La città incantata ( 2001)
Il capolavoro di Miyazaki che strizza l’occhio alla tradizione fiabesca occidentale in una commistione originale con l’etica della morale orientale . Tutto inizia con una misteriosa strada senza uscita, una famiglia si ritrova inconsapevolmente sperduta in una dimensione non riconoscibile da occhi umani al cui interno sorge ” la città incantata ” . La ragazzina protagonista è chiamata a guardare la nuova realtà con occhi nuovi derivanti da una saggezza che acquisterà alla fine della sua peripezia avventurosa, che ci riporta ai topoi alla letteratura greca antica . Una katabasis che è essenzialmente interiore dopo la quale niente rimarrà come prima, è la “discesa” alle terme come metafora di purificazione. È un nuovo mondo nel quale viene messa in discussione persino la sua identità, infatti dovrà farsi ubbidiente di fronte a nuove leggi cambiando persino il suo nome. È necessario che gli amici dell’eroe, in questo caso i genitori , vengano trasformati in maiali sotto gli occhi della figlia, per poter lasciare che Chihiro possa affrontare quel mondo misterioso abitato da antiche divinità ed esseri straordinari, tramite i quali la giovane scoprirà il suo posto nel nuovo mondo e farà ordine nel proprio mondo interiore . Un ordine che deriva dell’interazione con il caos di quella specie di “Paese delle meraviglie” giapponese a cui Miyazaki ha ridato vita .
La tematica principale è la questione dell’avarizia e della avidità umana , peccati cui non sfuggono persino i genitori della protagonista. Per le loro mancanze vengono puniti da una “maga Circe” giapponese, la governante della Città degli Spiriti, Yubaba, personificazione dell’avarizia . Di contro, la sua sorella gemella Zeniba aiuta coloro che riconoscono i loro errori. Una storia che riprende la contesa tra la regina bianca e la regina rossa. Questa lite si fa portavoce della dicotomia natura / cultura della tradizione occidentale e del contrasto da sempre vivo nella società giapponese tra la dimensione industriale e quella domestica e tradizionale. Come nella tradizione letteraria greca, la maledizione di un membro della stirpe ricade sui suoi eredi, così anche la coraggiosa Chihiro dovrà rimediare alla hybris, la "tracotanza " dei genitori, e imparerà a guardarsi dall’ossessione di voler comprare e possedere tutto. Morale della storia sta proprio nella gioia di dare senza chiedere nulla in cambio. Solo avendo cura dei propri bisogni spirituali, si può avere cura dell’ambiente che ci circonda . La ragazzina non avrà niente in cambio dai personaggi che aiuterà lungo il cammino se non un possesso immateriale che le servirà per la vita, la formazione di una solida personalità.
I personaggi sono attinti dalla tradizione giapponese, ma molto fedeli ai loro archetipi occidentali. Propp docet. La protagonista inizialmente immatura e quindi poco consapevole del mondo che la circonda è guidata da uno Stregatto in versione giapponese, ma avvolto dal mistero . Un’ampia varietà di metafore si dispiega davanti agli occhi dello spettatore, indimenticabile è quella di Senza-Volto, allegoria degli emarginati e di quelli che non hanno ancora capito quale posto assumere nel mondo e nella società.
Quello che a distanza di anni mi colpisce ogni volta è la grafica , così ” pulita”, ma allo stesso tempo ” essenziale ” , un ritorno alle origini per occhi abituati a grafiche poco essenziali e troppo complesse. E’ il viaggio unico di una ragazzina alle prese con la propria crescita personale nella città dell’infanzia da cui tutto è iniziato e dal quale bisogna ritornare per poter affrontare al meglio la nuova vita di adulti e consapevoli. E’ un rito di passaggio, in cui il mystes Chihiro viene iniziata dal drago bianco , suo mistagogo, che le permetterà di giungere a quella maturazione che le servirà ad intraprendere un ulteriore viaggio proprio per salvare il suo mentore. È il viaggio della vita, in cui indossiamo varie maschere e assumiamo vari nomi, dateci dalla società. Questa critica mi fa riportare alla mente opere di Pirandello e di Wilde. Qui ” l’importanza di chiamarsi” Chihiro è difesa strenuamente dalla protagonista. La ragazzina ha compreso che, solo grazie alla” sparizione “( termine presente nel titolo originale del film) che implica il cambiamento nell’ordine precostituito, può costruire con coraggio l’identità che assumerà in futuro.
Edited by la signorina kobayashi - 30/5/2022, 13:42
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