Dwalin2010 |
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| QUOTE (Sherlock™ @ 18/6/2010, 19:50) Il tuo modo di ragionare è fuori luogo in queste situazioni. Dietro ogni delitto c'è un movente, una risposta che ne fà da soluzione apparente. Le motivazioni possono essere svariate, da un killer seriale condizionato dalla pazzia a quello che uccide per vendetta, entrami hanno di che giustificarsi. Il primo è affetto da paranoia e instabilità mentale, i quali lo spingono nel credere di essere in una situazione critica esasperante e questo lo rende erroneamente consapevole che ormai anche fermandosi dalle sue atrocità non cambierà nulla. Colpevole è e colpevole sarà. Il secondo decide di fare giustizia da solo, un motivo lo spinge a tale insana decisione. Possa essere questo un suo credo di inefficienza riguardo le giustizie e le forze ufficiali, o altrettanto può essere motivazione ch'egli ritiene le pene di detenzione indegne per gli atti compiuti dal colpevole. In ogni caso entrambi sono moralmente e giuridicamente persone senza congnizione di causa, essi non si rendono conto di quel che fanno, o meglio, lo sanno ma non se ne fanno motivo fino a quando non cadono in uno stato di conflitto psicologico. Se tu però ragioni in questo modo significa che non hai capito il valore della vita. E' una questione di fatto che se io uccido una persona, uno stretto amico, o un famigliare di quest'ultimo proveranno rancore nei miei confronti. Ma se essi decidono di affidarsi alle vecchie barbarie del tipo Occhio per occhio, dente per dente allora esse stesse non sono persone sane. Perchè se decidono di uccedermi, cosa le rende differenti da me, che ho ucciso una persona ? Loro uccidono per un motivo, e io per cosa ho ucciso ? Non è forse per un motivo che io tolsi la vita ad X ? E' come il discorso delle scatole cinesi e anche del discorso del creatore, ovvero Dio. La mia non era una domanda sui serial killer e neanche era un tentativo di giustificare gli omicidi “fondati”, ma sulla reazione di un detective che affronta un omicidio per disperazione, come quello nella “Baia della vendetta”. E’ normale essere dispiaciuti di fronte a una tale tragedia. E’ chiaro che la donna deve andare in galera perché la legge è uguale per tutti, ma nel mondo reale le persone normali provano almeno un po’ di compassione per il criminale e il dispiacere per la sua vita. Veramente nessuno sa come si comporterebbe se fosse nei panni dell’imputato. Nella vita non si misura un criminale senza scrupoli e un disperato con lo stesso metro, neanche nei termini legali: il codice penale trova gli attenuanti per quest’ultimo. Conan, però, nella stragrande maggioranza dei casi si comporta come se fossero 2 situazioni identiche. Spero solo che la mancanza di psicologismo sia dovuta al genere (poliziesco con degli elementi di commedia) e non all’immaturità del personaggio.
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