tranquilla, che ora Tantei(ovvero io) posterà il secondo capitoloXD
cara kagura, mi sà che vinco ioXD
Secondo capitolo
Dire che intorno a noi c’è il nulla è dir poco.
Non so nemmeno come ci sono finita in questo posto : uscita fuori dal condotto non ho avuto nemmeno il tempo di ragionare su dove ero finita che due braccia mi avevano issato sulle spalle del legittimo proprietario, il ragazzo di prima.
Non ho idea di come abbia fatto a trovarmi. Lui ha sdrammatizzato dicendo che era destino che noi due ci rincontrassimo, e soprattutto che mi avesse trovata senza essere stato scoperto prima lui.
Ma in quel momento non ero in vena di ragionare razionalmente e chiedere spiegazioni al diretto interessato, e quindi mi limitai a farmi portare in spalla senza dire una parola e sperando di scappare il più lontano possibile.
Non so come il ragazzo diavolo abbia fatto, ma tra gli spari e gli attacchi dell’esercito verso la popolazione di Ishbal, era riuscito a mescolarsi tra la polvere e a direzionarsi lontano da tutto quello che costituiva guerra, morte, dolore e qualsiasi cosa che aveva a che fare con l’esercito.
Ed eccoci qui in una zona disabitata in mezzo al deserto, senza cibo e senza forze.
Sono ormai accasciata per terra con la sabbia negli occhi pregando che queste sofferenze finiscano presto.
Non ho la minima idea di dove siamo.
Il deserto che circonda per kilometri Ishbal nel posto dove sto giacendo diventa sempre più terriccioso e da qualche parte si può vedere qualche erbaccia crescere : immagino che quindi mi trovo nella parte sud dell’ Est.
Ma il pensiero di essere lontana da laboratori e sale operatorie adesso non mi solleva più di tanto.
L’aria è calda e secca, non permette di respirare.
La sabbia brucia sulla mia pelle, e i miei capelli lunghi ormai crespi e appiccicosi mi solleticano il viso.
Non c’è nessuno, non c’è acqua, non c’è cibo.
Raggomitolata sul tappeto di sabbia mi volto verso l’altro ragazzo in mia compagnia.
Ha i capelli neri un po’ incrostati dalla sabbia e dal sudore, e sul volto due occhi grigi spenti guardano l’orizzonte sabbioso. Il suo viso trasmette rancore, dolore, solitudine … come me.
Forse sarà il mio sguardo forse troppo insistente e ingenuo, che spinge lui a voltarsi e tentando di farmi un sorriso forse per incoraggiarmi … ma io non rispondo al gesto poiché il mio dolore si rispecchia nei suoi occhi.
Credo che tutti e due in questa situazione avremmo voluto farla finita, morire, dare pace a quello che attraversava la nostra anima e la nostra coscienza, ma eravamo consapevoli di essere ancora vivi.
Nessuno di noi due parlava da non so quanto tempo. Nessuno di noi due dava segno di vita.
Non so quanto tempo è passato, quante ore o meglio quanti giorni.
Adesso mi limito a guardare il cielo scuro della sera, senza trarne sollievo, anzi chiedendomi se esistesse veramente qualcuno lassù di così crudele da far soffrire dei singoli individui in questo modo.
Ho la gola secca e il respiro debole, per non elencare gli altri dolori dovuti anche ai precedenti esperimenti fatti su di me, anche se adesso il dolore che mi travolgeva non era per niente fisico.
Ho paura di ricordare. Ho paura di sapere quale sarà la mia fine.
Non so come mai questo destino al dir poco crudele fosse capitato a me.
Non so cosa sono … e mentre tento di afferrare l’aria con un respiro mi chiedo semmai sopravviverò .
Nemmeno le lacrime sgorgano dai miei occhi, a causa dell’aria così secca e irrespirabile.
- Quale potrà essere il nostro destino, adesso ? - sussurrò con appena un filo di voce, la figura accanto a me.
Il destino … già …
- Il destino è come la morte : non si sa mai come sarà e quale sarà- penso, purtroppo a voce alta, e di conseguenza inghiottendo una manciata di sabbia alzatasi con quel poco di vento che c’è.
Mentre cerco di sputare (con ancora un po’ di vitalità che mi è rimasta) quello che ho accidentalmente ingoiato, da accanto a me si ode una risata debole ma beffarda :
- Eh già … come la morte … Ma ormai per noi non fa più differenza - dice con tono sarcastico quel ragazzo, che insieme a me, aspetta di morire.
È sera, e il tramonto colora il cielo di diverse venature di arancione e rosso.
La sabbia che raschia la mia pelle sta diventando sempre più fredda, e le mie palpebre incrostate di essa cominciano a cedere lasciandomi quasi sul punto di uno svenimento.
So che non c’è speranza, che probabilmente è scritto da qualche parte che io debba morire in qualche dannato modo.
Affamata, assetata, priva di forze perfino per respirare e dolorante, aspetto quasi con sollievo che la morte venga a prendermi.
Vinta dal dolore, al calar del tramonto , lascio le mie palpebre chiudersi e i muscoli distendersi.
Intorno a me si fa buio. Un’ altra volta.
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spero ti sia piaciuto anche questo capitolo, kazu^^