Detective Conan Forum

Holmes e altri stracci della mia vita., Johanna, giovane detective in garriera, deve lottare nuovamente contro il suo più grande nemico: il passato.

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Shinichi Girl
view post Posted on 21/11/2011, 17:49     +1   -1




Hola!
Sono tornata con una Non-ConanFanfic.
E' una storia un pò drammatica, e non so fino a che punto mi spingerò. So che in molti non la leggeranno perchè è una vera rottura, ma vorrei avere la soddisfazione a pubblicarla! :D Se poi la seguite, mi fate un favore maggiore ^^
Accetto complimenti e critiche, però vorrei che quest'ultime no fossero volgari!
Vi ringrazio per l'attenzione, e mi scuso per la rottura!
Shinichi Girl

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Tiziano Terzani disse: “Vivete ora, vivete nel momento. Il futuro non esiste. Siatene coscienti: ora.”.

Tese la sua pallida mano verso Eva, aspettando il fascicolo. Quando lei glielo passò sorrise disgustata.
-Come ha fatto Lestrade a non accorgersi di un dettaglio? I sospettati sono due: una donna e un uomo. E’ naturale che un capello rinvenuto vicino al corpo della vittima (che poi si è scoperto appartenere alla sospettata) e le quaranta coltellate sul cadavere, facciano direttamente pensare ala sospettata, ma è anche chiaro che così tanta forza nell’accoltellare una sua coetanea, la sospettata tredicenne non poteva mettercela. E poi, caro Watson, non ha sentito l’odore di tabacco nei capelli della vittima?
Eva annuì, per poi parlare.
-Certo, ma è anche vero che la vittima fumava.
La donna che giocava a fare Sherlock Holmes, scosse la testa.
-Ecco mio caro Watson, ora viene fuori quanto lei sia superficiale. La fragranza di tabacco nei capelli della vittima, non sono delle sigarette che usava lei.
Eva spalancò gli occhi.
-Johanna, basta scherzare! Non basta un odore come prova.
Johanna annuì.
-Portami dal sospetto.
Eva sorrise ed andò in bagno a rifarsi il trucco. Johanna si accontentò di risalire i suoi occhiali e di mettersi una penna in bocca.
Quando Eva uscì, afferrò il suo tablet e lo mise dentro la borsa.
Johanna si arrotolò la sua sciarpa rossa e verde attorno al collo e scese velocemente le scale, per poi salire sulla sua Porsche nera, lasciando il posto di guida ad Eva.
Eva aveva diciannove anni, quasi venti, e lavorava per Johanna come segretaria. Aveva i capelli a caschetto lisci e castani e non aveva mai un capello fuori posto. Senza di lei Johanna sarebbe stata rovinata.
Eva viveva da due anni con Johanna, di anni ventitré, e da due anni l’aiutava nelle faccende domestiche. O meglio, eseguiva le faccende domestiche!
Johanna aveva degli splendidi capelli ramati, spettinati sempre, che le ricadevano su una spalla. Di lei non si sapeva niente. Era diventata una detective di fama mondiale a sedici anni, dopo aver risolto un caso di omicidio nel suo paese natale, Londra. Dopodiché si era trasferita all’età di diciotto anni in Giappone, dopo un insuccesso con un caso. A ventun’ anni tornò a Londra. Lì acquisto ancora più fama ed ormai, come il grande Sherlock Holmes, veniva chiamata anche da Wells a risolvere i casi più difficili, ma anche i più semplici; questo Wells, era un mattacchione di Scotland Yard invaghito di lei, che non sapeva nemmeno riconoscere un assassino con la maglia sporca di sangue.
Johanna amava profondamente Sherlock Holmes e nella sua vita paragonava ogni personaggio ad una persona, badando solo al lato caratteriale, indipendentemente dal sesso o dal fisico. Per esempio, lei era Sherlock Holmes, Eva era il buon Watson, Wells, invece, Lestrade. Poi c’era Guido, un taxista, fidanzato con Eva, ch’era il suo Mary. Riguardo ad Irene, Johanna non ne aveva bisogno, preferiva vivere senza nessun’uomo. La sua domanda più frequente era come avrebbe fatto dopo che Eva e Guido (Watson e Mary) si sarebbero sposati. Dopotutto, la ragazza aveva diciannove anni, e sperava vi mancasse ancora del tempo fino a quella data.
Eva parcheggiò davanti al marciapiede e lasciò scendere Johanna, per poi scendere anche lei.
La nostra Sherlock, sentì un rumore di un trapano provenire dall’abitazione. Lo scrisse sulla mano, con la penna che cacciò dalla tasca.
Citofonarono più volte, finché un uomo di mezza età aprì la porta.
-Chi diavolo siete?! – disse e sussultò alla vista delle due giovani ragazze.
-Stiamo lavorando sul suo caso. Non sto né dalla parte di Lestrade né dalla sua parte. Ho una visione oggettiva delle cose e ho bisogno di parlarle. – improvvisò Johanna.
L’uomo si grattò la testa e lasciò entrare le due ragazze. Sugli uomini Johana faceva sempre quell’effetto strano, che non si può descrivere. Nel suo vestire con jeans e felpa, nella sua trascuratezza, aveva una femminilità più acuta di Eva, molto più curata di lei.
Per non parlare poi della sua decisione nel parlare. Non si poteva mai prendere alla sprovvista.
Johanna nell’entrare, si tolse le scarpe. Eva la copiò.
-Non capisco perché le avete tolte… -disse l’uomo, indicando le due paia di scarpe.
-Deve sapere che Johanna è un amante dell’arte e delle tradizioni giapponesi. Tutta la nostra casa è in stile orientale. A casa degli altri si toglie le scarpe perché crede che sia buona abitudine. – rispose Eva.
-E perché lo fai anche tu, eh?
Eva guardò Johanna che gironzolava per la casa con la penna in bocca, e scriveva sulla mano qualcosa mentre osservava mobili e oggetti.
Poi si strinse tra le spalle e guardò l’uomo sorridendo.
-E’ diventata un’abitudine.
L’uomo, ancora più stravolto di prima, le fece accomodare sul divano.
-Dunque siamo qui perché lei è indagato per l’omicidio di una tredicenne. Lei è il mio maggiore sospettato. – disse Johanna.
In quei momenti, Eva aveva l’ordine di trascrivere tutto, facendo anche una registrazione audio e stare in silenzio, senza intromettersi. E così estrasse il tablet e cominciò a scrivere.
L’uomo arricciò gli occhi.
-Io non centro. Sono innocente e sempre lo sarò.
-Lei fuma?
L’uomo annuì.
-Me ne da una?
L’uomo sgranò gli occhi, senza rispondere. Strinse il pacchetto di sigarette nella sua mano, indeciso se porgerle o no alla donna.
-Scherzavo. Lasci che le riepilogo i fatti. E’ stata ritrovata una tredicenne morta, in uno dei vicoletti di Londra, con all’incirca quaranta ferite sul tutto il corpo. Gli unici indizi sono l’odore di fumo tra i capelli della ragazza e un simbolo che ha lasciato prima della sua morte. E’ un triangolo con sopra delle ondicine disposte in senso verticale. Inizialmente c’era solo una sospettata: una sua coetanea che la odiava, fino al punto di aver giurato più volte che l’avrebbe uccisa perché le aveva rubato il fidanzato. In seguito però, si è scoperto che la ragazzina da qualche mese faceva uso di stupefacenti e naturalmente non aveva più soldi propri per comprarli, essendo che non aveva dento niente a sua madre. A questo punto comincia a comprare droga a quintali, facendo credito con l’uomo che gliela procura: quest’uomo ce l’ho davanti a me. Le quaranta coltellate farebbero pensare subito alla ragazzina, ma sono state inferte con troppa forza. Il fumo tra i capelli, ci fa subito pensare ad un accanito fumatore, che nei momenti di nervosismo, naturalmente fuma. Che è un accanito fumatore, lo si può capire dalla mano che la ragazza si è passata sul naso mentre l’assassino l’accoltellava.
-Chi vi dice che io sia colpevole?! E chi vi dice che la ragazza si è passata la mano sul naso? – disse l’uomo, furioso.
-Alcune prove lo lasciano supporre. Riguardo alla seconda domanda: le adolescenti di oggi portano unghie abbastanza lunghe e curate, quindi la ragazza si sarà passata la mano sul naso proprio durante una delle coltellate che le hanno prodotto più sofferenza e dolore, forse una delle prime. A questo punto si è stretta con forza il naso e ha lasciato dei graffi, spezzandosi un unghia. Ora capisce?
L’uomo annuì.
-Mi lasci continuare. L’altro indizio, il messaggio in fin di vita, è quello su cui ho più riflettuto. Il triangolo sta a significare Dio, e ho pensato a qualcuno che per lei era come un Dio. La mia prima teoria non ha prodotto risultati e quindi ho dialogato a lungo con le amiche e i parenti della ragazza, e sono venuta a sapere che la vittima era un’amante dell’alchimia. Questo voleva dire che il triangolo poteva avere un significato alchemico: il fuoco. Le ondicine sopra mi lasciarono perplessa, ma poi mi resi conto che erano simili a quelle ondicine che in realtà rappresentano il fumo stilizzato della sigaretta sul cartello esposto nei locali, che indicano il idvieto di fumare. Questo fornì un’altra prova per la mia ipotesi. Allora?
L’uomo rispose con una sonora risata. –Ma le pare, disse poi, che io possa mai sferrare tutte quelle coltellate ad una ragazzina!
-Si è contraddetto.- rispose Johanna. I suoi occhi si erano fatti gelidi e penetranti.
-Co.. cosa?
-Come faceva a sapere che erano coltellate se io non l’ho mai detto a lei, e ho riferito alla polizia di non dare nessun dettaglio ai sospettati. Mi risponda.
-Io sono innocente.
Johanna si tirò su gli occhiali e si strinse nelle spalle.
-Comunque sia, ho qualcos’altro per cui incriminarla.
L’uomo fece la faccia di uno che non ci capisce più niente, mentre guardava Johanna allontanarsi verso un mobile posizionato all’ingresso.
La ragazza aprì tutte e due le ante, cacciò la penna e se la mise in bocca.
Eva, mentre la guardava che preparava uno dei suoi pugni, la cercò di bloccare.
Johanna la fulminò con lo sguardo, rompendo la parete interna dell’armadio.
Fu qualche secondo. Mentre i pezzi di legno volavano a destra e manca, l’uomo era diventato pallido e aveva lasciato cadere il suo pacchetto di sigarette. Eva si era accasciata per terra pensando ai danni da ripagare.
Johanna cacciò dei sacchetti contenenti una sostanza bianca.
-Ecco cosa non mi quadrava. Il fatto era che misuratolo esternamente, la lunghezza di sessantacinque centimetri. Internamente, solo di cinquanta. C’era un doppio-fondo.
Dopo che fu chiamata la polizia, l’uomo confessò sia lo spaccio di cocaina, sia l’omicidio.

Aveva lo sguardo rivolto verso le luci sulla strada, che parevano tante piccole comete che viaggiavano. Eva ogni tanto distoglieva gli occhi dalla via che percorrevano per guardare Johanna che faceva l’offesa e non la degnava nemmeno di uno sguardo.
Era sempre così, quando doveva uscire con Guido.
Parcheggiò davanti casa e salì di furia le scale, quando si accorse che suonavano già alla porta. Si cacciò le ciabatte e rimise le scarpe, scendendo le scale nuovamente ed aprendo la porta. Davanti a lei si trovò un ragazzo alto ed elegante con gli occhi celeste come il ghiaccio, ma caldi. Era visibilmente ansioso. Eva chiese cosa voleva.
-Fatele questo segno. –disse l’uomo, congiungendo i suoi due indici e i suoi due pollici ottenendo così un triangolo.
Di triangoli, Eva ne aveva avuto abbastanza, quel giorno. Tornò sopra ripropose quel segno a Johanna.
La ragazza era seduta sul parquet davanti al tavolo, mentre sorseggiava della cioccolata calda. Al vedere quel segno impallidì e risputò gran parte della cioccolata sul viso di Eva.
-Fuoco… Fire! Firewell! Torna sotto, e aspetta con lui. Tra tredici minuti esatti dovrai tornare sopra e ti riferirò se lo puoi far accomodare o no. –ordinò.
Eva non capiva. Ora si trovava con i pensieri frastagliati e i capelli sporchi di cioccolata. Sbuffò. Scese sotto e riferì tutto all’uomo. Notava ora che aveva in mano una ventiquattr’ore e un cappotto lungo e nero, con una sciarpa nera anch’essa.
-Posso sapere il vostro nome?- chiese Eva.
-No.
La ragazza storse il naso. Alla faccia della galanteria!
Passarono tredici minuti e salì nuovamente le scale. Johanna fece cenno di farlo salire.
Riscese e chiamò l’uomo, per poi risalire nuovamente.
Risultato: una Eva allungata per terra che telefonava Guido, dicendo di non potere più uscire.
Johanna, appena entrò l’uomo, fece finta di niente, continuando a sorseggiare cioccolata calda.
L’uomo si accomodò da solo sul sofà.
Eva andò a farsi una doccia.
-Allora, che vuoi? – disse Johanna.
-Bè, sono passati otto anni precisi e spaccati e mi saluti così?
Johanna sorseggiò nuovamente della cioccolata calda.
L’uomo sospirò. – Porti ancora gli occhiali che ti aveva regalato. Dimmelo: sei ancora offesa?
Ora, la cioccolata aveva imbrattato tutto il tavolino e tutto il viso di Johanna, compresi i suoi grandi occhiali neri.
L’uomo continuò: - Te li aveva regalati perché eri una fan accanita di quel cartone, Detective Conan, e quelli sono uguali agli occhiali del protagonista.
-Quello si chiama anime, no cartone, imbranato.
-Qualcosa mi dice che sei ancora offesa con me.
Johanna, con un gesto tranquillo raccolse la tazza della cioccolata e sorrise all’uomo. Sussurrò qualcosa e si fece scura in volto. La tazza sorvolò il capo dell’uomo.
-Ora basta, bambina viziata! – urlò lui.
Si fiondò verso la bambina viziata e la prese per la maglia, attaccandola al muro.
-Spiegami qual è la mia colpa.
-La tua colpa – disse la ragazza, scrollandosi le mani dell’uomo di dosso – è non averla salvata.
-Avevo solo diciannove anni!
-Eri il detective più famoso di Londra! – ribatté Johanna, lasciandosi cadere per terra. Lacrime amare le rigarono il viso.

“Ognuno di noi conserva qualcosa di una persona, e lotta e prende decisioni d’istinto, al fine di proteggerla fino alla morte.
Io lo avevo giurato che ti avrei protetta fino alla morte, ma per quanto io possa dire su di me, ti ho ingannato per tanti anni.
Poi alla fine, come uno svergognato ho deciso di andare via, sentendomi morto dentro.
Ma ora no; non voglio mentire. Voglio sentirmi vivo.
Ci voglio provare, devo solo farmi coraggio.
Il giorno in cui mi verrà data l‘opportunità di cambiare potrebbe essere domani. O oggi stesso.
Sono partito così, su due piedi, senza dirti niente, pensando di dimenticare te e tutto ciò che mi faceva pensare a te, confondendo il coraggio con la paura, la saggezza con l’orgoglio. E ti ho lasciata. Sola.
Cos’è in fondo, che ho ottenuto?
Io, però, ti ho sempre pensata e non mi sono dimenticato né di te né delle cose che ho da dirti.
Ho desiderato di morire, senza te.
Ma ora no; non voglio morire. Non voglio fare una simile follia.
Ci voglio provare, cacciando la mia voce. E mi riconoscerai, perché aprendo la tua porta di casa, urlerò il tuo nome.
Il giorno in cui aprirò quella porta, potrebbe essere domani. O forse oggi.
Dicevo che era il mondo complicato, che eri tu, complicata. Ma in realtà lo sono io.
I momenti di silenzio che passavano, come una lenta agonia (perché in fondo era, una lenta agonia).
Ci rendiamo conto di quanto le cose e le persone sono importanti, solo quando le perdiamo. Ed io, m’ero accorto di quanto tu fossi preziosa troppo tardi.
Ma ora no; non voglio mentire.
Ci voglio provare.
Voglio sentirmi di nuovo vivo, per camminarti accanto. E per starti vicina un’ultima volta.”
Ispirato a ‘Don’t Wanna Lie’ dei B’z.

Quando l’aveva baciata, sentiva le sue lacrime salate sulle sue labbra e quando staccò le sue labbra, si accorse che Johanna era svenuta. Sapeva che non doveva farlo, sapeva che ora la sua eterna fidanzata, la sorella di Johanna, si stava rivoltando nella tomba. Liz, quello era il suo nome.
La terra non aveva mai visto due sorelle che fossero tanto diverse in tutto. Eppure gli occhi vivaci di Johanna, erano uguali a quelli sprizzanti di allegria di Liz. Fino al giorno in cui la uccisero. Lì persero la loro lucidità. Erano angoscianti e vecchi, erano occhi di una ragazza che aveva sulle spalle venti anni in più, che però non si vedevano.
Lui aveva agito d’istinto, mentre la vedeva piangere e mentre si accasciava per terra senza sensi.
I suoi occhi erano troppo soli e tristi, come quelli di Liz quando l’aveva presa in braccio, mentre era in agonia.
Lui non l’amava quella ragazza, ma i ricordi riaffioravano, e gli parve di vedere Liz. Per questo, e solo per questo l’aveva baciata.
L’adagiò sul divano e si chiuse la porta dietro.
Quando Johanna rinvenne, era sola, con uno strano sapore sulle labbra che non si sapeva spiegare.
Eva dormiva.
Si mise un cappotto ed uscì.


 
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view post Posted on 25/11/2011, 19:38     +1   +1   -1
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Londra, 221b di Baker street, Coinquilino di Mr. Sherlock Holmes e del Dottor John H. Watson

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Molto bello questo racconto, mi piace molto il personaggio principale spero che tu la continui ;)
 
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Shinichi Girl
view post Posted on 27/11/2011, 14:35     +1   -1




Sìsì :) presto pubblicherò il secondo capitolo ^^ grazie mille per aver letto :D
 
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2 replies since 21/11/2011, 17:49   78 views
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