da sposa, non le importava più niente, voleva che la sua vita finisse lì, in quel momento. Strinse tra le mani quella lettera. L’aveva letta e riletta, ma quello che c’era scritto non cambiava, la realtà dei fatti non cambiava.
“Ran!Per favore apri!”
Sentiva dei colpi battere quella porta prima in modo leggero poi sempre più forte. Sapeva bene che, anche se avrebbe voluto, non poteva rimanere nascosta lì per sempre, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare la realtà.
“Ran! Tesoro! Apri per favore! Ci stai facendo preoccupare tutti!”
Quella voce in un qualche modo le fece recuperare quel poco di sangue freddo che le rimaneva, strappò in due quella lettera e poi in mille pezzi la parte in cui parlava della sua vera identità e la buttò nel water tirando lo sciacquone. Nessun altro doveva sapere.
Usò quello stesso sangue freddo per aprire la porta del bagno e si vide subito circondata, circondata da Koichi, Sonoko, dietro di lei suo padre, sua madre e i genitori di Shinichi e dietro di loro il professore e i ragazzi…Erano tutti su di lei a cercare di capire cosa fosse successo.
Sonoko fu la prima ad abbracciarla.
“Ran...Mi vuoi dire cos'è successo?”
Lei le porse quello che rimaneva di quella lettera.
Sonoko lesse quelle poche righe e la guardò incredula, poi scoppiò a piangere e la abbracciò più stretta che poteva.
Koichi strappò la lettera dalle mani di Sonoko e la lesse con un sorriso che ad ogni parola era sempre più ampio.
“Finalmente…”
Lei spalancò gli occhi come attraversata da una scossa elettrica, si sciolse dall'abbraccio di Sonoko e lo fissò con uno sguardo di ghiaccio.
“Cos’hai detto?”
Lui appallottolò la lettera e la gettò in un cestino vicino.
“Ho detto finalmente!Finalmente quel moccioso si è tolto di torno!”
Lei si buttò a riprenderla, noncurante del fatto che fosse in mezzo ad altri rifiuti e la custodì nella sua borsa.
“Tu...Tu non...Tu non sai cosa stai dicendo!”
Strinse i pugni talmente forte da farsi venire le nocche bianche.
“Ma ti vedi Ran!?!Oggi è il nostro matrimonio e l'unica cosa di cui ti preoccupi è quel moccioso!”
Sentì la rabbia salirle su fin dalle viscere, non ci pensò due volte e gli mollò uno schiaffone.
“Tu...Tu sei un mostro!”
Prese l'orlo del vestito tra le mani e corse via tra gli occhi increduli di tutti.


“Mamma, non piangere!”
Alzò una manina ad accarezzarle la guancia.
“Scusa piccolo mio…”
Si tirò su e cercò di asciugare le lacrime con il dorso delle mani.
“Piangi per colpa mia?”
Gli arruffò i capelli.
“No, piccolo mio, tu non hai colpa. “

Non sapeva neanche dove stesse correndo, non le importava neanche che tutti la guardassero, voleva solo correre lontano da lui. Sapeva che non gli era mai stato simpatico, ma quello che aveva detto andava al di fuori di ogni sua comprensione. Non poteva essere contento di quello che era successo, nessuno poteva essere contento di una cosa così…
Chi diavolo aveva sposato?
Improvvisamente inciampò e cadde a terra. Si tirò su con le mani e le lacrime cominciarono a cadere copiose sulle sue guance fino a cadere sul marciapiede.
Non doveva andare così.
Se solo avesse saputo prima, se solo avesse insistito, ora…
“Ran!”
Si girò indietro e vide la madre di Shinichi correre verso di lei, poi appena le fu vicino si protese verso di lei e l’abbracciò. Il suo abbraccio era caldo e confortante, ma allo stesso tempo colmo di disperazione, tuttavia non era quella di chi aveva perso un parente o un conoscente, bensì era la profonda e straziante disperazione di una madre che aveva perso il proprio figlio.
“Mi...mi dispiace...”
Lei le accarezzò i capelli.
“Non è colpa tua, Ran...Tu sei stata la persona più importante della sua vita...”
Abbassò lo sguardo.
“Ma se io...se io non...”
Lei le sorrise.
“Tu non potevi saperlo...”
Si lasciò sfuggire un singhiozzo.
“Io...io non potrò mai...mai perdonarmi per quello che è successo… Mai!”
Lei le prese il viso tra le mani.
“Ran...Non è colpa tua...Tienilo sempre bene a mente...Lui ha fatto la sua scelta, ma tu non puoi colpevolizzarti per questo. Tu devi vivere la tua vita, come ognuno di noi dovrà fare...”
Abbassò lo sguardo.
“Io lo amavo, signora Kudo...”
Lei le sorrise.
“Lo so Ran, anche lui ti amava e ti amava talmente tanto che non ha mai voluto dirti niente per non metterti in pericolo...”
La guardò negli occhi.
“Ma se avessi saputo...se me ne avesse parlato...ora...ora lui...”
Si alzò e le porse la mano.
“Basta Ran...Non possiamo farci niente...Ora vieni con me, ti porto a casa Kudo, ho già avvertito gli altri e tua madre ci aspetta lì...Tuo padre e Yusaku sono già andati alla polizia e ci faranno sapere se c’è qualche notizia...”


Un timido sorriso comparve tra le lacrime.
“Tu sei la cosa più bella che ho!”
Lo abbracciò stretto.
“Piano, mamma, così mi soffochi!”
Non sapeva come avrebbe fatto senza di lui. Era l'unica cosa che da quando aveva saputo della sua esistenza aveva dato senso alla sua, perché da quel giorno qualcosa le si era rotto dentro, senza più speranza di poterlo riparare.

Guardava fuori dalla finestra stancamente.
Era passato qualche giorno ormai, ma ancora non c’erano novità.
Sulla scrivania sua madre le aveva lasciato qualcosa da mangiare, ma lei da quel giorno non aveva toccato cibo, beveva qualcosa solo perché sua madre o Sonoko la costringevano.
Ogni tanto anche suo padre si affacciava alla porta della sua camera e sebbene non si voltasse a guardarlo sapeva che era preoccupato per lei, sentiva il suo sguardo addolorato e pieno di apprensione.
Passava le sue giornate su quella sedia a guardare le ombre degli oggetti sulla sua scrivania allungarsi e restringersi a causa del passare delle ore. Ormai niente aveva più senso per lei, né il sorgere del sole, né l'arrivo della notte, né le chiacchiere di Sonoko, né gli sguardi preoccupati di sua madre, nulla aveva più senso.
Tutto quello che veramente voleva era lasciarsi andare…
Avrebbe voluto davvero tirarsi su, farsi forza, continuare a vivere, ma la verità non era questa. Non avrebbe ammesso mai a nessuno che l’unica cosa che avrebbe voluto fare era salire su un grattacielo e da lì gettarsi senza darsi pensiero più di nulla, forse avrebbe solo contato i piani che le passavano davanti agli occhi, forse avrebbe solo aspettato l’impatto con l’asfalto o forse avrebbe ricordato ogni singolo momento della sua vita passata.
Quei ricordi le attanagliavano il cuore, continuava a ricordare ogni minima cosa, dal loro primo incontro all’asilo, fino a quell’ultima sera quando i loro corpi e le loro anime si erano fuse per la prima e ultima volta, continuava a pensarci a ciclo infinito.
Da quando aveva saputo la verità ogni cosa aveva assunto un significato, tutti i suoi dubbi, tutte le sue domande avevano finalmente trovato pace, ma purtroppo era troppo tardi.
Shinichi le aveva detto addio e la causa di tutto questo era stata lei.
Un leggero bussare alla sua porta la fece voltare, alzò lo sguardo e la vide appoggiata alla porta con le braccia conserte e la sua solita espressione imperscrutabile.
“Ai-chan…”
Vide un sorriso amaro comparire sul suo volto stanco.
“Tu pensi che sarebbe contento se ti vedesse in queste condizioni?”
Spalancò gli occhi.
“Te lo dico io: no. Teneva a te più di quanto tenesse a sé stesso! Ha sempre anteposto te a tutto il resto!”
Perché era venuta a dirle quelle cose?Non era già abbastanza difficile così?
“Ricordo ancora quel giorno e ricordo perfettamente ogni sua parola: -Non la voglio più far soffrire...Se non sto attento a quel che dico, continuerà a desiderare di incontrarmi. Continuerà a sognare uno che potrebbe farla aspettare in eterno, ma io...non voglio più vederla piangere. Meglio che mi cancelli dal suo cuore piuttosto...Sono ridicolo e infantile vero?-”
Strinse tra le mani il bordo della scrivania. Che diritto aveva di parlarle così?
“Per me, vissuta per anni in un inferno fatto di violenza e odio, conoscere un ragazzo così è stata una rivelazione. Nonostante sia stata io ad averlo ridotto in quello stato non ha mai avuto una parola d’odio per me...”
Alzò lo sguardo, incredula. In quel momento si rese conto che non sapeva nulla di coloro che la circondavano. In quel momento si rese conto che tutto quello che aveva vissuto fino a quel momento era immerso nella menzogna.
“Tu…?”
Non poteva crederci.
“Sì, io. Sono stata io ad aver creato quel veleno, ma… Credimi. Da quando ho conosciuto Kudo-kun non ho fatto altro che cercare l’antidoto. Per anni ho cercato la formula che lo facesse tornare come prima, ma senza risultato. L’ultima volta è stato più di due anni fa. ”
Il suo sguardo si rabbuiò tutto ad un tratto.
“Quella volta ho davvero pensato di averlo ucciso. Tu pensavi che fosse rimasto a studiare con me, Ayumi, Mitsuiko e Genta e così il professore ti aveva detto quando ti aveva telefonato, ma in realtà era rimasto per due giorni e due notti in un totale stato di incoscienza. La temperatura corporea aveva raggiunto i 42 gradi, i battiti cardiaci erano al limite dell’arresto cardiaco, avevo provato ogni tipo di farmaco, ma senza miglioramenti apprezzabili. Avevo passato notte e giorno al suo capezzale, odiandomi per tutto ciò che gli avevo causato. Quando l'ho visto riaprire gli occhi mi sono ripromessa che mai e poi mai avrei più permesso che rischiasse la vita in quel modo...”
Forse si stava sbagliando, ma le era sembrato di vedere una lacrima scorrere invisibile e silenziosa sulla sua guancia.
“Ma lui ha continuato imperterrito a chiedermi di riprovare, perché doveva pur esserci una soluzione, doveva pur esserci un modo per ritornare dall’unica donna che avesse mai amato…Non aveva capito che io lo facevo per lui, per non metterlo più in pericolo, pensava che lo facessi per puro egoismo...”
Infine un sorriso amaro si dipinse sul suo viso.
“Alla fine a causa mia è comunque in pericolo…”
Lei strinse ancora più forte la scrivania tra le mani.
“Perché?Perché mi avete tenuta all'oscuro per tutti questi anni?”
Le lacrime cominciarono a scendere a cascata giù per le guance finendo la loro corsa prima sulle labbra e poi giù sulle sue gambe…
“Pensavate forse che la verità mi avrebbe uccisa?”
Lei abbozzò un sorriso.
"I fiori sono delicati e fuggevoli...Se coperti troppo per proteggerli dal vento e dalla pioggia, appassiscono desiderando il sole. Quando arriva la tempesta, un fragile riparo non offre scudo…"
La guardò perplessa.
"Lui ha sempre voluto proteggerti...Per lui eri un fiore delicato da proteggere dalle intemperie… Ma così facendo ha finito per farti ancora più male...Perché tu senza Kudo sei come un'orchidea senza la luce del suo sole…"


Si sciolse da quell'abbraccio.
"La mamma ti vuole bene, lo sai?"
Il piccolo annuì serio.
"Anche io ti voglio tanto bene mamma!Non voglio che piangi."
Lei si asciugò le ultime lacrime.
"La mamma non piange più, promesso. "
Lui le sorrise.
Quel sorriso era capace di cancellare tutte le sofferenze del passato...

Erano passate più di tre settimane da quando se n'era andato.
Lo avevano cercato dappertutto.
Non avevano lasciato nulla di intentato, suo padre e l'ex ispettore Megure avevano cercato in tutta Beika qualche traccia, ma senza risultato, anche gli ispettori Sato e Takagi avevano partecipato alle ricerche e avevano chiesto persino agli altri colleghi delle altre prefetture di indagare sul caso.
Tutti si stavano prodigando per trovarlo mentre lei invece...Lei giorno dopo giorno si trascinava per casa apatica in attesa di notizie che non arrivavano…
Koichi aveva provato più volte a incontrarla, ma lei si era sempre negata, il solo pensiero di stargli accanto le faceva venire da vomitare, non avrebbe voluto stare con lui un solo minuto di più… Non solo non le aveva rivolto neanche una parola di conforto, ma era contento! Quale orribile persona sarebbe potuta essere contenta della scomparsa di un diciassettenne? Qualche giorno prima lui le fece recapitare una lettera tramite sua madre.
La prese dal cassetto e la riaprì.
"Ran, io non so cosa tu abbia, ma non sei più quella che conoscevo...Da quando ci siamo sposati tu non hai più voluto avermi accanto, colpevolizzandomi di essere un mostro, quando l'unica mia colpa è stata di essere contento che quel moccioso non fosse più un peso per te. Tu hai perso la testa, Ran e io non sono più sicuro di volere al mio fianco una persona del genere, una persona che preferisce dare adito alle isterie di un moccioso piuttosto che stare insieme a suo marito, non è essere pazzi questo? Forse è meglio che non ci vediamo più, ti farò sapere quando firmare le carte per l'annullamento del matrimonio. "
Scaraventò la lettera nel cestino.
Sì, aveva ragione!Era pazza, pazza ad aver sposato un uomo del genere! Come aveva fatto a non accorgersene prima? Perché non si era fidata del suo istinto?
Perché non si era fidata di lui?
Sì affacciò alla finestra dell'agenzia, mentre le lacrime scorrevano come fiumi in piena sul suo viso.
Lui aveva compreso tutto e lei non lo aveva voluto ascoltare, lui sapeva che c'era qualcosa che non andava in Koichi, ma lei era troppo impegnata a volere la parvenza di una vita normale che non aveva capito.
Perché non aveva voluto credere al suo sguardo?
Il suo sguardo che sembrava leggerle dentro, la sua figura che girava per casa con fare stanco, la sua voce che la chiamava ogni mattina…
Dio come le mancava tutto questo!
A volte sentiva ancora echeggiare il suo -Ran-neechan- in quelle stanze, a volte si girava di scatto perché percepiva la sua presenza, ma erano solo allucinazioni costruite dal suo inconscio, perché lui non c'era…
Lui non c'era più!
-Shinichi!Perché mi hai lasciato sola!?!-
Crollò a terra in ginocchio.
Non poteva più sopportare questo peso…
Come poteva andare avanti e vivere la sua vita, sapendo che lui non le sarebbe mai più stato accanto?
Voleva morire!Sì, voleva morire, la sua vita senza Shinichi non aveva più senso, nessun giorno su questa terra avrebbe avuto più senso se lui non era più al suo fianco!
All'improvviso squillò il suo cellulare. Non sapeva perché, ma quello squillo suonò greve e lugubre alle sue orecchie.
Si alzò e stancamente andò a rispondere.
"Pronto?"
Anche il tono dell'interlocutore risuonava funereo e foriero di cattive notizie.
"Sì, mamma. Sono seduta, non faccio altro da giorni...Dimmi quello che devi e finiamola qui."
La prima lacrima scorse giù per la guancia, le altre la seguirono da lì a poco.
"Sì, mamma."
Strinse il telefono tra le mani, come se quel piccolo oggetto potesse darle un flebile contratto con la realtà.
"Aspettiamo...Aspettiamo il riconoscimento per...per esserne si...sicuri."
I singhiozzi le impedivano di parlare.
"No, mamma, no...sto...sto bene...no...non sto piangendo...Non c'è bisogno che tu…"
Ma non fece in tempo a finire la frase che mille particelle nere le passarono davanti agli occhi e cadde a terra priva di sensi.


"Vieni piccolino, andiamo a lavarci le mani che poi la mamma lava i piatti."
Lo prese per mano e lo portò a lavare le mani.
"Vuoi guardare un po' di televisione mentre mamma lava i piatti?"
Lui scosse la testa.
"No mamma, voglio leggere il mio libro…"
Lei lo guardò.
"Ancora?Ma lo sai a memoria!"
Lui scosse la testa di nuovo.
"Ma a me piace Sherlock Holmes!"
Lei sorrise suo malgrado.
"Anche a tuo papà piaceva moltissimo."
Lui spalancò gli occhi.
"Raccontami di papà!Dai mamma!Per favore!Mamma!Voglio sapere la storia di papà!Dai, per favore!"
Annuì sfinita.
"E va bene, ma prima finisco di lavare i piatti, va bene piccolino?"
Fece segno di sì con la testa e si mise seduto tranquillo.
Lei cominciò a lavare i piatti, mentre i ricordi si affollavano nella sua testa.

Aprì lentamente gli occhi.
Tutto intorno a lei era bianco, al dito della mano sinistra aveva un piccolo apparecchio e un piccolo ago era conficcato all'interno del gomito. Sentiva un suono cadenzato e una voce in lontananza che la chiamava.
"Ran…Ran…Goro, Ran si è svegliata!Vai a chiamare un medico!Subito!"
Strizzò un paio di volte gli occhi per abituarsi a tutta quella luce e a tutti quei rumori che le sembravano insopportabili. Si concentrò sul suo respiro e sul rapido appannarsi e disappannarsi della mascherina che portava sulla bocca, provò a muovere il braccio destro, ma lo sentiva pesante come se su di esso fosse poggiato un grosso peso, poi una leggera pressione estranea sulla sua mano portò i suoi occhi a girarsi verso la fonte di quella pressione.
“Ran.”
La visione si era fatta più chiara e strinse la mano di sua madre.
“Ran, come ti senti?Ci hai fatto così preoccupare...”
Un colpo secco la fece trasalire. La porta si era aperta con un rumore che le parse assordante.
“Ecco Eri, qui c’è il dottor Kanagawa.”
Vide il dottor Kanagawa fare un leggero inchino verso di lei.
“Allora Mouri-san, come sta?Riesce a parlare?”
Le si avvicinò e le tolse la mascherina di plastica trasparente dalla bocca. Lei provò a parlare, ma sentiva la gola secca come la sabbia di un deserto.
Il dottore lentamente la tirò su mettendole dei cuscini dietro la schiena e le porse un bicchiere d’acqua che lei bevve a piccoli sorsi.
“Dottore, mi dica la verità, come sta mia figlia?”
Non aveva mai sentito la voce di suo padre così preoccupata.
“Dovremo tenerla sotto osservazione per altri due giorni. Svenendo ha battuto la testa e vorremmo controllare che sia tutto a posto. Sicuramente le faremo una TAC e degli esami del sangue.”
Guardò suo padre e le sembrò di vedere una lacrima scivolare sulla sua guancia.
Il suo viso era stanco e gli parse invecchiato, come se fossero passati tutti insieme dieci lunghi anni.
“Papà...”
Lui si girò verso di lei e cercò di sorriderle con fare sicuro, ma lei sapeva che dietro quella finta sicurezza era preoccupato per lei.
“E’ solo colpa mia, Ran...Se solo fossi stato più bravo, magari adesso lui, lui adesso sarebbe ancora vivo…”
Vide sua madre tirargli una gomitata.
“Ran, l’importante è che ti senti bene. Dopo questi esami torni a casa con noi, va bene?”
Lei annuì sfinita.


“Allora, mamma!Non hai ancora finito di lavare i piatti?”
La voce di suo figlio la destò dai suoi ricordi.
“Solo un po’ di pazienza, figlio mio, non manca tanto.”
Lo sentì sbuffare.
“Ma io voglio sentire la storia di papà!”
Scosse la testa divertita.
Quando suo figlio si metteva in testa una cosa, nulla poteva distoglierlo dal suo intento. Non poteva aspettarsi nulla di diverso dal DNA di quel presuntuoso fanatico dei gialli!
Doveva mettersi l'anima in pace, sapeva che sarebbe arrivato questo momento e lo sapeva già da allora.

"Mouri-san, come si sente oggi?"
Annuì con un timido sorriso.
"Bene dottor Kanagawa, quando posso tornare a casa?"
Il dottore si sistemò gli occhiali sul naso.
"Presto, ma prima vorrei dirle una cosa."
Si sedette sulla sedia vicino a lei e le prese le mani tra le sue.
"Cosa c'è dottore?Mi devo preoccupare?Ho qualcosa che non va?"
Il sorriso che il dottore le fece le sembrò di circostanza, forse aveva davvero qualcosa che non andava.
"In questi giorni le abbiamo fatto la TAC e degli esami del sangue per controllare che fosse tutto a posto."
Annuì, ma nel suo animo era in corso una tempesta… Se era vero che non aveva niente di grave perché il dottore continuava a girare attorno all'argomento?Non ne poteva più, voleva sapere!
"Mouri-san, dovrei farle una domanda delicata. Se la sente di rispondere?"
Mosse la testa affermativamente stringendo le lenzuola tra le mani.
"Quand'è l'ultima volta che le sono venute le mestruazioni?"
Il suo cuore mancò un battito. Non si aspettava questa domanda. Erano successe talmente tante di quelle cose in queste settimane che non ci aveva neanche pensato. Quando era stata l'ultima volta?Fece il conto con le mani e si rese conto che erano in ritardo da più di una settimana.
"Con tutte le cose che sono successe in questi giorni non ci ho neanche pensato ma ho un ritardo di più di una settimana…"
Il dottore annuì sorridendo.
"Vede, Mouri-san, dagli esami del sangue è emerso che lei è incinta."
Spalancò gli occhi incredula.
"Ma...ma lei...lei ne è sicuro dottore?"
Il dottore fece segno di sì con la testa.
"Vede, Mouri-san, dagli esami del sangue risulta che ci sono dei valori alti di hCG…La hCG, chiamata anche gonadotropina corionica umana, è un ormone prodotto dalla placenta che viene rilevato nel sangue 7-9 giorni dopo la fecondazione."
Si portò istintivamente una mano alla pancia.
"Sicuramente dovremo fare gli altri esami e le ecografie, ma siamo ragionevolmente sicuri che lei sia incinta."
A un tratto realizzò davvero quello che le aveva detto il dottore, nascose gli occhi tra le mani e iniziò a piangere.
"Mouri-san, spero di non averle dato una cattiva notizia."
Cercò di asciugarsi le lacrime con il dorso delle mani.
"No...No, dottore, lei mi ha dato una splendida notizia! Sa, io ho perso da poco l'uomo che amavo e sapere che porto in grembo suo figlio mi riempie di gioia!"
Il dottore le prese la mano e la strinse tra le sue.
"Mi dispiace per la sua perdita, Mouri-san. Ma adesso che porta questa vita dentro di sé non si lasci andare. È difficile andare avanti, ma sono sicuro che questo piccolino o piccolina, chi lo sa, riuscirà a darle la forza necessaria."
In quel momento dopo un leggero bussare si aprì la porta.
"Mamma!"
Alla vista di sua madre le lacrime ricominciarono a scorrere copiose sulle sue guance.
“Cosa c’è figlia mia?Perchè piangi?”
La vide guardare alternativamente lei e il dottore con aria interrogativa.
“Mi devo preoccupare?C’è qualcosa che non va?”
Lei le fece segno di avvicinarsi e le porse le braccia per farsi abbracciare.
“Mamma io...Io aspetto un bambino!”
Sua madre si scostò e la guardò negli occhi con uno sguardo strano e disapprovatore.
“Non mi dire che è di Koichi.”
Lei scosse la testa con forza.
“No mamma, no!No, assolutamente!Io..Io ti devo confessare una cosa.”
Il dottore Kanagawa si alzò dalla sedia.
“Mouri-san, la lascio con sua madre. Può tornare oggi stesso a casa. L’importante è che prenoti al più presto gli esami che le ho detto prima.”
Fece segno di sì con la testa.
“La ringrazio, dottore. Grazie davvero!”
Aspettò che il dottore uscisse dalla porta, poi fece segno a sua madre di sedersi sul letto vicino a lei.
“Mamma, io…”
Sospirò.
“Io so di aver fatto una cosa sbagliata, ma...”
Guardò per un attimo sua madre che le fece segno di continuare.
“...la notte prima del mio matrimonio è successo qualcosa tra me e Conan-kun. Io e lui abbiamo fatto l’amore...”
Arrossì ancora violentemente al ricordo di quella notte e distolse lo sguardo da quello di sua madre.
“...e quello che porto in grembo è suo figlio.”
Senti sua madre tirare un sospiro di sollievo.
“Ran...Per un attimo ho avuto paura che...”
Lei scosse di nuovo la testa con forza.
“No, no mamma!Non lo pensare neanche!”
Alzò il suo sguardo fino a incontrare quelli di sua madre.
“Era uguale a lui, vero?Proprio uguale a Shinichi quando aveva 17 anni...I capelli, gli occhi, le movenze, le parole...Erano solo gli occhiali a renderli diversi. Senza non sarei stata capace di distinguerli...”
La strinse forte e in quell’abbraccio le sembrò che sua madre avesse capito tutto. Su sciolse da quell'abbraccio e la fissò.
"Mamma, ma tu…?"
Lei annuì e non ci fu bisogno di altre conferme.
“Sono contenta, figlia mia!E tu?Tu sei contenta?”
La riabbracciò a sua volta.
“Sì, mamma!Sapere che dentro di me c’è un pezzo di lui, mi riempie di felicità.”
Si sciolse da quell’abbraccio caldo e confortante e si guardò in giro.
“Ma papà?Dov’è?Non è venuto oggi?”
Lo sguardo di sua madre si rabbuiò.
“Tuo padre...Tuo padre è andato al riconoscimento del corpo di Conan-kun con il professor Agasa.”
Lei strinse le lenzuola tra le mani.
“Voglio andare anche io.”
Sua madre scosse la testa.
“No, Ran. Tuo padre mi ha raccontato che lo hanno trovato in uno stato pietoso. È meglio che tu non lo veda nelle tue condizioni...”
Lei sorrise amaramente.
“Non mi importa, mamma. Voglio vederlo ed essere sicura che sia lui. In fondo sono stata una delle ultime persone ad averlo visto vivo.”


La cosa più straziante che avesse visto nella sua vita.
Gli ispettori Sato e Takagi le avevano raccontato che qualche giorno prima era arrivata una chiamata da parte dei loro colleghi della prefettura di Shizuoka, nella quale riferirono che avevano trovato un cadavere sulla spiaggia di Yumigahama.
Li avevano avvisati perché dagli esami autoptici avevano rilevato che fosse un ragazzo di circa 17 anni, anche se non aveva con sé nessun tipo di documento. Il corpo era in avanzato stato di putrefazione e da questo avevano supposto che fosse rimasto in acqua dalle due alle tre settimane.
Tutti le avevano sconsigliato di vederlo, perché era irriconoscibile, ma lei non volle sentire ragioni ed entrò all’obitorio affiancata da sua madre, da suo padre e dal professor Agasa.

Vedere quel corpo disteso sul tavolo dell’obitorio anche se coperto da un lenzuolo la fece sentire male.
“Ran, se non te la senti possiamo uscire...”
Scosse la testa.
“No, papà, voglio vederlo.”
Lui le strinse il braccio.
“Non è uno bello spettacolo, figlia mia.”
Si avvicinò lentamente al tavolo di metallo, in una busta c'era quel che restava dei suoi vestiti: un maglione nero e dei jeans. In un'altra bustina più piccola un orologio.
"È stato grazie a quell'orologio che il professor Agasa ha potuto essere certo che fosse lui. Perché ormai questo corpo non ha più niente del Conan-kun che conoscevamo."
Sentì la mano del professore appoggiarsi sul suo braccio. Si girò a guardarlo. Sul viso del professore cadevano copiose lacrime. Anche lui come suo padre sembrava invecchiato tutto in un colpo.
"Ran...Ran perdonami...È stata tutta colpa mia!Avrei dovuto fermarlo quella mattina e invece...invece l'ho lasciato andare.."
Mise una mano sulla sua.
"Lei non poteva saperlo, professore...Non poteva neanche immaginarlo."
Lo sentì tirare su col naso.
“Avrei dovuto invece!Avrei potuto salvarlo!”
Lei gli sorrise e gli strinse la mano.
“Professore, lei ha fatto ciò che poteva e la ringrazio per questo.”
Si scostò dal professor Agasa e si avvicinò sempre di più a quel tavolo di metallo.
"Papà, togli il lenzuolo, voglio vederlo."
Sua madre si avvicinò e l'abbracciò, tenendola stretta, mentre suo padre lentamente tolse il lenzuolo.
Un urlo straziante uscì dalle sue labbra.


"Mamma!Mamma!"
Guardò in basso e percepì appena suo figlio abbracciato alle sue ginocchia.
"Mamma cos'hai?"
Non avrebbe mai immaginato di vedere una cosa così in vita sua.
I suoi dolci lineamenti non c’erano più. I suoi capelli neri erano un ammasso informe e scomposto, il suo viso, gli occhi, le labbra erano ormai una maschera tumefatta di colore nero-verdastro. Avrebbe dovuto ascoltare suo padre quando le aveva detto che non era un bello spettacolo, ma lei era testarda e pensava di essersi abituata ai cadaveri dopo tutti quei casi di omicidio ai quali aveva assistito.
Non aveva dormito per giorni e ancora adesso, a più di sei anni dall’accaduto, quell’immagine popolava i suoi incubi.
“Mamma! Parlami!”
Quella voce la riportò alla realtà.
“Mamma, mi fai spaventare!”
Gli accarezzò i capelli neri.
“Tranquillo piccolo, la mamma stava ricordando una cosa successa un po’ di anni fa. Ora vai a lavarti i denti e a metterti il pigiama, che poi la mamma viene a raccontarti la storia di papà!”
Sul viso di suo figlio si aprì un gran sorriso.
“Yuppi!”
Lo vide correre in bagno. Anche il modo di correre era il suo.
Sembravano passati pochi anni da quella maledetta sera, ma in verità ne erano passati più di quindici, non solo non aveva mai voluto più nessuno accanto a lei, ma anche in futuro non avrebbe voluto nessun’altro al suo fianco, perché il suo corpo, la sua anima e il suo cuore erano e sarebbero continuati a essere sempre e solo di Shinichi. Aveva fatto una promessa al suo funerale e non l’avrebbe infranta per nulla al mondo.

Una pioggerellina fine e costante cadeva su di lei.
Aveva aspettato che tutti andassero via e aveva chiesto ai suoi ancora cinque minuti prima di lasciare il cimitero.
Si inginocchiò, incurante del selciato bagnato, portò le mani giunte alla bocca e chiuse gli occhi.
“Shinichi...”
Voleva chiamarlo col suo nome, nonostante sulla lapide ci fosse scritto invece quello che lo aveva accompagnato per dieci anni.
“Hai visto quante persone sono venute per te?Persino gli agenti dell'FBI e della polizia sono venuti a portarti l’ultimo saluto. Ayumi, Genta e Mitsuhiko non smettevano più di piangere...Ayumi poi era disperata, non ha mai smesso di singhiozzare durante tutta la cerimonia funebre. Anche il professor Agasa piangeva, averti perso penso che lo abbia distrutto soprattutto perché è convinto che avrebbe potuto fermarti e penso che non si perdonerà mai per questo. Per fortuna accanto a lui c’era Ai-chan che non lo ha lasciato un istante.”
Posò la mano sulla gelida pietra.
“A vederla sembra imperturbabile, non ha versato neanche una lacrima, ma io so quanto soffre per la tua morte, lo so perché è la stessa sofferenza che provo io...”
La pioggia continuava a cadere inesorabile, ma lei non si curò minimamente del fatto che i suoi vestiti si sarebbero inzuppati da lì a poco.
“Shinichi, io lo so che tu mi puoi sentire… Voglio dirti una cosa… Dentro di me sta crescendo una nuova vita… È tuo figlio, Shinichi…"
Accarezzò lentamente i caratteri argentati con le dita bagnate.
"È il frutto di quella notte che abbiamo passato assieme...Sai Shinichi, quella è stata la notte più bella della mia vita...Io...Io non ero mai stata di nessun’altro e sono stata contenta di aver fatto l’amore con te per la prima volta...Anche se io ancora non sapevo tu fossi Shinichi, non so...Il mio corpo sembrava invece sapesse benissimo chi fossi...Il tuo sguardo senza occhiali, le tue labbra, il tuo odore, il tuo fisico...Tutto parlava di te, Shinichi...Ero io a non voler ascoltare...”
Un timido sorriso fece capolino tra le lacrime.
“Sai, quando all’ospedale mi hanno detto che aspettavo un bambino ero così felice... Perché dentro di me adesso ho un pezzo di te e mi sembra un po’ di averti ancora accanto… Quando l'ho detto a mia madre pensava fosse di Koichi, ma non sapeva che io non avevo mai fatto certe cose con lui. In verità non ci sono mai riuscita perché dentro di me ti amavo ancora e continuavo a sperare che un giorno tornassi. Abbiamo litigato un sacco di volte per questo, lui non capiva perché non volessi fare l'amore con lui, ma alla fine si era rassegnato ad aspettare il nostro matrimonio…"
Quella parola le causò una stretta al cuore.
"Matrimonio… Tra pochi giorni lo annullerò, perché non voglio avere mai più a che fare con un tipo del genere. Quel giorno quando Ai-chan mi ha dato la tua lettera ero distrutta dal dolore, ma per lui la tua scomparsa era solo un sollievo, sai? ”
Una smorfia di dolore attraversò il suo viso.
“Continuava a dirmi che tu eri un peso per me e che dovevamo sposarci al più presto, solo così mi sarei liberata della tua presenza. Non riusciva a farsi una ragione del tuo attaccamento nei miei confronti. Ho cercato di rimandare il più possibile perché tu alla fine non tornavi e ultimamente non ti facevi neanche sentire al telefono e io...Io, Shinichi, alla fine avevo deciso di accontentarmi di una vita non dico felice, ma almeno che avesse una parvenza di normalità… Mi ero rassegnata al fatto che tu non tornassi e Koichi mi sembrava una brava persona, certo forse aveva i suoi difetti, ma mi ero convinta che potesse darmi una vita tranquilla… e invece… Invece non avevo capito che razza di mostro fosse… Tu invece lo avevi capito, ma io non ti ho voluto ascoltare… E adesso tu non ci sei più Shinichi…"
Incrociò entrambe le braccia sulla sua pancia.
“Mi hai lasciato sola, Shinichi… Adesso come farò ad andare avanti senza di te?Perché non mi hai mai detto nulla?Non ti fidavi di me forse?Ai-chan mi ha detto che non mi hai mai rivelato niente per paura che io soffrissi...Ma adesso?Adesso non sto soffrendo?Non sto male qui da sola senza di te?"
Si raggomitolò su se stessa il più possibile.
"Ti prego non lasciarmi sola, Shinichi!”
Sì rialzò e volse lo sguardo al cielo.
"Shinichiiiiiii!"
Come spaventata da quell'urlo straziante la pioggia cessò e tra le nuvole un flebile raggio di sole si fece strada illuminando la sua lapide.


Tuttora non sapeva se ci fosse una vita oltre la morte o se l’anima si reincarnasse in qualcos'altro, ma in quel momento le sembrò che Shinichi con quel raggio di sole le volesse asciugare le lacrime e volesse dirle di farsi forza, perché lui le sarebbe stato sempre accanto.
Forse erano stupidaggini, ma ogni tanto sentiva quasi la sua presenza, soprattutto nei momenti di maggiore sconforto.
“Mamma!Io ho finito!Vieni?!?”
Sorrise.
Quel piccolino le aveva dato la forza di andare avanti e ora le toccava tenere fede alla promessa.
Non sapeva come avrebbe iniziato, ma era sicura che ci sarebbe riuscita.
-Shinichi, aiutami tu, amore mio, a raccontare la tua storia…-
Si recò in camera di suo figlio.
Lo vide sotto le coperte con i cuscini dietro la testa, pronto a sentire la storia di suo padre.
"Dai mamma, sbrigati!"
Si sedette sul letto vicino a lui, accese la piccola luce a forma di stella che aveva sul comodino e cominciò a raccontare.
"C'era una volta un bambino forte e coraggioso a cui piacevano moltissimo le storie di Sherlock Holmes..."
 
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view post Posted on 21/11/2020, 17:11     +1   -1
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Super detective

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Devo ammettere che la primissima parte della fanfic mi ha un po' confusa, non riuscivo bene a capire chi fossero le persone in questione... Poi leggendo e "raccogliendo più indizi" mi è parso tutto più chiaro :sisi: (questo banalmente per dire che mi piace come inserisci via via elementi con il progredire della storia).
E Koichi è davvero insopportabile :asd: Parlare in quel modo quando la sua (ormai non è più) sposa è a pezzi...
Mi ha colpito come la madre di Shinichi si dimostri forte anche in un momento del genere, riuscendo in qualche modo a consolare e a supportare Ran, nonostante immagino sia straziata dal dolore.
Il rapporto tra Ai e Ran mi ha sempre affascinato e sono contenta di vedere un confronto simile qui! Lo ammetto, lo aspettavo sin da quando ho finito di leggere la precedente fanfiction!
Tutto il modo in cui la vicenda si sta sviluppando è, secondo me, perfettamente in linea con il personaggio di Ran: penso proprio che in un'eventualità del genere reagirebbe in un modo simile.
Le scene tra madre e figlio come intramezzo sono molto tenere!

Complimenti, mi è piaciuta!
 
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view post Posted on 29/11/2020, 09:45     +1   -1
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Con un po' di ritardo, sono riuscito anch'io a leggere la prosecuzione di una fanfic che, a suo tempo, elogiai per l'ottima resa del dramma interiore ed emotivo della figura protagonista. Come scrissi già nel relativo commento, sono particolarmente interessato a racconti di questo genere, quindi potrei sembrare di parte (e lo sono :asd:), ma mi rincuora sempre vedere come, ogni tanto, ci siano ancora persone che cercano di sondare l'animo umano, anziché cedere a una semplice rappresentazione degli eventi esterni e abbandonarsi a trame senza alcuna introspezione.
Per entrare nello specifico del testo, ho particolarmente apprezzato questa frase:
CITAZIONE
"I fiori sono delicati e fuggevoli...Se coperti troppo per proteggerli dal vento e dalla pioggia, appassiscono desiderando il sole. Quando arriva la tempesta, un fragile riparo non offre scudo…"

Da pensieri come questo, si evince l'inevitabile fragilità degli individui (la stessa che ha condotto Shinichi alla sua triste fine), ma anche la necessità di affrontare il dolore e la sofferenza: senza conflitto non c'è maturazione, così come senza tragedia non può sorgere una vera speranza.
In breve, rinnovo i miei complimenti alla sensibile autrice, che è riuscita ancora una volta a emozionarci. Complimenti, Maja :clap:!


P.S.: Koichi è un uomo deprecabile e laido :grrr:: al confronto, il Boss stesso è un angelo :lollo:.
 
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view post Posted on 30/11/2020, 08:01     +2   +1   -1
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Detective famoso

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Volevo ringraziarvi entrambi per aver letto e commentato la mia FF.
Grazie davvero! :ave:

Solo una precisazione per MAN_IN_BLACK:
Quella frase è presente nel caso dell'orologio scomparso del volume 33 ed è una delle mie preferite :)
 
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3 replies since 3/11/2020, 12:51   183 views
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