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Una Nuova minaccia, Il sequel di Ombre dal passato

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view post Posted on 11/9/2012, 09:07     +2   +1   -1
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Ecco il primo capitolo del nuovo racconto. Questo è il continuo di Ombre dal passato; sono trascorsi cinque anni, nuove minacce s'addensano sulla famiglia Kudo. La terza parte del racconto si trova qui #entry409183495

Capitolo 1 Ritorno a Beika #entry364551519
Capitolo 2 Una nuova conoscenza #entry364642890
Capitolo 3 Una richiesta d'aiuto #entry364729894
Capitolo 4 Christine #entry364821469
Capitolo 5 Chiarimenti notturni #entry364900813
Capitolo 6 Fiori d'arancio #entry364996232
Capitolo 7 Un ospite inatteso #entry365056751
Capitolo 8 Promesse ed indagini #entry365133936
Capitolo 9 Un nuovo detective #entry365213960
Capitolo 10 Finesettimana ad Izu (1^ parte) #entry365290395
Capitolo 11 Finesettimana ad Izu (2^ parte) #entry365367118
Capitolo 12 Finesettimana ad Izu (3^ parte) #entry365440825
Capitolo 13 Momenti in famiglia #entry365501784
Capitolo 14 Il segreto di una donna #entry365578359
Capitolo 15 L'incendio #entry366079494
Capitolo 16 Nel momento del bisogno #entry366439778
Capitolo 17 Disperazione #entry366439778
Capitolo 18 Un alibi di ferro #entry366856501
Capitolo 19 Ricordi ed investigazioni (1^ parte) #entry367129625
Capitolo 20 Ricordi ed investigazioni (2^ parte) #entry367345464
Capitolo 21 Ricordi ed investigazioni (3^ parte) #entry367466352
Capitolo 22 Accuse e sparizioni #entry367730523
Capitolo 23 In cerca di normalità #entry367986788
Capitolo 24 Il passato ritorna #entry368209388
Capitolo 25 A tu per tu con il nemico #entry368388693
Capitolo 26 Dentro la villa #entry368637166
Capitolo 27 Martini #entry368795314
Capitolo 28 Gioco d’astuzia #entry368990553
Capitolo 29 Vecchie conoscenze #entry369223131
Capitolo 30 La verità viene a galla (1^ parte) #entry369416102
Capitolo 31 La verità viene a galla (2^ parte) #entry371545913
Capitolo 32 Per l'ultima volta #entry371545913
Capitolo 33 Un nuovo inizio (Fine) #entry371545913





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IL RITORNO DELL'OSCURITÀ

PARTE SECONDA - UNA NUOVA MINACCIA

Capitolo 1 Ritorno a Beika

Beika, Agosto 2021

“Forza, lumacona, che siamo in ritardo!”
“Eccomi, arrivo! Cavolo, mi potresti dare una mano, però!”
“Non sono stato io a volermi portare dietro tutta la casa solo per pochi giorni, quindi ora ti arrangi!”
“Grazie, sei sempre premuroso con tua moglie, soprattutto in questo stato”.

Così dicendo la giovane, con una vistosa pancia che la indicava quale appartenente alla categoria “donne incinta”, scese dal treno e posò i bagagli, ingombranti e voluminosi, sulla pensilina. Era una signora di circa 29 anni, abbronzata ed alla moda. I suoi meravigliosi capelli neri, un tempo sempre legati a coda di cavallo, avevano perso dei centimetri ed ora erano corti all’altezza delle orecchie. Suo marito non aveva bisogno d’abbronzatura, essendo sempre scuro di carnagione; sebbene fosse il più stimato detective dell’Ovest non aveva rinunciato, in tutti quegli anni, a mantenere un abbigliamento informale, completo di cappellino con visiera, che era il suo tratto distintivo, oltre al curioso accento del Kansai che li additava ad orecchio come provenienti da Osaka.

Usciti dalla stazione, i due giovani, ormai sposi da circa quattro anni, videro chi li attendeva per portarli nel luogo dove avrebbero alloggiato per quei giorni di trasferta nella capitale. Seduto sulla fontana all’uscita della stazione c’era un uomo, anch’egli di 29 anni, che era reputato una delle menti più brillanti del Giappone in campo investigativo (le donne dicevano anche che fosse uno degli uomini più belli e seducenti del paese, suscitando il pavoneggiamento dell’interessato ed i rimbrotti della sua consorte che tendeva a sminuire queste sue presunte doti da seduttore, sebbene in cuor suo sapesse benissimo che quanto si diceva in giro era assolutamente vero).

Il detective aveva sempre lo stesso viso scanzonato e sbruffone di quando era un liceale, i capelli neri e scombinati e gli occhi azzurri come il cielo. Unica differenza con il passato: i baffetti che, ad imitazione di suo padre, aveva deciso di farsi crescere da qualche tempo, nonostante sua moglie fosse contraria.

Appena vide il suo amico in attesa, Heiji Hattori iniziò a sbracciarsi per attirare la sua attenzione. Con il suo strano accento riuscì a farsi notare da tutti, creando non poco imbarazzo in sua moglie Kazuha, che iniziò a strattonarlo per fargli prendere un certo contegno.

“Si può sapere che cavolo vuoi?”
“Smettila di chiamare Shinichi a voce alta, ci guardano tutti!”
“Oh, smettila tu! Sono tre anni che non ci vediamo, nessuno mi può impedire di salutare il mio amicone!”

Intanto Kudo s’era avvicinato ai due che stavano iniziando ad inalberarsi: nulla di grave, facevano così fin dall’infanzia, sebbene si amassero come il primo giorno, però erano chiassosi oltre ogni sopportazione nipponica ed erano capaci di proseguire per ore, come una vecchia coppia comica ben affiatata.

“Salve, ragazzi, non ci si vede da un pezzo!”
“Ehilà, Kudo, come stai? E che significano quei baffi? Mi sembri tuo padre!”
“Fichi, vero! Shiho dice che non mi donano, ma io li trovo spettacolari … ed anche le mie clienti!”

E così dicendo l’investigatore fece l’occhiolino all’amico.

“Sì, … se lo dici tu, sarà così!”, rispose Hattori non troppo convinto.
“Forza, andiamo in auto, così vi porto a casa, la mia signora vi attende!”

Attraversata la strada i tre raggiunsero la macchina di Kudo, la porsche nera che un tempo era stata di Gin, l’uomo più spietato dell’Organizzazione. In effetti era un dono di nozze di Shinichi a Shiho, ma spesso e volentieri era il marito a guidarla (con gli anni si stava ormai destando in lui la passione per l’alta velocità che aveva ereditato da sua madre, la scatenata Yukiko Kudo), soprattutto quando la donna non la usava, come in quei giorni in cui la facoltà di chimica era chiusa per le vacanze estive.

“Allora, vedo che avete qualcosa da raccontare!”, disse Shinichi indicando il pancione di Kazuha seduta al suo fianco (l’auto non era adatta ad una donna nelle condizioni della signora Hattori essendo priva di sportelli sul retro, quindi Heiji s’era accomodato dietro lasciando il lato passeggero accanto al guidatore alla moglie).

“Beh, cosa vuoi! Siamo sposati e mi sembra ovvio che abbiamo deciso d’ampliare la famiglia. Non sono come qualcuno di mia conoscenza che prima ha scodellato il bebè e poi s’è sposato. Io seguo la tradizione!”, spiegò Hattori punzecchiando l’amico che aveva avuto sua figlia Ran prima di sposarne la madre.

“Sei proprio un vecchio provincialotto! E comunque la tradizione vorrebbe che il bimbo si metta in cantiere il prima possibile, non dopo quattro anni!”, lo prese in giro Shinichi.

“Ed i preparativi a che punto sono?”, chiese allora Kazuha per cambiare discorso.

“Tutto è stato preparato per domani, sapete com’è la signora, preparatevi a qualcosa di faraonico. È stato invitato mezzo Giappone, l’altra metà non poteva venire!”, ridacchiò il detective dell’Est.

Tra una chiacchiera e l’altra l’auto raggiunse villa Kudo, dove i due giovani di Osaka sarebbero stati ospitati per l’occasione. Shinichi, dopo aver fermato l’auto in garage, aiutò Kazuha a scendere e prese i suoi bagagli.

“Guarda che è perfettamente in grado di portarseli da sola!”, puntualizzò il marito.
“Non sia mai che Shinichi Kudo non aiuti una donzella in difficoltà, soprattutto se incinta!”, sentenziò l’amico.
“Ecco, prendi esempio da lui, cafone!”, aggiunse la giovane.
“Senti, tu non credere di potermi parlare così!”
“Lo credo, eccome se lo credo!”
“Su, su basta così. Finitela di discutere, mia moglie ci attende”, mise pace Kudo che poi pensò tra sé “certo che le porto le valigie, altrimenti chi la sente la mia signora!”

Entrati in casa furono raggiunti da Shiho che corse incontro a Kazuha e l’abbracciò forte.

“Da quanto non ci vediamo, come stai? Vedo che ci sono novità! E per quando è previsto il lieto evento?”, chiese la Miyano.
“Per Novembre. Shiho, anche io sono felicissima di vederti, sei sempre in forma. Ed anche i capelli ti stanno una favola!”

Shiho Miyano era sostanzialmente la stessa di cinque anni prima, bella, con due meravigliosi occhi azzurri ed i capelli ramati. Ma proprio la chioma era mutata in quel tempo. Mentre in precedenza aveva avuto un caschetto molto bello, da alcuni anni aveva deciso di far crescere i suoi capelli che ora le giungevano quasi oltre le spalle rendendola ancor più bella del passato.

“Shiho, sei stupenda!”, proruppe in ammirazione Hattori, “lo stesso non si può dire di tuo marito … ma che significano quei baffi?”
“Non me ne parlare”, sospirò la donna, “sono dieci giorni che s’è inventato questa storia. Dice che lo rendono più maturo; a me sembra un vecchio; … non hai mica cinquant’anni, pezzo di scimunito!”
“Non capisci nulla di moda maschile. Anche l’aspetto è importante nel mio lavoro!”
“A me sembri il detective Mori”, concluse Heiji.
“Ma che cavolo dici!”, protestò l’amico.
“E la piccola Ran, dov’è?”, chiese Kazuha.
“In campeggio con sua zia Ran e con suo marito, tornerà più tardi. È via da due settimane, mi manca da morire, ma con la facoltà non potevo accompagnarla; mister allegria, qui, è sempre implicato in morti ammazzati e non aveva tempo, ed alla fine è andata da sola con Ran.”, spiegò la signora Kudo.

Completati i saluti, gli ospiti furono accompagnati nella loro camera. Kazuha decise di riposare un po’, il viaggio da Osaka con lo Shinkansen, sebbene rapido e con tutte le comodità, era stato stancante per una donna nel suo stato. Suo marito si ritirò con Shinichi nella grande biblioteca di villa Kudo che fungeva anche da studio ed ufficio per il detective dell’Est.

“Qui non è cambiato nulla, nonostante non ci si veda da qualche tempo. Cosa mi racconti?”, chiese Hattori.

“Va tutto a meraviglia, questi anni sono passati in un attimo, sembra ieri che salvavo Shiho da Bourbon ed invece sono trascorsi già cinque anni. Dovresti vedere mia figlia com’è cresciuta nel frattempo, è una signorina ormai, ed è curiosa più di me. L’altro giorno l'ho sorpresa seduta su quel divano intenta a sfogliare un libro della biblioteca, mi sono avvicinato e le ho chiesto cosa volesse fare. Lei m’ha risposto che lo voleva leggere ma che non ci riusciva, era troppo complicato. Sai, sa leggere, la piccola, ha imparato molto presto e legge pure bene per la sua età, all’asilo sono tutti stupiti, ma in effetti era un libro troppo difficile, diversi kanji sono troppo complicati per lei. Sai cosa voleva leggere?”, domandò compiaciuto Kudo.

Heiji fece segno di no con la testa, allora l’amico si gonfiò il petto d’orgoglio e, con un super sorriso che gli riempiva la faccia, rispose:

“Il segno dei quattro di Conan Doyle, il mio romanzo preferito tra quelli con protagonista Holmes. Eh, eh, eh, ha i miei stessi gusti!”

“E che cosa hai fatto, dopo aver smesso di complimentarti con te stesso?”

“Che poteva fare? Quel pazzo s’è seduto accanto a Ran ed ha iniziato a leggerle il volume. Dico io, ma si può leggere un giallo di Doyle ad una bambina di cinque anni?”, s’intromise Shiho sopraggiunta dal piano superiore. In braccio aveva la “piccola americana”, come la chiamavano tutti, ossia la secondogenita, Akemi Kudo, nata quattro anni prima e che doveva il soprannome all’essere stata concepita durante un soggiorno alle Hawaii.


CONTINUA

Nel prossimo capitolo:


Qualche ora dopo anche la primogenita fece ritorno al nido. Accompagnata da Ran, giunse Ran Kudo, che della zia Mori portava il nome.


Edited by Hikaru Ichijyo - 5/9/2015, 09:48
 
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Capitolo 2 Una nuova conoscenza

“Allora è questa Akemi!”, esclamò Heiji, “finalmente la conosco. Quando ci siamo sposati non era ancora nata, poi siete venuti voi ad Osaka ma non l’avete mai portata, genitori insensibili. Ecco la piccola, ciao bella!”

La bambina aveva i capelli nero corvino come suo padre, anzi secondo nonna Yukiko era Shinichi spicciato alla sua età; sebbene Ran fosse molto affezionata alla sorellina, i suoi non avevano voluto che andasse in campeggio e l’avevano tenuta in casa.

“Ma che cattivi, perché non l’avete mandata con sua sorella? Avreste potuto fare gli sposini, tutti soli soletti, e magari le davate un fratellino!!”, ammiccò Hattori verso Kudo.

“La vuoi smettere? La piccola non è stata bene, aveva avuto una piccola influenza estiva e non ce la siamo sentita di farla partire. Vieni, Akemi, saluta lo zio Heiji!”

La bambina scese dalle braccia di sua madre, s’avvicinò al detective dell’Ovest, lo scrutò con attenzione e poi, con tono serioso, gli disse:

“Il pigmento della tua pelle contiene troppa melanina, e questo ti fa avere quel colore così scuro. Deve essere un fattore genetico ereditario!”

Hattori si terrorizzò, si voltò verso Shinichi e gli bisbigliò:

“Ma per caso tua moglie s’è messa di nuovo a giocherellare con l’APTX ed ha rimpicciolito un premio Nobel?”

L’amico lo guardò di traverso, lo spinse via e lo apostrofò:

“Ma sei tutto scemo? Quella è mia figlia, che cavolo dici? Sì, forse ha qualche nozione base di scienza, ma insomma … con una madre come quella!”, ed indicava Shiho che, trasudando compiacimento da ogni poro, s’era avvicinata alla bambina e l’aveva abbracciata stretta; poi proseguì, “ed il bello è che poi critica me se leggo gialli a Ran! Ce ne vuole faccia di bronzo!”

Miyano lo guardò di traverso, con i suoi occhi azzurri divenuti come lame di pugnali, suo marito preferì cambiare discorso:

“Ma, invece tu che hai fatto in questo tempo? Perché non siete mai venuti a trovarci? Eppure vi abbiamo invitato spesso”.

“Purtroppo siamo stati super impegnati, i criminali ad Osaka non riposano, e poi ho fatto richiesta per entrare in polizia. Sono ispettore, ormai!”

“Bell’amico, potevi avvisarci. No, io ho deciso di rimanere in proprio. L’anno scorso ho comunque preso la laurea in criminologia ed ho poi seguito un corso del ministero dell’Interno per ottenere una qualifica ed una specializzazione. Ma non ho voluto entrare come effettivo in polizia, sebbene Megure mi abbia pregato a lungo, li affianco come consulente esterno, e questo ha ovviamente un costo, … per loro. Ora mi occupo di mogli tradite, mariti cornuti, gattini scomparsi, truffe, qualche omicidio passionale, una rapina in banca ogni tanto, cose del genere, insomma, ma nulla di pericoloso. Così posso gestire il mio tempo e trovare sempre uno spazio per le mie donne. Adesso sto seguendo il caso di una donna, che è anche la babysitter delle nostre piccole, che sta cercando suo padre scomparso quando era neonata, pensa che …”.

“Ora basta chiacchierare, Heiji, vai a svegliare tua moglie, è ora di pranzo!”, si intromise Shiho che diveniva di pessimo umore ogni volta che si toccava il tasto “tata”, “voi due altrimenti sareste capaci di parlare per ore facendomi rovinare quanto preparato per l’occasione”; mentre lasciavano lo studio, Miyano non poté fare a meno di notare che un impercettibile velo di tristezza aveva offuscato, solo per un secondo, il viso di suo marito mentre parlava dei suoi nuovi incarichi. Non era la prima volta che accadeva in quegli anni, ma Kudo non le aveva mai voluto confidare quale fosse il problema, sebbene lei avesse insistito in molte occasioni; ogni volta egli cambiava discorso.

Dopo qualche minuto Kazuha scene di sotto. Il pranzo era stato apparecchiato nel giardino; con il caldo d’Agosto non c’era nulla di meglio che mangiare al fresco sotto il pergolato. Shiho, che era divenuta un’ottima cuoca con gli anni, affinando le sue già buone doti ai fornelli, superò se stessa preparando un pranzo di stile occidentale che fece stramazzare Hattori sulla sedia per le doppie razioni che aveva ottenuto. La piccola Akemi mangiò seduta accanto alla madre e volle dimostrare agli ospiti d’essere in grado di cibarsi da sola ed in modo composto, da vera signorina.

Dopo il pranzo Kazuha tornò a riposare, seguita dalla bambina. Shiho si occupò di sparecchiare aiutata dal marito; Heiji, sorseggiando un amaro, non perse occasione di canzonarlo:

“Eh, eh! Vedo che ti ha ammaestrato per bene, vecchio mio!”

“Come, scusa?”

“Manca poco che lavi pure i piatti!”

“In verità quelli li laverò più tardi. Certo che sei proprio un troglodita. È ovvio aiutare la propria moglie in cucina, anzi alle volte sono io a preparare il pranzo, non siamo nel medioevo, … ah, povera Kazuha, chi ti sei sposata!”

“Ehi, amico, se tu sei tenuto al guinzaglio non devi prendertela con me! Nella mia caverna, IO sono il re!”

“Heiji, tua moglie ti vuole”, sopraggiunse Shiho da dentro casa.

“Arrivo, pulcina!! Di cosa ha bisogno la mia regina?”, e saltellando in modo piuttosto bizzarro rientrò dentro.

“È tutto scemo, quello. E poi sarebbe il re della caverna! Sembra piuttosto lo scemo del villaggio!”, costatò Kudo che poi s’avvicinò a sua moglie, le cinse il corpo con le braccia e la strinse al suo torace, rischiando di farle cadere i piatti che teneva in mano, sussurrandole:

“In effetti però non ha tutti i torti, se Akemi fosse andata in campeggio avremmo potuto impiegare meglio il nostro tempo libero!”, e così dicendo le sbottonò parzialmente la camicetta infilando una mano al suo interno, mentre iniziava a darle piccoli e continui baci sul collo, proprio sotto l’orecchio. La moglie allontanò il tentacolo e commentò:

“Certo che sei incorreggibile. Non è né il momento, né il luogo … però, questa sera, quando tutti saranno a dormire …”, e completò la frase fulminandolo con un’occhiata maliziosa che preannunciava le meraviglie che attendevano suo marito. Poi rientrò in casa lasciando Kudo in ebollizione … e non era un effetto del caldo estivo.


Qualche ora dopo anche la primogenita fece ritorno al nido. Accompagnata da Ran, giunse Ran Kudo, che della zia Mori portava il nome. La bambina, di ormai cinque anni, assomigliava in modo incredibile a Shiho, avendo inoltre gli stessi capelli ramati; gli occhi erano blu ed assomigliavano a quelli di suo padre. La bimba si precipitò dentro e si gettò su sua madre che s’era inginocchiata per accoglierla, le stampò un enorme bacio sulla guancia ed iniziò a raccontarle tutto quello che aveva fatto in quei giorni. Intanto sopraggiunse Mori. La giovane donna era bella come sempre, aveva accorciato i capelli da quando s’era sposata ed era divenuta avvocato come sua madre. Posati i bagagli, Ran salutò Shiho ed abbracciò Kazuha complimentandosi per la dolce attesa.

“E tuo marito?”, chiese la ragazza del Kansai.

“È scappato subito in ufficio, Megure l’ha convocato appena tornato a casa. Noi siamo venute in taxi”.

“Potevi avvisare, avrei mandato Shinichi a prendervi”, la rimproverò Miyano.

Sua figlia era intanto stata travolta da sua sorella Akemi che, vistala all’ingresso aveva percorso tutto il corridoio in una volta per stringerla a sé, le era mancata infinitamente. La prese da parte e le disse all’orecchio:

“Ti devo dire una cosa!”

Quindi la trascinò in un angolo e le confidò un segreto. La primogenita dei Kudo strinse gli occhi, com’era solita fare sua madre, arricciò il naso e poi rispose:

“Va bene, lo faremo insieme!”
Nel frattempo sopraggiunse il padre che disse:

“Ecco qui il mio leprotto!”

E corse incontro alla piccola Ran, la sollevò e la baciò. Quindi la mise in terra, ma vide che la bambina lo guardava con aria severa.

“Che c’è?”

Akemi si pose accanto a sua sorella, entrambe incrociarono le braccia sul petto, come faceva sempre Shiho quando qualcosa la contrariava, e poi la primogenita gli disse:

“I baffi non ti stanno proprio, sembri un vecchio!”

“Sembri lo zio Kogoro!”, aggiunse Akemi.

Una risata generale travolse l’edificio, Shinichi rimase perplesso e deluso, ma non disse nulla.

La nuova arrivata s’unì alla compagnia e s’accomodò in giardino mentre le bambine si misero a giocare con la palla. Kudo sparì al primo piano per qualche minuto.

“La piccola Ran ha preso molto da suo padre. Se, come avete visto, Akemi è interessata alla scienza, sua sorella passerebbe ore a sentir suo padre raccontarle dei casi da lui risolti. Certe volte cerca lei di capire chi è il colpevole, oppure si fa leggere i romanzi scritti da suo nonno e vuole scoprire da sola l’assassino. Temo che tra qualche anno avremo una nuova detective liceale in casa”.

“Perché non racconti a tutti del piccolo chimico che hai regalato ad Akemi a Natale?”, commentò suo marito sopraggiunto, “io racconto solo storie a nostra figlia, tu fai giocherellare Akemi con le provette. Una volta l’ha portata pure in facoltà: qualche giorno mi ritroverò una scienziata che crea strani veleni in cantina!”

Mentre parlava tutti esplosero in un “ooohhh” incontenibile non appena s’accorsero che Shinichi s’era tolto i baffi. Hattori non poté trattenersi:

“E così prima eri schiavo di Shiho, ora delle tue figlie? Ma non avevi detto d’essere fico con i baffi, che ti davano maturità?”

“Fai silenzio, ne riparleremo tra qualche anno! Piuttosto, che ne dite se andiamo a cena fuori?”

Tutti acconsentirono, tranne Ran Mori che voleva tornare a casa per accogliere suo marito dopo il lavoro. Quindi Shiho l’accompagnò alla porta e la salutò, commentando con lei che il dominio delle due piccole pesti su Shinichi era ormai fuori controllo.

“Sono dieci giorni che mi lamento, ma non mi ha ascoltato! Arrivano quelle due e con mezza frase lo mandano a radersi. Sono diaboliche, inizio ad avere paura!”

“Hai ragione, i padri sono schiavi dei figli soprattutto se femmine. Io lo so bene, basta vedere il mio! Va bene, ti saluto Shiho, ci vediamo domani alla cerimonia”.

“Ciao, Ran, e grazie di tutto”.


CONTINUA

Nel prossimo capitolo:

“Ran, va tutto bene?”
La giovane karateka rimase qualche istante in silenzio, poi si voltò e le disse:
“Ti dovrei parlare un attimo!”
 
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Capitolo 3 Una richiesta d’aiuto

Miyano stava per richiudere la porta ma s’accorse che la sua amica s’era fermata pensosa proprio sull’uscio:
“Ran, va tutto bene?”

La giovane karateka rimase qualche istante in silenzio, poi si voltò e le disse:

“Ti dovrei parlare un attimo!”

Shiho la fece rientrare e s’accomodarono nello studio. Sedute sul divano, Mori si tolse il peso che le opprimeva il cuore:

“Come sai, mio marito Eisuke è agente della CIA. Da quando Vermouth gli è scappata sotto il naso, cinque anni fa, l’Agenzia lo ha incaricato di occuparsi delle indagini e gli ha consentito di rimanere qui in Giappone. Per agevolare il suo lavoro gli hanno concesso di farsi assegnare alla squadra dell’ispettrice Sato, che è incaricata della ricerca di Sharon, e da allora il mio tesoro non fa altro che sbattersi per lavare quell’onta che pesa sul suo onore e sul suo stato di servizio … Ma a tutt’oggi non ha ottenuto nessun risultato concreto. Ogni tanto arriva qualche segnalazione, ma sono tutte piste false, quella maledetta Vermouth è scomparsa nel nulla. Eisuke è sempre più demoralizzato, non sa cosa fare, ha pure pensato di rassegnare le dimissioni. Oggi Megure l’ha convocato, nemmeno il tempo di tornare dal campeggio, temo che voglia censurare i suoi fallimenti; se così fosse mio marito ne uscirebbe a pezzi”.

“Ran, sono spiacente, sul serio. Cosa vuoi che faccia?”

“Ecco, …. Non so se dovrei chiedertelo ma … potresti domandare a Shinichi la cortesia d’affiancare mio marito nelle ricerche? Magari non tutto il tempo, poche ore basterebbero. Se ricontrollasse tutto l’incartamento, di sicuro troverebbe un indizio, una traccia, qualcosa che possa rimettere sui binari Eisuke; si sta dannando l’anima da quando quella donna malefica l’ha raggirato. Nonostante le nostre nozze, le cose non sono migliorate: all’inizio era pieno di entusiasmo e buona volontà, era sicuro che in breve avrebbe risolto il problema; ma sono trascorsi cinque anni, e siamo fermi al punto di partenza. Avrei chiesto a mio padre, se fosse all’altezza di Shinichi, ma … non lo è; lo sappiamo tutti ... Da sempre è mio sogno avere diversi figli; da quando poi tu ne hai avuti due, questo mio desiderio è aumentato, ma mio marito non vuole. Dice che non ha intenzione di mettere al mondo dei bambini che poi si dovrebbero vergognare del loro padre incapace e fallito. Suo padre è morto in missione contro gli Uomini in Nero, sua sorella sta facendo carriera nella CIA, sembra anzi che il Presidente la voglia nominare direttrice dell’Agenzia, sarebbe la prima donna da quando esiste l’organizzazione, e per di più d’origini nipponiche; Eisuke teme che il suo fallimento potrebbe danneggiare la carriera di Hidemi e si affligge per questo. Ti prego, aiutami, sono disperata!”

Shiho stava per aprir bocca, quando sopraggiunse suo marito, che aveva sentito tutto dal corridoio:

“Sono spiacente, Ran, non posso farlo. Cinque anni fa promisi a Sharon che non l’avrei più cercata, e lei salvò me e Shiho; non intendo rompere quel patto”.

“Ma tesoro!”, commentò Miyano.

“Non insistere, amore mio, sai che per te farei tutto, ma questo è impossibile”.

“Pertanto la parola data ad una criminale conta di più per te che aiutare una tua amica d’infanzia, conta di più che assicurare quel mostro alla giustizia … Non ho parole, Shinichi, un tempo non eri così, cosa ti è successo? Da cinque anni non fai altro che indagare su casi banali, dov’è finito il grande detective dell’Est?”, chiese stupita ed amareggiata la Mori.

“Desolato, Ran, ma non ti posso aiutare. E non solo perché giurai di non cercarla, ma anche per tuo marito. Suppongo che non sia stato lui a chiederti di farmi questa proposta, vero?”

“No, lui non sa nulla, preferirebbe morire piuttosto che chiederti qualcosa!”

“Come pensavo! Eisuke è un buon agente, ed un bravo ragazzo; uscirebbe distrutto nel proprio orgoglio se arrivassi io ed in cinque minuti riuscissi dove lui non riesce da cinque anni. Sarebbe peggio che rinunciare a catturare Sharon; lo prenderebbe come un affronto da parte dell’ex di sua moglie, come tu stessa hai ammesso. Non si merita questo, sarebbe profondamente addolorato se sapesse che mi hai avanzato una richiesta come questa. Deve vincere la sua partita con le sole sue forze e tu devi stargli vicina: sei la sua arma migliore, colei che gli dà la forza per non mollare! E poi non è neppure detto che riuscirei a scoprire il nascondiglio di quella donna; sappiamo tutti quant’è diabolica, oltre ad essere una maga del travestimento”.

“Forse hai ragione tu”, sospirò la sua vecchia amica, “scusate se vi ho disturbato. Ci vediamo domani alla festa”.

Ran prese la propria borsa e corse via da villa Kudo.

“Non sei stato troppo duro con lei?”, chiese Shiho.

“Ha buone intenzioni, ma un mio intervento distruggerebbe quel ragazzo: non posso farlo!”

“Non credo che sia soltanto questo, o sbaglio? Ran ha ragione, da quando ci siamo sposati non hai mai accettato casi che sembrassero troppo pericolosi, è questo non è da te”, domandò ancora la moglie.

Kudo si strinse nelle spalle, si mise una mano tra i capelli, si voltò verso l’ampia vetrata che illuminava lo studio e poi le confidò:

“Ho sempre corso rischi folli pur di assicurare i criminali alla giustizia, e tu lo sai, lo sai bene! Fino a cinque anni fa, quando finisti nelle mani di Bourbon, avrei aiutato Hondo senza pensarci, anche se fosse stato contrario. Solo l’idea di gettarmi alla caccia di una criminale del calibro di Vermouth mi avrebbe elettrizzato, lo fa anche ora; … però, … però, cinque anni fa abbiamo rischiato davvero di morire, Amuro c’avrebbe fatto fuori senza problemi, se Sharon non l’avesse tradito. Mentre correvo per salvarti ripensai al nostro primo incontro, a quando mi dicesti d’essere Sherry, e guardai il tuo anello nuziale che avevo in mano. In quel momento giurai solennemente che, se t’avessi riportata a casa viva, c’avrei dato un taglio con quelle follie, con quei salvataggi all’ultimo secondo, e le mie preghiere furono accolte. Quando Vermouth mi propose il patto fui sul punto di rifiutarlo: come si permetteva una donna come quella, una feroce assassina, di chiedere a me, a Shinichi Kudo, di prometterle di lasciarla in pace? Fui seriamente tentato di rifiutarmi, stavo per urlarle in faccia che l’avrei inseguita fino in capo al mondo pur di acciuffarla, … poi, però, ti vidi a terra, ancora legata, con i polsi doloranti per le corde troppo strette, pensai a nostra figlia; chi si sarebbe occupato di Ran se fossimo morti entrambi? Certo, c’erano i miei genitori, ma che vita avrebbe avuto? Pensai a tutto questo, in quei secondi. Sapevo che Sharon era umorale, se l’avessi messa con le spalle al muro ci avrebbe potuto anche eliminare, come aveva ammazzato senza un’esitazione Amuro, l’uomo che l’aveva tirata fuori dalla galera. Non potevo permetterlo, non potevo! Sai perché ho sempre rifiutato di entrare in polizia? Non per quanto ho raccontato ad Hattori, non per poter gestire a mio piacimento il mio tempo, no! Ho pensato a voi, a te ed alle nostre bambine; anche se non si lotta tutti i giorni contro un’organizzazione come quella di Sharon, un poliziotto può morire in mille modi stupidi e sinceramente non me la sono sentita. Voglio starvi accanto, voglio darti altri figli, vederli crescere e sposarsi, voglio farti dimenticare gli orrori della tua infanzia, non posso morire ora. Quando sfidai l’Organizzazione, i miei genitori ed Agasa, tu non eri ancora arrivata, un giorno simularono il mio rapimento e mi misero fuori combattimento in cinque minuti. Volevano farmi comprendere quanto fosse pericoloso il gioco che avevo iniziato, ma non diedi loro retta: ero presuntuoso, oltre che sconsiderato, ed ho proseguito. Non diedi retta neppure a te quando mi dicesti di non aprire il Vaso di Pandora; bene quel Vaso è stato chiuso cinque anni fa, e rimarrà tale. C’è troppo in ballo questa volta, non c’è la sola mia vita, ma la mia famiglia e non la metterò a rischio. Tu sei vissuta nel terrore, senza nessuno che t’amasse, quei giorni sono terminati e le nostre figlie non dovranno mai provarli … Scusami, forse ho detto solo un mucchio di frasi sconnesse, non so se sono riuscito a farti capire il mio pensiero. Ma, ecco, questa è la verità!”

Shiho rimase stupita. Non credeva possibile che suo marito si fosse tenuto dentro tutto questo per cinque anni, non pensava che fosse possibile allontanare Shinichi Kudo dal brivido della caccia, ma il matrimonio e la paternità avevano cambiato la scala delle priorità nella sua vita ed egli, silenziosamente, solitariamente, s’era adattato, aveva rimodellato la sua vita: e l’aveva fatto per lei e le sue bambine.

Miyano corse da suo marito, che le dava ancora le spalle, e l’abbracciò intensamente, con il suo calore gli voleva trasmettere il suo amore e la sua riconoscenza. Sapeva quanto le indagini come quelle su Sharon lo appassionassero, ma aveva rinunciato a quel mondo per lei. S’era adattato a fare l’investigatore di mariti cornuti e gattini scomparsi per lei, solo per lei. Mai nessuno aveva fatto tanto per vederla felice quanto lui.

Kudo, dopo qualche instante, si voltò, la guardò negli occhi, capì i suoi sentimenti (da sempre riuscivano a comunicare tra loro solo con lo sguardo) e la baciò. Aveva la sua famiglia, quello era sufficiente.



Le ore seguenti trascorsero in armonia, alle 19.00 la comitiva uscì da villa Kudo per recarsi al ristorante.

Il Baratie era un locale molto alla moda, aperto da pochi anni ma divenuto in poco tempo uno dei posti più chic di Beika. Posizionato in cima ad un grattacielo, dalle sue vetrate si poteva osservare tutta la città; la sua conformazione circolare permetteva a tutti i clienti di godere del panorama, reso ancor più spettacolare dal fatto che il ristorante ruotava su se stesso offrendo agli avventori una visuale a 360° sulla metropoli.

Fin dalla sua inaugurazione, il luogo era divenuto il ristorante preferito della famiglia Kudo, che aveva sempre un tavolo riservato.

Giunti sul posto, il maitre accolse la comitiva e la fece accomodare provvedendo a portare l’aperitivo seguito dall’antipasto. Mentre le signore iniziavano a parlare di moda, i mariti si dedicarono alle loro discussioni preferite, quelle relative al crimine.

“E così ora sta cercando il padre della tua tata?”, domandò ad un tratto Hattori.

“Sì, la nostra babysitter è di origini americane, ma il padre è nipponico. Non l’ha mai conosciuto ma ora s’è trasferita in questo paese per cercarlo”.

“E perché è la tua tata?”

“In effetti giunse un giorno da me in studio rispondendo all’annuncio di lavoro, cercavamo qualcuno che accudisse le bambine. Ci sembrò una brava ragazza, era inoltre stata raccomandata dal dottor Araide, le facemmo fare due settimane di prova e poi l’assumemmo; in seguito scoprimmo che stava cercando suo padre ed io mi offrii d’aiutarla”.


CONTINUA

Nel prossimo capitolo:



Aveva circa 29 anni, capelli lunghi e rossi, occhi azzurri, viso coperto da graziose lentiggini, un fisico meraviglioso.
 
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Capitolo 4 Christine

“Che storia curiosa!”, s’inserì nella discussione Kazuha.

“In effetti è vero, però le bambine la adorano e noi non abbiamo mai avuto motivi di lamentarci di lei, più o meno”, completò sibillina Shiho.

“Più o meno?”, chiese Kazuha.

“Mio marito non si lamenta di sicuro. Ma lasciamo stare, che è meglio”, rispose l’amica.

“Quindi conosce Araide? Ma è ancora medico al Teitan?”, domandò il detective dell’Ovest.

“Sì, inoltre è anche il nostro medico di famiglia, è molto bravo, come sempre. La ragazza ha preso una camera in affitto da lui nei primi tempi che s’era trasferita a Beika, così il dottore l’ha potuta apprezzare e quando ha saputo che cercavamo qualcuno come tata ci ha proposto lei. Pensa che …”, Kudo si interruppe e sgranò gli occhi; nella sala era proprio entrato Araide in compagnia di una ragazza.

“Nanny Christine!! Nanny Christine!!”, si misero a chiamare le bambine. La giovane donna si voltò e le vide, sorrise loro, quindi s’avvicinò al tavolo:

“Hey, cool girls, come va? Buona sera Mr. Kudo! … Mrs.!”

“Salve Christine, come è piccolo il mondo. Dottore, c’è anche lei?”

“Beh, sì, in verità”.

“Oh, ma, Mr. Kudo, cosa ha fatto? S’è tagliato quei meravigliosi baffi che le stavano tanto bene! But why?”

E così dicendo gli afferrò il volto con la mano. Shinichi iniziò a sudare freddo, Shiho assunse un’espressione poco rassicurante.

“Ecco, in verità, … a mia moglie ed alle bambine non piacevano … e così li ho tagliati!”

Subito, con la coda dell’occhio, il detective dell’Est vide sua moglie compiacersi, senza che nessuno se ne avvedesse, per la risposta fornita. In effetti Shiho non aveva mosso un muscolo, ma i suoi occhi indicavano approvazione per quanto detto, Kudo si rilassò.

“Capisco, capisco! Ma questa bella coppia?”

“Oh, ma che sbadato, aspetti che vi presenti: questi sono Heiji Hattori, mio amico e famoso investigatore di Osaka, e sua moglie Kazuha. Sono venuti per le nozze. Heiji, Kazuha, vi presento Christine Bellabocca, la babysitter delle nostre piccole”.

“Molto piacere!”, rispose la coppia.

Hattori era sbalordito, non aveva mai visto donna tanto incantevole. Aveva circa 29 anni, capelli lunghi e rossi, occhi azzurri, viso coperto da graziose lentiggini, un fisico meraviglioso; il vestito da sera rosso presentava un ampio spacco che metteva in mostra gambe straordinarie, mentre la generosa scollatura forniva una comoda visuale sul suo seno voluttuoso. Kazuha notò la cosa e tossicchiò per far riprendere suo marito.

“Bene”, s’intromise il dottore, “con il vostro permesso andiamo al nostro tavolo: buona cena!”, i due compirono un lieve inchino, che permise agli astanti di godere per un fugace momento della scollatura della ragazza, e s’allontanarono.

“Più o meno!”, ripeté Shiho a bassa voce.

“Uau!”, commentò Hattori, “Anch’io voglio la tata!”

“Come, scusa?”

“Ecco, … passerottina, … dicevo che anche noi, quando nascerà il piccolo, avremo bisogno di una tata”.

“Non sperare che ne prenda una come quella! La nostra sarà vecchia e cicciona, quasi un uomo”, sentenziò la futura mamma.

“Ma forse Araide ha qualche interesse verso di lei?”, chiese Heiji.

“Penso di sì. Per come la guarda e per come agisce in sua presenza mi sembra chiaro che provi qualcosa di più della semplice amicizia. Non bisogna essere un detective per intuirlo!”, sostenne Shinichi.

“E da quando tu ti intenderesti di questioni di cuore? Se per farti capire i miei sentimenti te li ho dovuti confessare da un letto d’ospedale …”, commentò sarcastica sua moglie.

“Non tutti sono ermetici e misteriosi come te, mia cara. Si vede che Araide l’ama, o quanto meno ne è infatuato. Chi non lo sarebbe?”

“Anche tu?”, domandò asciuttamente Shiho posando la forchetta ed incrociando le braccia sul petto.

“Cavolo, ci sono caduto! Ed ora come me la sbrigo?”, pensò suo marito che ricominciava a sudare freddo, mentre il suo amico, al suo fianco, non smetteva di ridacchiare vedendo in che guaio si fosse andato a cacciare il grande investigatore dell’Est.

L’arrivo del dolce distrasse tutti e fece sperare che la domanda finisse, senza risposta, nel dimenticatoio. Ma non era così!

“Allora? Sto aspettando!”

“Ma … che vuoi che ti dica? È certamente una bella ragazza, ma non può mica tenere il passo con te! Siamo seri; credi che la prima tipa di passaggio possa farmi girare la testa?”

“E la storia dei baffi?”

“Oh, diamine, non se l’è dimenticati!”, pensò il poveretto, che poi riprese, “che c’entrano i baffi? Mio padre li porta, ed ho provato a vedere come mi stavano,tutto qui!

“Ma se quando siamo arrivati ci hai detto che alle tue clienti piacevano!”, s’intromise, a sproposito Heiji. Shiho, sentita l’obiezione, volse nuovamente il suo sguardo di ghiaccio verso suo marito.

“Ma ti vuoi fare gli affaracci tuoi?”, pensava intanto quest’ultimo maledicendo il giovane del Kansai e quando era venuto in città, “ma figurati, un paio, ma non Christine, mi avevano detto che mi donavano, tutto qui. Ma se il mio tesoro, che per me è l’unica donna della mia vita, dice che mi stanno male, vuol dire che è vero!”

“Prendo per buona la spiegazione … per ora, almeno!”, concluse Miyano che iniziò a mangiare la sua fetta di cheese cake. Suo marito si accasciò sulla sedia, zuppo di sudore (ora capiva quei poveretti torchiati da Megure), mentre Heiji sghignazzava felice.

Finito il dolce, Hattori s’avvicinò con finta noncuranza all’amico e dall’orecchio gli disse:

“Shinichi, scherzi a parte, mi sembra che quella tipa, Christine, sia strana; quasi sospetta. Mi ricorda la signorina Jodie quando faceva la recita con noi raccontandoci che non parlava bene la nostra lingua e che era insegnante d’inglese amante di videogiochi. Anche il tono di voce mi sembra, come dire, strano, falso!”

Kudo annuì, quindi, vedendo che Shiho e Kazuha chiacchieravano amabilmente tra loro e non prestavano attenzione, ammise:

“Cosa credi? Me ne sono accorto anch’io, quella ragazza nasconde qualcosa. Ma non è il momento né il luogo adatto per parlarne. Ti racconterò tutto domani con calma”.

Heiji comprese e trattenne la propria curiosità.

“Ma cosa state combinando?”, alzò la voce Miyano; i due uomini temettero d’essere stati scoperti, ma poi s’accorsero, con sollievo, che la donna parlava con le bambine che s’erano spalmate la torta sul viso e sul vestito.

“Ma guarda tu che disastro! Siete due porcelline, non due bambine ben educate! Andiamo in bagno, su! Kazuha vuoi venire con noi? Un giorno avrai anche tu questi problemi”.

La Toyama accettò e seguì l’amica alla toilette. I due uomini scuotevano la testa, a volte tutti si dimenticavano che quelle due pesti avevano 4 e 5 anni, il loro comportamento maturo traeva tutti in inganno, ma poi qualche pasticcio come quello mostrava al mondo che erano pur sempre bambine.

La pulizia durò qualche minuto, poi le quattro signore tornarono al loro posto, le bambine erano state rese presentabili ed avevano uno sguardo remissivo, la loro madre le aveva redarguite per bene per quanto combinato.

“Che dite, andiamo via?”, propose quindi Kudo. Tutti accettarono. Uscendo passarono davanti al tavolo di Araide e trovarono quest’ultimo intento a tenere la mano di Christine tra le proprie, mentre le parlava a bassa voce: era palesemente cotto! L’arrivo della combriccola interruppe l’idillio romantico.

“Noi andiamo via, è stato un piacere, incontrarvi. Ci vediamo domani alla cerimonia”, disse Shinichi.

“A … a … a domani, allora, buona notte!”, rispose un imbarazzatissimo dottore. Christine diede un bacio alle bambine e strinse la mano agli adulti; tutti però notarono che la stretta più calorosa fu riservata a Kudo che rimediò anche un bacio sulla guancia, con grande disappunto di Araide e contrarietà di Shiho, che però non disse nulla.

Giunti a casa, gli ospiti s’andarono subito a coricare, mentre i Kudo provvidero a mettere a letto le piccole. Per ora le due bambine dormivano in un’unica stanza, quando fossero cresciute avrebbero avuto ognuna il proprio spazio. Le piccole si misero il pigiama e si distesero, quindi Shiho abbracciò le sue creature e diede loro una miriade di baci, e più ne dava e più ne chiedevano, costringendola ad andare da un letto all’altro in una frenetica staffetta di baci. Era un rituale che si ripeteva ogni sera fino a quando non interveniva Shinichi.

“Ora basta, la mamma è stanca, avete avuto bacetti a sufficienza!”

Le bambine sapevano che l’intervento paterno annunciava la fine del gioco e quindi, sempre comunque deluse (per loro sarebbe potuto proseguire in eterno), si rassegnavano all’inevitabile, ma non senza lottare.

“Allora papà ci deve leggere una storia!”, partiva alla carica Ran, a cui subito dopo dava man forte la sorella. Shiho ne approfittava per salutare un’ultima volta e precedere il marito in camera. Il detective dell’Est prendeva intanto una sedia ed il libro della sera, ed iniziava a leggere. Ran avrebbe voluto un giallo, ma ad Akemi non piaceva quel genere, quindi s’era optato per una semplice fiaba, molto più adatta alla loro età. Kudo iniziò a leggere:

“C’era una volta, in un paese lontano, lontano, una bambina bellissima, dalla pelle bianca come la neve. Per questo motivo i suoi genitori l’avevano chiamata Biancaneve …”.


CONTINUA

Nel prossimo capitolo:

“Ti sembra etico che la tata delle tue figlie, nonché tua cliente, si prenda tutte queste libertà con un uomo sposato, davanti a sua moglie?"
 
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Mr. Veranda
view post Posted on 14/9/2012, 13:07     +1   -1




Bellissimo! :clap: (Scusa se non ho aggiornato prima :P)
Ho già un'idea abbastanza chiara di chi sia Christine :sisi:
 
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view post Posted on 15/9/2012, 07:09     +2   +1   -1
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Capitolo 5 Chiarimenti notturni

Shiho, giunta in stanza, aveva intanto iniziato le operazioni preparatorie per andare a dormire; aveva già tolto il vestito ed era con la vestaglia di seta che copriva l’elegante camicia da notte, gli orecchini e la collana erano posti nel portagioie ancora aperto e facevano bella mostra di sé. La donna era terribilmente sensuale, qualunque cosa facesse, anche in quel momento, mentre, seduta alla toletta della camera da letto, si toglieva il trucco dal viso e s’apprestava a coricarsi. Ad un tratto, udì la porta della camera aprirsi e vide, riflesso nello specchio, suo marito entrare:

“Hai fatto presto, oggi!”

“Sì, quei due terremoti erano stanchissime e dopo poche righe si sono addormentate, ringraziando il Cielo”.

Miyano iniziò a passarsi la crema sulle mani; le faccende domestiche tendevano a rovinare la pelle ed a farla screpolare; tutte queste precauzioni, che da ragazza aveva irriso quando a compierle era sua madre Elena, erano ormai necessarie, soprattutto considerando che rischiava di trovarsi a fianco una suocera che, ad un certo punto, sarebbe sembrata sua sorella minore.

La crema scivolava e s’amalgamava sulla sua pelle, mentre lei, senza voltarsi, ma continuando a guardare nello specchio, rivolse a suo marito la domanda che questi temeva:

“Cosa intendi fare con Christine?”

“Che dovrei fare?”, rispose lui che intanto s’era tolto la giacca ed aveva gettato la cravatta su una sedia.

“Ti sembra etico che la tata delle tue figlie, nonché tua cliente, si prenda tutte queste libertà con un uomo sposato, davanti a sua moglie? Non è la prima volta che quella ragazza saluta me e bacia te!”

“Cosa vorresti che facesse? Che salutasse me e baciasse te?”, cercò di buttarla sull’ironia Shinichi che si sentiva sinceramente a disagio in quel frangente.

“Non cercare di cambiare discorso. Non è una situazione ulteriormente sopportabile!”, detto ciò prese la spazzola ed iniziò a passarla sui suoi lunghi e meravigliosi capelli ramati.

“Ma le bambine la adorano, è precisa, puntale, ci sa fare nel suo lavoro, sinceramente non vedo cosa si possa fare”.

“Licenziala!”

“No! Non ha senso, Shiho, non ha proprio senso. Con quale accusa? Quella ragazza non ha fatto nulla, nulla per meritare il licenziamento!”

“Vuol dire che la licenzierò io!”

“Non te lo permetto. Io l’ho assunta, io la licenzierò, se e quando lo riterrò opportuno; non un minuto prima. Di certo non perché mia moglie è preda di sciocca ed immotivata gelosia! Senza contare che anche tu hai i tuoi ammiratori; o hai dimenticato quello chef biondo del Baratie che faceva il cretino con te ogni volta che ti vedeva? Ma non ho fatto tutto questo cinema; il tizio poi è partito per fare il capo cuoco su una nave e tutto s’è risolto”.

Gli animi stavano iniziando a riscaldarsi, Shiho smise di pettinarsi i capelli, posò la spazzola e si voltò verso Shinichi.

“Ma quello faceva lo scemo con tutte le clienti, non con me soltanto! Ma dimmi, ti farebbe piacere se mi comportassi con il dottor Araide come Christine fa con te? Magari la prossima volta gli proporrò di farsi crescere i baffi o mi chinerò verso di lui mettendo in mostra tutta la mia mercanzia!”

“Ma cosa dici? Quale mercanzia?”

“Oh, finiscila con questa falsa ingenuità! Non hai più diciassette anni; quando s’è inchinata a salutare, dalla scollatura le si poteva vedere l’ombelico!”

“Sei pazza! Non intendo proseguire questa folle discussione; mi sembra parecchio tardi, quindi io andrei a letto!”

“Non pensare di dormire qua! Ci sono tante stanze in questa villa, ti sarei grata se andassi altrove!”

Kudo fu sul punto di rifiutarsi e di impuntarsi, ma capiva sua moglie ed i suoi dubbi, che erano anche i suoi. Era dispiaciuto perché lo reputasse tanto debole da cedere a quei palesi tentativi di seduzione, alquanto goffi, in verità. Ma non voleva discutere oltre, non era il momento. Quando tutto fosse stato svelato ogni cosa si sarebbe chiarita, ne era certo. Quindi s’avvicinò a Shiho che, sebbene cercasse di nasconderlo, era chiaramente afflitta per la situazione, le diede un bacio in fronte e le disse solamente:

“Buonanotte, tesoro mio!”

Quindi uscì dalla stanza. Miyano si voltò verso la toletta, afferrò la spazzola e la scagliò lontano; ma si pentì subito di quanto fatto: in effetti suo marito era innocente, ma non si poteva tornare indietro, almeno non per quella notte. Si alzò dalla toletta, si tolse la vestaglia e si mise a letto. Aveva indosso la camicia da notte compratale ad Okinawa da suo marito subito dopo aver sconfitto Bourbon; indossando quell’indumento s’era poi presentata a lui la sera in cui, nella loro villa delle Hawaii, avevano fatto l’amore e, così almeno credeva lei, concepito Akemi. Da allora aveva messo quella che considerava la camicia da notte delle “grandi occasioni” solo quando voleva dimostrare il proprio affetto al suo uomo ed anche quella sera l’aveva indossata con quello scopo, glielo aveva promesso nel pomeriggio; poi però il pensiero di quella cretina e delle sue moine l’avevano fatta deragliare mandando tutto in fumo, quella che doveva essere una notte d’amore, s’era tramutata in una notte di lite. Delle lacrime iniziarono a solcarle il viso e tra le lacrime il sonno la colse.


Shinichi, dopo la discussione, non andò nella stanza degli ospiti, chi aveva voglia di dormire in quel frangente? Si recò invece nello studio e si immerse nel lavoro. Proprio la ricerca del padre della sua tata era l’attività che maggiormente lo impegnava in quei giorni: ricontrollò il fascicolo, rilesse quanto scoperto, ma il viso corrucciato di sua moglie tornava a tormentarlo; no, non doveva finire in quel modo quella sera. Dopo circa mezz’ora, capì che non avrebbe concluso nulla; si sentiva troppo deconcentrato, non faceva altro che pensare a quanto detto a sua moglie, così lasciò perdere tutto e decise di andare in giardino: il fresco della notte l’avrebbe calmato e rinfrancato. Aprì la porta-finestra, uscì fuori e si sedette su una delle poltrone di vimini che adornavano il patio. Qui lo raggiunse, dopo pochi minuti, il suo amico Hattori.

“Tempesta in Paradiso?”

“Che vuoi dire?”

“Ero andato a prendermi un bicchiere d’acqua in cucina e, passando davanti alla vostra camera, vi ho sentito parlare”, spiegò l’amico sedendosi accanto a Kudo.

“Non doveva andare così, non doveva! Ci siamo fatti trasportare; Shiho sa diventare irragionevole, a volte, ma pure io non ho fatto nulla per calmarla”.

“Tutto per colpa di quella tata!”

“Sì, proprio così!”

“Me ne vuoi parlare?”

“Non c’è molto da dire: da qualche tempo cercavamo una babysitter per le bambine, hai visto che combinano insieme! In passato era stata Ayumi ad occuparsi di loro, ed era stata pure brava, ma con l’arrivo degli esami d’ammissione all’università, la ragazza non aveva più tempo, così decidemmo di cercare una nuova bambinaia. Un giorno, due mesi fa, andammo per dei controlli medici nello studio di Araide ed il discorso cadde su come fosse difficile trovare una brava tata. Il buon dottore ci disse che c’era una ragazza, in affitto da lui, che cercava lavoro; ce la descrisse come la lavoratrice perfetta, affidabile, puntuale, precisa, etc. Incuriositi gli dicemmo di mandarla da noi per un colloquio, se era interessata. L’indomani la signorina Bellabocca si presentò a casa nostra con una lettera di presentazione del dottore. Le facemmo un colloquio, la presentammo alle piccole e vedemmo che era a proprio agio con loro, le mie scimmiette le si affezionarono subito, quindi la mettemmo in prova per due settimane. Allo scadere dei quattordici giorni l’assumemmo”.

“Non sembra nulla di che, fino a questo punto”, s’intromise Heiji che sorseggiava una bibita fresca presa poco prima in cucina.

“Fin qui tutto era andato bene. Tre giorni dopo l’assunzione, Christine mi chiese il favore di cercare suo padre, mi disse che lei era italo-americana da parte di madre, da cui ha preso il cognome, mentre il padre era nipponico. Lei nacque da una notte d’avventura dei suoi genitori, che erano pure ubriachi, poi il padre tornò in Patria e dopo nove mesi venne alla luce lei. Ora sua madre è morta e Christine è venuta in Giappone per cercare suo padre. Da sempre è stata affascinata dal nostro Paese, quindi aveva studiato la nostra lingua e così è giunta qui, ha preso in affitto una stanza da Araide ed è arrivata in casa mia”.

“Sul padre che cosa hai scoperto?”

“Molto poco. Lei mi disse che si chiamava Hiroshi, ed abitava nella zona di Tokyo, stando ai ricordi di sua madre aveva un tatuaggio su un braccio, forse il destro. Questo è tutto”.

“In pratica non hai nulla in mano”.

“Infatti sono in stallo. Come se non bastasse, nel corso del tempo ho visto che la ragazza, che ufficialmente ha iniziato a fare coppia con Araide, ha cominciato a comportarsi da smorfiosa nei miei riguardi, un po’ come questa sera al ristorante. Ovviamente non le ho dato corda, ma a lungo andare questo suo modo di fare è stato notato da Shiho che sta iniziando a divenire insofferente”.

“Che cosa vuoi fare, quindi?”

“Non so. La ragazza è sospetta, come hai detto anche tu prima, però il suo comportamento potrebbe anche spiegarsi con semplice mancanza d’affetto, è stata privata della figura paterna per tutta la sua vita: sono cose che lasciano il segno. Oppure c’è dell’altro sotto, in ogni caso non voglio fare nulla contro di lei senza aver prima capito le sue vere intenzioni”.

“Ma a Shiho hai spiegato la situazione?”

“No, non voglio farla preoccupare. Molto probabilmente è solo una ragazza in cerca d’attenzione, non è il caso di sollevare un polverone. Il suo contratto è a tempo determinato, a Settembre scadrà e non lo rinnoveremo”.

“E se nascondesse dell’altro? Non sarebbe il caso che tua moglie fosse informata? Quella ragazza è sempre a contatto con le bambine e gira per casa vostra”.

“Non voglio che Shiho si allarmi per nulla. Ho chiesto a mio padre d’informarsi con il suo amico dell’Interpol per sapere qualcosa sul passato della ragazza, poi agirò”.

“Miyano non è una stupida, e non è una bambina. Non è più Ai, non devi sempre tenerla all’oscuro dei pericoli che la possono minacciare, non stiamo lottando contro gli Uomini in Nero: devi avvisarla, ne ha ogni diritto”.

Shinichi scosse la testa, poi si alzò dalla poltrona e si diresse verso l’interno.

“Ho giurato di proteggerla per sempre, e lo farò … a modo mio. Ora scusami, s’è fatto davvero tardi, ho sonno e domani ci sarà il matrimonio. È meglio andare a letto, buonanotte!”

Kudo sparì in casa, Heiji finì la sua bibita e poi andò a dormire accanto alla sua Kazuha.


CONTINUA

Nel prossimo capitolo:


“Quelle diavolette! Ho detto loro che non devono vedere quel programma, ma non mi ascoltano mai!”
 
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Mr. Veranda
view post Posted on 15/9/2012, 12:18     +1   -1




Bellissimo! :clap:
Dai, presto si sistemerà tutto fra Shiho e Shinichi ^_^
 
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view post Posted on 16/9/2012, 13:14     +1   +1   -1
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Capitolo 6 Fiori d’arancio

Le luci del nuovo giorno sembrarono aver cancellato le angosce della notte. La grande villa dei Kudo iniziò ad animarsi fin dalle sette, del resto quel pomeriggio ci sarebbe stato il più importante matrimonio dell’anno e tutte le persone più in vista della nazione erano state invitate.

Nonostante la notte in bianco, Shinichi fu tra i primi a recarsi in cucina per preparare il caffè e la colazione per tutti (del resto, trascorrendo molto spesso le proprie nottate nel suo laboratorio, attrezzato nei sotterranei della villa, Shiho tendeva ad alzarsi più tardi, specialmente quando non doveva recarsi in facoltà). Heiji sopraggiunse dopo qualche minuto:

“Ho sentito l’odore del caffè e sono sceso per vedere chi fosse tanto mattiniero, non pensavo fossi tu!”

“Che ci vuoi fare? È il mio compito, Shiho non è mai stata una donna da prime luci del giorno, anzi!”

“Piuttosto, passando davanti alla stanza delle tue figlie, ho sentito il rumore della televisione, non mi dirai che sono già incollate davanti alla tv fin da quest’ora?”

“Quelle diavolette! Ho detto loro che non devono vedere quel programma, ma non mi ascoltano mai!”

Detto così Kudo uscì dalla stanza e si diresse verso la camera delle figlie per la solita battaglia settimanale, battaglia che sapeva già persa in partenza. Hattori gli andò dietro:

“Scusa, che programma?”

Il detective dell’Est nemmeno rispose ma entrò nella cameretta delle bambine:

“Vi ho più volte detto che non dovete vedere quella porcheria!”

Mentre le piccole si voltavano verso di lui, uno stupito Heiji, appena giunto, notava sullo schermo la sagoma di un personaggio animato che gli ricordava qualcuno a lui ben noto, mentre un’accattivante musichetta faceva da sigla d’apertura:

“ … Oooh, oh, oh, oooh, oh, oh, oooh oh, detective Tonnan! Ogni mistero, per Tonnan, non è più mistero, distingue il falso dal vero con abilità, Tonnan!, …”.

“Uffa, papa, sei noioso! È una storia bellissima, piena di misteri e delitti, non ci puoi impedire di vederla!”, sentenziò Ran spalleggiata da Akemi.

“Ehi, Kudo, mi vuoi spiegare?”, chiese stranito l’amico dalla pelle scura, mentre tre ben noti marmocchi apparivano sullo schermo.

“C’è poco da spiegare, quelli sono i detective guys, che aiutano Tonnan nella sua lotta contro gli Uomini in rosa. È un anime che sta spopolando qui nel Kanto. Se tutto andrà come previsto sarà trasmesso a livello nazionale dal prossimo anno, lo vedrete pure ad Osaka. Tra qualche puntata apparirà il grande detective dell’Ovest, Leiji di Kyoto, un borioso ragazzo dalla pelle olivastra
ed una pronuncia orribile!”

“Come scusa? … Ma com’è possibile?”

“Tutto è possibile se c’è di mezzo una donna di mezza età, narcisista, svampita ed amante dei riflettori. Una vecchia che si crede ancora piacente e che ha sfruttato le sue conoscenze nel mondo dello spettacolo per produrre e finanziare questo orrore: una versione rivista e storpiata delle mie avventure contro l’Organizzazione”.

“Ma come fa questa donna a conoscere tanto bene quella storia?”

“Semplice, quella vecchia irresponsabile è …”

“Di chi stai parlando, figliolo?”, la voce, proveniente dalla porta della stanza era ben nota ai due uomini che infatti si voltarono verso di lei. Kudo si arruffò i capelli e rispose:

“Parlo di te, mammina cara!”

Era infatti Yukiko Kudo, madre di Shinichi ed ex attrice, ad aver proposto alla Nichiuri Tv la serie animata “Detective Tonnan” che stava ormai spopolando nella regione di Tokyo con grande disappunto di suo figlio. Heiji rimase intanto a bocca aperta: la signora Kudo era bellissima e non mostrava minimamente i suoi quarantanove anni; chiunque gliene avrebbe dati trentacinque al massimo.

“Si- signora Kudo! Ma è stupenda!”

“Grazie Heiji, sei sempre un caro ragazzo!”, rispose la donna fingendo di non provare alcun interesse per i complimenti rivolti verso di lei; quindi andò ad abbracciare le sue nipotine rimproverandole perché l’avevano chiamata “nonna”, mentre lei insisteva che le si rivolgessero, al massimo, con il titolo di “zietta”. L’arrivo della madre, rese vano ogni tentativo di Shinichi d’impedire alle piccole di seguire la serie tv; quindi il giovane ritornò in cucina seguito da un perplesso Hattori.

“Ehi, Kudo, mi vorrai spiegare, spero!”

“C’è poco da dire. Mia madre ha chiesto a mia moglie di produrre per lei una crema per il viso ed il corpo in grado di ritardare, ma forse dovrei dire meglio bloccare, l’avanzare dell’età”,

“E Shiho c’è riuscita?”

“Tu che dici?”

“E come ha fatto?”

“Semplice, ha usato il farmaco che già aveva a disposizione: ha preso l’APTX 4869, l’ha modificato in parte e l’ha tramutato da pillola in crema. Se spalmato, invece che ingerito, ha quell’effetto che hai visto. Ovviamente se lo ingoi potresti...”.

“... Tornare bambino?”

“Ma sei scemo? Al massimo ti può procurare il mal di pancia e la diarrea, mia moglie mica produce veleni letali! … Insomma, non più, almeno!”.

“Cose da pazzi!”

“Il prodotto non è in commercio, Shiho lo prepara solo per mia madre e … per la signora Kizaki”.

“La mamma di Ran?”

“Sì, quando ha scoperto quello che mia madre aveva preteso, l’ha voluto pure lei. Sono in competizione fin dai tempi del liceo”.

“E tua moglie ha accettato?”

“Che ci vuoi fare? Ha sempre avuto un ottimo rapporto con mia madre e, sebbene all’inizio abbia opposto resistenza, ha acconsentito”.

“Ma se lo vendesse sareste ricchissimi!”

“Più di quanto non siamo ora? E che ce ne facciamo di tutti questi soldi? No, Shiho è soddisfatta del suo lavoro all’università, e non si vuole arricchire sfruttando l’APTX, non le sembra giusto per tutto il male provocato da quel farmaco”.

“E per la serie televisiva?”

“Sempre mia madre. Ha proposto il progetto alla Nichiuri, sostenendo che fosse un’idea originale di mio padre; ovviamente all’emittente non è sembrato vero di poter mandare in onda un programma scritto da Yusaku Kudo e prodotto dalla famosa attrice Yukiko Fujimine ed hanno accettato. La cosa triste è che l’anime sta avendo un successo incredibile. Secondo mia madre potrebbe durare pure venti anni! Ci vogliono fare anche un manga!”

Tutto questo trambusto destò intanto Kazuha che scese al piano terra, seguita dopo poco da Shiho. Tutti si ritrovarono a far colazione attorno al tavolo. La nottata sembrava aver rasserenato la signora Kudo che, forse anche per il senso di colpa, mostrava ora il suo consueto umore, riservato, ma moderatamente allegro: per quanto potesse mostrarsi allegra Shiho Miyano. Un bacio a fil di labbra suggellò la pace coniugale ritrovata.

Il primo pomeriggio vide l’arrivo del signor Yusaku Kudo ed i preparativi per le nozze che si sarebbero svolte alle 18.00. intorno alle 17.00 tutta la comitiva lasciò la villa diretta sul luogo della cerimonia.

“Ed il professor Agasa non viene?”, domandò Hattori passando davanti alla casa del bislacco inventore.

“Sì, lo troveremo già lì con sua moglie. Da quando s’è sposato s’è trasferito dalla sua consorte ed ora vive a Shinjuku; la villa è chiusa ormai da tempo, ogni tanto mia moglie fa pulire da una ditta specializzata”.

Il tragitto verso il luogo della cerimonia fu abbastanza breve: dopo circa venti minuti il gruppetto dei Kudo raggiunse l’imponente e sfarzosa dimora della famiglia Suzuki. Il giardino era già pronto per ricevere i futuri sposi ed i loro ospiti: camerieri andavano avanti e dietro per preparare ogni cosa al meglio, il nutrito gruppo di guardie private sorvegliava con fare attento ma discreto che nessuna delle illustri persone convenute subisse un qualche danno. La stampa aveva descritto le nozze di Sonoko Suzuki e Makoto Kyogoku come il matrimonio del secolo: dopo un lunghissimo fidanzamento, durato dodici anni, la secondogenita di Shiro Suzuki convolava a giuste nozze; oltre ai Kudo erano presenti tutte le personalità del Giappone, politici, capitani d’industria, banchieri, uomini d’affari, gente dello spettacolo e dello sport: chiunque contasse qualcosa nel Paese del Sol levante era a quella festa.

Anche la Nichiuri Tv era presente con un nutrito gruppo di giornalisti e cameraman per seguire l’evento mondano dell’anno. Alle 18.00 in punto gli sposi entrarono nell’ampio salone del pianoterra che era stato approntato per la funzione religiosa: seguendo il volere della sua famiglia e del suo futuro sposo, Sonoko aveva optato, ossia era stata costretta, per una cerimonia di tipo scintoista, sebbene avrebbe voluto qualcosa di più occidentale per il suo matrimonio; quindi con immenso stupore gli invitati videro entrare la secondogenita dei Suzuki, nonché più giovane membro del consiglio d’amministrazione della Suzuki Zaibatsu, fasciata in un meraviglioso yukata nuziale bianco con aironi dorati ad impreziosirlo, anche Makoto indossava l’abito tradizionale, ma di colore nero. Il sacerdote quindi diede inizio alla cerimonia vera e propria.


CONTINUA

Nel prossimo capitolo:

"Sono monsieur Jean Racine, amministratore delegato della Racine Inc., una delle affiliate estere della Suzuki Zaibatsu".
 
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Capitolo 7 Un ospite inatteso

Compiuto il rito, i due neo-sposi, Sonoko e Makoto Suzuki, si andarono a cambiare in camera per indossare abiti più comodi per poter prendere parte al rinfresco. Un fragoroso applauso accolse la coppia quando questa raggiunse gli invitati nell’enorme giardino della dimora. Sonoko, per l’occasione, aveva fatto allungare i suoi meravigliosi capelli biondi che ora raggiungevano la schiena ed erano superbamente acconciati. Sua madre, la signora Tomoko, le aveva prestato la famosa perla Black Star che anni prima anche Kaito Kid aveva cercato, inutilmente, di rubare. Il gioiello campeggiava al centro della scollatura della giovane sposa ed attirava l’attenzione di tutti i presenti.

“Ma non temi che qualcuno possa provare a rubarla? Questa è la prima volta che compare in pubblico dalle nozze di tua sorella!”, le chiese Ran indicando il gioiello.

“Magari il mio dolce Kid ci provasse: ah, sarebbe il giorno più bello della mia vita! Ma non ha mandato alcun avviso, quindi non credo che verrà. A pensarci bene, perché a te, Shiho, fece il regalo di nozze ed a me no?”

“Ma sei scema, le rifilò una tiara rubata solo per farmi un dispetto, e poi dovrebbe essere il giorno più bello già adesso, visto che ti sei sposata!”, sentenziò Shinichi, ancora scottato per l’improvvisata che il Mago del chiaro di Luna aveva fatto alle sue nozze cinque anni prima, “fortuna che Makoto è dall’altro lato del giardino. Ancora non capisco cosa ci trovi in te! Diamine, ha aspettato anni prima che ti decidessi al grande passo!”, e detto così iniziò a scrutare la giovane molto attentamente.

“Makotuccio mi ama per quella che sono, questo gli basta! E poi, che male c’è se ho voluto divertirmi ed affermarmi professionalmente prima di sposarmi? Anche il mio tesoro era d’accordo; lui, prima di sposarsi, voleva aprire la palestra che sognava da sempre ed io entrare nel Consiglio d’Amministrazione dell’azienda di famiglia: ora abbiamo ottenuto quanto c’eravamo prefissati ed abbiamo organizzato queste nozze. Ma che ne capisci tu, che hai in testa solo cadaveri? Piuttosto, vorrei sapere perché ho invitato anche te a questa festa! Ah, è vero, l’ho fatto perché sono amica di tua moglie”, ed iniziò a sghignazzare nel modo fastidioso che da sempre irritava Kudo, “ inoltre, c’è un’altra persona che c’è rimasta male per il disinteresse di Kid: mio zio Jirochiki. Nonostante l’età vorrebbe ancora catturare quel ladro inafferrabile!”, e con lo sguardo cercò il vecchio zio che ormai, a causa dell’età e degli acciacchi, era costretto a vivere su una sedia a rotelle, ma non aveva perduto il vigore che lo contraddistingueva, ed in quel momento stava rimproverando un suo assistente per non si sa bene qual motivo. “Tornando seri, il servizio d’ordine è imponente, dato il livello sociale degli invitati, nemmeno una mosca potrebbe entrare”.

“Lo spero proprio! Ho visto che ci sono diverse vecchie conoscenze, c’è pure quell’antipatico di Takuya Mifune, presidente delle Mifune Electronics, ed il famoso mago Kazumi Sanada”, commentò nuovamente Ran.

“Ovvio, la società di Mifune è associata alla nostra, e Sanada terrà uno spettacolo di magia più tardi. Inoltre il buffet è stato curato in persona da Joji Hatamoto, il padrone della famosa catena di ristoranti francesi, ve lo ricordate, no?”

“Come scordare quel viaggio per nave!”, disse Kudo.

“Fammi indovinare, ci scappò il morto, vero?”, chiese sarcastica Shiho.

“Furono due, in effetti …”.

“C’avrei scommesso!”

“A proposito, Sonoko, i miei genitori non sono potuti venire, si sono concessi una seconda luna di miele su una nave da crociera, saranno alle Hawaii in questo momento”, spiegò Ran.

“Non ti preoccupare, tua madre è passata a salutarmi con il signor Kogoro prima di partire: è tutto ok”.

“Ma come mai cucina francese per la cena? Non doveva essere tutto tradizionale nipponico?”, domandò Shiho che osservava da lontano le sue figlie giocare con gli altri bambini.

“Mio padre e Makoto hanno voluto la cerimonia secondo tutti i canoni ma per il buffet mi sono impuntata. E poi cosa c’è di più chic della cucina francese?”

“Ha perfettamente ragione, ma chérie. La Francia è la patria del buon vino, del buon cibo e della galanteria”, così dicendo uno strano personaggio s’avvicinò al gruppo e baciò la mano della sposa. Era un signore di mezza età, dai modi estremamente raffinati e cortesi, il suo aspetto lo faceva chiaramente apparire un occidentale mentre il suo accento lo qualificava come francese.

“Lei sarebbe?”, chiese Hattori sospettoso.

“Oh, non mi sono presentato, chiedo scusa. Sono monsieur Jean Racine, amministratore delegato della Racine Inc., una delle affiliate estere della Suzuki Zaibatsu. Era da tempo che volevo conoscere la giovane madame Sonoko, m’avevano detto che era molto bella, ma non c’avevo voluto credere”.

“Suvvia, monsieur Racine, non dica così, mi mette in imbarazzo”, disse l'interessata sghignazzando.

“Queste meravigliose signore sono sue amiche?”, chiese ancora il galante francese.

“Sì, le mie migliori amiche: Ran Hondo, Shiho Kudo e Kazuha Hattori”.

Racine si rivolse verso Miyano: “Allora è lei la moglie del famoso detective Kudo? Ho molto sentito parlare di suo marito, mi avevano detto che aveva sposato una bellissima donna, ed era vero”.

Shiho rimase in silenzio, inarcò un sopracciglio e continuò ad osservare con curiosità lo strano ometto che intanto persisteva nel tenerle la mano in modo fastidioso. Shinichi, alla fine, decise d’intervenire:

“Se vuole conoscere il marito, sono io!”, quindi prese la mano dell’uomo e la staccò da sua moglie stringendola forte. Alla fine Racine si congedò e s’allontanò.

“Strano tizio”, concluse Hattori.

“Più che altro ho visto che il nostro Kudo è geloso di un vecchio!”, iniziò a ridacchiare Sonoko.

“Ma finiscila!”, commentò il diretto interessato in modo molto distratto; il suo sguardo non sfuggì a sua moglie.

“Che c’è?”

“Quell’uomo non mi convince. C’è qualcosa di strano in lui! Non so, è come un’impressione”.

“Oh ragazzi eccovi qui, finalmente”. La comitiva si voltò ed osservò il sorridente viso del professor Agasa accompagnato da sua moglie, la nota stilista Fusae Campbell.

“Salve professore, credevo che non sarebbe più venuto”.

“Come facevo a non venire alle nozze di Sonoko? E poi gli abiti degli sposi li ha disegnati la mia adorata Fusae”, e così dicendo diede un bacio sulla guancia a sua moglie, quindi abbracciò vigorosamente, nonostante l’età avanzante, Shiho che era per lui come una figlia. Anche le piccole Kudo gli fecero festa essendo un quasi nonno per loro (oltre che fonte primaria di giochi sempre nuovi ed originali).

Mentre il gruppetto s’intratteneva con Agasa, fece la sua comparsa il dottor Araide, al braccio di Christine. L’arrivo della donna, ed i suoi soliti calorosi saluti nei riguardi di Shinichi, resero Miyano di cattivo umore; fortunatamente un’emergenza medica obbligò il dottore a lasciare la festa dopo poco ed anche la sua accompagnatrice preferì rincasare non conoscendo quasi nessuno e sentendosi quindi a disagio a rimanere sola. L’uscita di scena della tata rasserenò Shiho che in poco tempo dimenticò l’accaduto e riprese il suo solito umore.


La festa proseguì senza intoppi: i manicaretti preparati da Hatamoto riscossero enorme successo, la famiglia Suzuki era indaffaratissima nel suo ruolo di perfetti padroni di casa. Da qualche minuto Sonoko era rientrata all’interno, quando un urlo interruppe il cicaleccio degli invitati: la signora Tomoko corse in giardino annunciando che sua figlia era svenuta in bagno e che la Black Star era scomparsa. Immediatamente Shinichi, Heiji, Yusaku ed Eisuke seguirono lo sposo ed il signor Shiro all’interno e raggiunsero la sposina che s’era appena ripresa, insieme a loro si trovava anche la piccola Ran che approfittava di ogni occasione per prender parte alle indagini del padre.

“Sto bene, non mi ha fatto male”.

“Hai visto qualcosa?”, domandò Hattori.

“No, sono stata presa di spalle e sono svenuta, forse mi hanno addormentata. Al mio risveglio vi ho trovati tutti qui”.

“Che sia stato Kid?”, domandò preoccupato il signor Suzuki.

“Ne dubito”, intervenne Yusaku, “non è stato inviato alcun messaggio, sebbene le nozze fossero sulla bocca di tutti, e poi non sembra il modus operandi di quel ladro”.

“Secondo me…”, intervenne Hondo che fu però subito bloccato da Shinichi:

“So chi è stato, venite con me!”

Il gruppetto tornò in giardino dove tutti attendevano con trepidazione l’evolversi della vicenda. Il giovane Kudo si diresse sicuro verso il signor Racine che faceva il galante con una delle invitate.

“La commedia è finita, amico!”, esclamò con tono risoluto e sguardo brillante, quello sguardo che le donne trovavano irresistibile e che indicava che lui, Shinichi Kudo, era giunto ad incastrare uno scaltro colpevole: quello sguardo che faceva palpitare il cuore di sua moglie e che l’aveva fatta innamorare di lui, sebbene ella non avrebbe mai ammesso una cosa simile, nemmeno sotto tortura.

Racine rimase perplesso, il signor Suzuki s’intromise facendo notare a Kudo che quello era uno dei più importanti ospiti della cerimonia, amministratore delegato di una società francese da sempre associata alla loro, non poteva lanciare accuse contro un uomo come Jean Racine, soprattutto senza prove.

Lo zio Jirokichi iniziò ad urlare che si trattava di Kid, ma Kudo scosse la testa:

“Da quello che so, il signor Racine ha iniziato a lavorare a 16 anni come taglialegna nei boschi delle Ardenne nella segheria di famiglia. Poi, con il passare del tempo è divenuto il ricco e raffinato uomo che conosciamo. Non è vero, signor Suzuki?”

“Sì, è cosa nota, anche ora, nonostante l’età, il mo amico Jean non disdegna di abbattere qualche albero di persona in ricordo dei vecchi tempi. Tre anni fa me ne diede dimostrazione quando lo andai a trovare a Parigi”.

“Proprio quello che sapevo anche io. Ma c’è una cosa che mi ha lasciato perplesso fin da quando s’è presentato a mia moglie poco fa. Un uomo che ha tagliato alberi per buona parte della sua vita, e che lo fa anche ora, può avere le mani prive di alcun callo?”

“Direi proprio di no!”, esclamò la piccola Ran che era vicina al suo papà ed aveva strappato un sorriso ai presenti con il suo sguardo inquisitore, in tutto e per tutto uguale a quello di Shinichi (la sorella era rimasta invece con la madre ed osservava tutto in silenzio).

“Come giustamente fa notare mia figlia, è una cosa impossibile, lo sa anche una bambina. Ed allora, signor Racine, mi spiega perché la sua mano, quando l’ho stretta poco fa, è risultata liscia e ben curata come se non avesse mai toccato un’ascia in vita sua?”

L’uomo sorrise e poi rispose: “semplicemente perché non ho reputato necessario applicare dei calli finti per questo colpo. Ma con tutti questi detective sono stato imprudente”.

Così dicendo mostrò la Black Star che teneva nascosta nel taschino e la lanciò verso Kudo.

“Ottimo lavoro, detective, sei meglio del mio amico Zazà!”, e mentre parlava si tolse la maschera di Racine e mostrò il suo vero volto, quello del famoso ladro gentiluomo: Lupin III. Lo sbigottimento fu generale.

“Spero che la signora non si sia spaventata, non era nelle mie intenzioni. Mi saluti la signora Shiho, è veramente incantevole”.

“Credi di farla franca, Lupin?”

“Ovviamente!”

In quel mentre il fragore di un elicottero squarciò il cielo, una scaletta di corda giunse sulla testa del famigerato ladro che vi salì sopra.

“Au revoir!”

Shinichi cercò d’inseguirlo, ma questi lanciò una delle sue scarpe, da cui uscì fuori una lama, che s’andò a conficcare davanti al detective che perse qualche secondo, il ladro salì a bordo e fu subito interrogato dalla sua sensualissima socia:

“Dov’è la Black Star?”

“Fujiko, tesoro, in verità …”

“Ti sei fatto fregare? Ti odio Lupin!”

“Non dire così, chérie, lo sai che ti amo, parliamone!”

“Ah, poveri noi! Non cambierà mai!”, costatò sconsolato un uomo con una folta barba seduto sul sedile posteriore, quindi si calò il cappello nero sugli occhi e si mise a dormire; l’elicottero s’alzò in alto e scomparve nel cielo.


CONTINUA

Nel prossimo capitolo:


“Ran, mio padre ci ha dato la villa di Izu tutta per noi per il finesettimana. Tu e tuo marito verrete, vero?”
 
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Capitolo 8 Promesse ed indagini

Tutti i presenti al ricevimento, intanto, iniziarono ad applaudire scandendo il nome di Kudo, Hondo, umiliato ed afflitto, s’allontanò dal giardino entrando nella villa seguito da sua moglie.

“Sono stanco, Ran, sono stanco di lottare contro di lui!”

“Ma di chi parli?”

“Di Shinichi. Ha capito tutto solamente stringendogli la mano; io stavo immaginando chissà quali retroscena all’aggressione e lui aveva già risolto il caso. Come si può competere con uno così?”

“Nessuno ti ha mai chiesto di competere, e poi ha scoperto Lupin solo perché gli aveva stretto la mano: è stato un caso”.

“Ma questi casi fortuiti capitano sempre e solo a lui. Forse tu saresti stata più felice con lui che … con un fallito come me!”

“Non dire assurdità, da quando ti ho sposato non ho mai rimpianto nulla, nemmeno per un momento. La tua dolcezza e la tua tenacia mi hanno conquistato, non ti avrei sposato se non ti amassi”.

“Se fosse stato lui a seguire il caso di Vermouth, quella donna sarebbe in galera da tempo, invece sono cinque anni che la fa franca. Megure m’ha detto che se entro fine Settembre non si giungerà ad una conclusione, la CIA mi richiamerà a Washington e manderà qualcun altro ad occuparsi del caso”.

“Ma non possono farlo! È il tuo caso!”

“Lo faranno, lo faranno. Non sembrerà vero ai nemici di mia sorella di gettare fango sugli Hondo, e sarà colpa mia … solo colpa mia!”

Sebbene le desse le spalle, Ran comprese subito che suo marito stava piangendo sommessamente, non sapeva come aiutarlo: Shinichi aveva rifiutato di darle una mano, lei non era un detective e comunque Eisuke non avrebbe accettato l’intromissione di nessuno, Vermouth era un suo problema ed egli voleva risolverlo da solo, per dimostrare a tutti, a Megure, a Shinichi, a Ran, ad Hidemi ed a se stesso, di non essere un incapace e d’aver imparato la lezione. Da quando quella donna era sfuggita alla sua custodia, cinque anni prima, non s’era dato pace, ora sua moglie poteva fare solo una cosa per lui, stargli vicino ed appoggiarlo: quindi gli si avvicinò e lo abbracciò teneramente di spalle, Eisuke smise di piangere e le prese la mano, si voltò verso di lei e la baciò.

“Ce la farò, Ran, te lo giuro, prenderò quella dannata e la manderò a marcire in galera! Tutti sapranno chi è Eisuke Hondo della CIA!”



La coppia si riunì quindi al resto del gruppo proprio mentre il signor Suzuki stava finendo di parlare con Shinichi che ringraziava l’uomo per quanto gli stava dicendo. Sonoko, vedendo sopraggiungere l’amica, le corse incontro e le spiegò tutto:

“Ran, mio padre ci ha dato la villa di Izu tutta per noi per il finesettimana. Tu e tuo marito verrete, vero?”

Hondo avrebbe voluto evitare di passare altro tempo con Kudo, ma sapeva bene che sua moglie e la giovane sposina erano amiche dall’infanzia, quindi decise di andare con loro. La festa riprese quindi in tranquillità e proseguì fino a notte fonda.



L’indomani Heiji e Kazuha ripartirono per Osaka, la futura mamma s’era molto stancata e preferiva rientrare a casa propria, data la gravidanza avanzata. La famiglia Kudo proseguì invece nella sua solita attività, preparandosi alla gita ad Izu.

“Pertanto, Christine, per questo finesettimana non avremo bisogno di te, saremo ospiti dei Suzuki ad Izu, approfittante per prenderti un po’ di riposo, vai al mare con Araide, o fate una gita, ci vediamo lunedì mattina”.

“Ma se volete posso venire con voi! Sarete più liberi, se mi prenderò cura delle bambine”.

“In effetti …”, stava valutando Shinichi.

“No, grazie, non ce n’è bisogno. Si prenda il week end libero, ci vediamo lunedì!”, intervenne con tono freddo ed asettico Shiho. La giovane tata salutò le piccole e si diresse all’uscita. Sull’uscio si voltò verso Shinichi e gli chiese:

“E quando partirete?”

“Tra qualche ora”
.
“Allora buon viaggio, a lunedì”.

Uscendo, Christine diede la mano a Shiho e baciò sulla guancia Shinichi. Mentre richiudeva la porta, il detective dell’Est chiese a sua moglie:

“Non ti sembra d’essere stata troppo scortese?”

“Non ti sembra d’essere troppo accondiscendente?”

Shinichi comprese che era meglio non toccare quel tasto ed andò a giocare con le bambine. Shiho si ritirò nel suo laboratorio.



La partenza per Izu era prevista per mezzogiorno, intorno alle undici giunse un nuovo ospite. Il famoso detective si diresse all’ingresso aprì la porta e si ritrovò faccia a faccia con uno strano tipo con un completo marrone, la cravatta sgualcita, un impermeabile, anche questo stropicciato, ed un cappello in testa; in bocca aveva una sigaretta accesa, pure questa tutta storta e maltrattata. Lo sguardo, in compenso, era scaltro ed acuto. Kudo lo scrutò qualche secondo, poi sorrise e, prima che l’uomo parlasse, lo salutò dicendo:

“Suppongo che lei sia l’ispettore Koichi Zenigata dell’Interpol! Mio padre m’aveva detto che sarebbe passato uno di questi giorni; prego s’accomodi”.

Il poliziotto rimase stupito, il suo vecchio amico Yusaku Kudo gli aveva sempre decantato le grandi capacità deduttive di suo figlio, che egli non aveva mai visto, ma quanto riferito da un padre va sempre preso con la dovuta diffidenza; invece quanto raccontato era inferiore alla realtà. Comunque l’uomo entrò in casa e s’accomodò nello studio. Dopo aver spento la cicca, iniziò a parlare:

“Ho saputo che quel dannato Lupin ha rovinato il matrimonio di casa Suzuki! Me ne dispiaccio proprio. Fortunatamente lei ha impedito il furto, non è semplice scoprire quel delinquente, se fossi stato presente avrei potuto catturarlo, ma purtroppo … è andata così”.

“Ispettore, scusi la fretta, ma tra un’ora dobbiamo partire, ha qualcosa per me?”

“Ha ragione, signor Kudo. Vengo al punto della discussione: suo padre mi ha chiesto, su suo incarico, di compiere qualche ricerca sulla signorina Christine Bellabocca, la tata delle sue figlie. Ho lavorato al caso per oltre due settimane, ma purtroppo non sono giunto a nulla. Per quanto ne sappia l’Interpol, questa donna non esiste. Nessuno la conosce, nemmeno nella comunità italo-americana, le notizie che lei ci ha riportato, sui suoi studi e sui suoi dati anagrafici risultano false, ma oltre a ciò non si sa nulla. Chi sia, come si chiami e perché sia in Giappone sono notizie che non sono riuscito a reperire: a questo punto non posso neppure garantire che sia effettivamente americana. Certamente trama qualcosa, ma quale sia il suo piano è un mistero. L’unico consiglio che le posso dare è d’avvertire le autorità: se risultasse veramente una straniera entrata in questo Paese con documenti ed identità evidentemente fasulli, potrebbero almeno espellerla; per certo i documenti sono falsi, ciò da solo potrebbe bastare per un fermo di polizia. Questo è tutto l’incartamento che ho potuto raccogliere”.

Così dicendo Zenigata passò una carpetta a Shinichi che aveva ascoltato la sua relazione in silenzio, tenendo le mani giunte davanti alla bocca. Presi i documenti, aggiunse:

“La ringrazio, ispettore, è stato molto utile lo stesso. Mio padre mi ha incaricato di dirle che gli farebbe piacere incontrarlo e parlare dei vecchi tempi, se è possibile”.

“Non posso, spiacente. Devo riprendere la caccia a Lupin, la sua apparizione dai Suzuki indica che è in Giappone, devo battere il ferro finché è caldo. Sarà per un’altra volta, saluti Yusaku da parte mia”.

Zenigata, s’alzò dalla sedia e fu accompagnato alla porta da Kudo.

“Chi era quell’uomo?”, Shinichi si voltò e vide sua moglie e le piccole, pronte per il viaggio, in cima alle scale.

“L’ispettore Zenigata dell’Interpol, mi ha chiesto della visita di Lupin III al matrimonio, lo insegue da anni”.

“Non c’è altro?”

“No, nulla. Voi siete pronte?”

“Sì, come vedi”.

“Bene, andiamo in stazione, allora”.

La famiglia Kudo lasciò la propria casa e si diresse alla stazione ferroviaria per recarsi ad Izu. Il viaggio fu comodo e veloce, le bambine, per una volta, si comportarono secondo la loro età causando confusione, gridando, correndo nei corridoi, giocando con i loro genitori e facendosi rimproverare degli altri passeggeri.

Nonostante i brutti presentimenti e lo strano comportamento di suo marito, Shiho decise di godersi quella insperata pausa dalla routine quotidiana e divertirsi in quel luogo da favola dov’era andata solo una volta quando era ancora Ai, ma allora, come spesso accadeva, c’era scappato un morto, un pescatore ucciso ed avvolto in una rete, e la vacanza era stata rovinata. Miyano sperava che questa volta, alloggiando a villa Suzuki e non in un hotel, le cose sarebbero andate diversamente (sebbene avesse scoperto che anche quella casa aveva assistito ad un delitto, quando il suocero della sorella di Sonoko era stato ucciso da uno dei suoi figli; anche quella volta Conan aveva scagionato il sospettato e fatto arrestare il colpevole. Era strano ma, ovunque andasse, ci scappava il morto: che suo marito portasse sfortuna?). Ridacchiando all’idea d’aver sposato un menagramo, la donna volse lo sguardo fuori dal finestrino per godersi lo spettacolo del paesaggio che mutava in continuazione.


CONTINUA

Nel prossimo capitolo:

“Aiuto, un borseggiatore mi ha rapinata!”
 
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Capitolo 9 Un nuovo detective

Si era quasi giunti in stazione, quando una donna iniziò ad urlare in mezzo al vagone dove si trovavano i Kudo.

“Aiuto, un borseggiatore mi ha rapinata!”

Immediatamente Shinichi s’alzò dal suo posto per prestare aiuto, Shiho sollevò un secondo lo sguardo dalla sua rivista di moda e sospirò pensando: “figurarsi se poteva farsi gli affari suoi, per una volta che siamo in vacanza!”, quindi rise di se stessa che ancora si stupiva, dopo tutti questi anni, per il comportamento del “Signore in Giallo”, come l’aveva ribattezzato un compagno d’asilo delle bambine. A proposito delle piccole, la signora Kudo notò che mentre Akemi era rimasta seduta al suo fianco a leggere il suo libro di favole, Ran era subito partita in quinta dietro a suo padre. La scienziata dai capelli ramati scosse il capo: “sono proprio nostre figlie!”

Suo marito, intanto, aveva raggiunto la signora in difficoltà, s’era presentato ed aveva offerto il proprio aiuto. La giovane donna, Rumiko Tendo, di anni 27, accettò l’offerta del famoso investigatore e riprese a spiegare la situazione. Dopo essere andata in bagno, la signorina era tornata al proprio posto e s’era appisolata, forse per dieci minuti; al suo risveglio aveva scoperto che la sua borsetta era aperta, mentre era certa che fosse chiusa prima, ed era sparita la pen drive con dei dati sensibili. La giovane, infatti, era ricercatrice in una società informatica di Tokyo ed aveva sviluppato un nuovo sistema antivirus per computer. La donna stava andando a casa per il finesettimana ed aveva portato i dati con sé per ricontrollarli prima della loro presentazione ufficiale lunedì mattina.

Shinichi e Ran ascoltarono tutto attentamente, quindi il detective andò a controllare il bagno. Il piccolo vano non conteneva nulla di sospetto, pertanto scambiò due parole con il controllore seduto lì vicino. Tornato dopo pochi minuti, Kudo disse al capotreno:

“Sembra ovvio che il ladro abbia compiuto il furto su commissione: nonostante la signorina Tendo avesse con sé molto denaro, l’unica cosa ad essere sparita è la pen drive con i dati sull’antivirus. Poco fa il suo collega nel vagone dopo il nostro mi ha avvisato che, tranne la signorina, nessuno ha lasciato questo scompartimento negli ultimi trenta minuti; lei controlla il vagone prima di questo, ha visto qualcuno?”; il controllore negò categoricamente. “Allora questo significa che il ladro è qui con noi!”

Oltre alla famiglia Kudo ed alla rapinata, c’erano altre quattro persone nello scompartimento. Un signore di mezza età, tal Shuichi Mass, un giovanotto dai capelli biondi, Alto Saotome, una donna anziana, Rui Akagi, sorda come una campana, ed una graziosa signorina, Marie Hayase.

Kudo, con l’aiuto del capotreno, ottenne di poter visionare i bagagli dei quattro sospetti; ma non fu scoperto nulla. Fu controllato quindi il portatile di Saotome, ma il programma antivirus non fu trovato; il detective dell’Est provvide poi a perquisire i due uomini ma non giunse ad alcun risultato. Restavano solo le due donne, che ovviamente lui non poteva controllare, fu quindi costretto a chiedere l’aiuto di sua moglie, che lo guardò storto per un secondo e poi riprese a leggere la sua rivista senza nemmeno degnarlo di una risposta (figurarsi se si lasciava trascinare nell’ennesima indagine!).

Shinichi non si perse d’animo, scambiò un’occhiata con Ran e la piccola, avendo afferrato al volo, iniziò a chiedere, con tono supplichevole, che la mamma li aiutasse. Non c’è donna al mondo che direbbe di no alla propria piccola, e Shiho non faceva eccezione:

“Sfruttare una bambina per i tuoi scopi; sei proprio disgustoso!”, disse, con finto rimprovero al marito. Quindi andò nel bagno con le due indiziate e le controllò: non fu trovato niente.

Mancavano ormai cinque minuti all’arrivo in stazione, i quattro sospetti erano furiosi per l’accusa immotivata, la rapinata si lamentava dicendo che sarebbe stata licenziata; Ran, ad un tratto, ruppe il filo dei pensieri di suo padre:

“Ma come ha fatto il ladro a sottrarre l’oggetto senza essere visto da nessuno di noi?”

Kudo si voltò verso la sua creatura con gli occhi spalancati, poi sorrise con fare beffardo (sua moglie, osservandolo da sopra la rivista, che fingeva di sfogliare, ridacchiò tra sé, “caso chiuso!”, pensò):

“Ran, cosa dice sempre Holmes?”

La bambina ci pensò su qualche secondo, poi rispose:

“Se elimini l’impossibile, quello che rimane, per quanto improvabile, è la verità!”

“Precisamente! La pen drive non si trova da nessuna parte, i quattro sospetti non ce l’hanno addosso, né possono averla data a qualcun altro. Non possono averla gettata dal finestrino, noi li avremmo visti, e del resto non potevano neppure sottrarla dalla borsa, proprio perché anche in quel caso noi, seduti pochi posti dietro la signorina Tendo, li avremmo visti. Se la signorina fosse stata aggredita in bagno la cosa sarebbe stata diversa, ma ha testimoniato che la borsetta era chiusa finché non s’è svegliata al suo posto. Quindi il furto è avvenuto qui, in questa carrozza.

Ora, se eliminiamo l’impossibile, ossia che uno dei quattro abbia rubato l’oggetto, quello che rimane, cioè la verità, per quanto improvabile, è che l’autore del furto sia la stessa signorina Tendo!”

I presenti rimasero attoniti. Il silenzio fu rotto dalla risata fragorosa dell’accusata:

“Ma lei è pazzo! Io sono la vittima! Avevo sentito parlare di lei come di un grande investigatore, ma credo che la sua fama sia del tutto immotivata! Allora dov’è la pen drive?”

E così dicendo rovesciò la sua borsetta, facendo fuoriuscire tutto ciò che conteneva; ovviamente dell’oggetto scomparso nessuna traccia.

“Ha ragione, le chiedo scusa, sono stato avventato!”, riprese Kudo dopo qualche secondo di riflessione, “lei è seduta tre file davanti a noi, io la potevo osservare con agio per tutto il tempo e non l’ho mai vista avvicinarsi ai suoi bagagli o ad altro, quindi so per certo che la pen drive non può essere nella borsetta o altrove tra i suoi bagagli, le chiedo di nuovo scusa, non può essere lei la colpevole: ho detto una sciocchezza”.

La giovane era ormai rasserenata dalle scuse di Kudo. Questi, giratosi come per tornarsi a sedere, si rivolse invece verso sua figlia:

“Ehi, piccolina, cosa dice ancora Holmes?”

Ran meditò ancora poi disse:

“Se vuoi nascondere qualcosa, mettilo bene in vista!”

Kudo era orgogliosissimo di sua figlia, anche Shiho, che continuava a fingere di non seguire la discussione, era esaltata, in cuor suo, per le enormi capacità che la piccola dimostrava, sebbene la cosa, in certi momenti, la preoccupasse.

“Mi dica, signorina Tendo”, riprese intanto Shinichi tornato repentinamente sui suoi passi, “ho visto che ha preso del ramen precotto. Dal momento che il coperchio è sollevato, deduco che lo stava mangiando”.

La donna osservò la confezione sul tavolino reclinabile davanti alla sua poltrona, deglutì e confermò che quello era il suo pranzo, acquistato prima della partenza.

“A quest’ora gli spaghetti saranno ormai freddi e ridotti in poltiglia, sarà trascorso molto tempo da quando ha iniziato a mangiarli. Per farmi perdonare della mia scortesia, mi permetta di offrirle un pranzo come si deve non appena giunti in stazione. Ran, prendi quel ramen e buttalo nel gabinetto!”

La bambina si mosse verso il tavolinetto della signorina per afferrare la confezione. La donna gettò un urlo e, fulmineamente, afferrò il contenitore stringendolo a sé. Shinichi mostrò un sorriso di trionfo:

“Signorina, perché non permette a mia figlia di gettare quel cibo?”

La Tendo rimase in silenzio, con capo chino.

“Escludendo la mia famiglia, che so per certo non essere colpevole, ho controllato tutti i passeggeri del vagone. Tutti: tranne lei!”

Così dicendo, Kudo prese il contenitore del ramen, sollevò il coperchio ed infilò le bacchette all’interno. Dopo pochi secondi qualcosa fu estratta in mezzo al brodo: una bustina di plastica con dentro la pen drive scomparsa.

“È questo quello che cerca?”

La giovane si mise a piangere. Confessò d’essere stata contattata da una società concorrente della sua che le aveva offerto un’enorme cifra per l’antivirus. La signorina, in grossi guai finanziari, aveva finito per accettare simulando il furto, avrebbe dovuto poi consegnare il programma ad un uomo che l’attendeva in stazione. Kudo l’affidò al capotreno e, con sua figlia, raggiunse il suo posto.

“Ti diverti a ficcanasare nelle piccole miserie dei tuoi simili!”, chiese Shiho, “ed ora trascini pure nostra figlia con te. Speravo in un finesettimana senza crimini ed invece ce li troviamo già durante il viaggio!”

“Non era un caso complicato, e neppure pericoloso; ma era stato denunciato un crimine, dovevo intervenire! E, comunque, guardala!”

Così dicendo fece segno a sua moglie d’osservare Ran. La bambina era voltata verso la signorina Tendo che il capotreno stava portando via: gli occhi le brillavano. Per la prima volta aveva aiutato, in modo concreto, suo padre nelle indagini su un caso, aveva fatto qualcosa d’importante: aveva fatto la differenza. Nel vederla, Shiho si mise una mano sulla fronte, scosse il capo e commentò:

“Il vaso di Pandora è stato aperto. Il leoncino ha assaporato il gusto del sangue. È la fine: è nato un nuovo detective … ed abita in casa mia!”


Il treno entrava intanto in stazione; scesi dal convoglio, i Kudo furono accolti da Sonoko e Ran che erano andate a prenderli. Mentre li salutavano videro gli agenti di polizia salire sul vagone e scoprirono così che Shinichi aveva colpito ancora. Maggior stupore le colse quando la piccola Ran ammise d’aver aiutato il suo papà nel caso: le due giovani scoppiarono a ridere e costatarono che mai il detto “tale padre, tale figlio” era stato più vero.



CONTINUA

Nel prossimo capitolo:

“Da quanto mi stai osservando?”
“Da qualche minuto”.
“Ed a quale conclusione è giunto il famoso detective dell’Est?”
“Che c’è una bellissima donna su una spiaggia!”
 
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Capitolo 10 Finesettimana ad Izu (1^ parte)

La villa dei Suzuki era imponente come sempre. Gli anni trascorsi non sembravano aver sortito alcun effetto sull’enorme maniero. Shinichi c’era andato diverse volte, fin dall’infanzia, grazie all’amicizia che legava Ran Mori a Sonoko; l’ultima volta c’era stato tredici anni prima, quando era divenuto Conan ed aveva risolto il caso dell’omicidio del suocero della sorella di Sonoko, Ayako Suzuki. Da quella volta non c’aveva più messo piede, nemmeno quando Shiho e Sonoko erano divenute amiche: forse la ricca rampolla dei Suzuki reputava il luogo troppo legato al ricordo di Ran e non aveva voluto portarvi la sua nuova amica che, nonostante tutto, aveva sempre sentito la Mori gravare su Shinichi. Da quando però la giovane karateka, data per morta, era risultata viva ed era divenuta amica della Miyano, quel tabù era venuto meno ed alla fine, sebbene dopo cinque anni, anche la villa di Izu era rientrata nel giro dei posti frequentati dai Kudo.

Posati i bagagli in camera, gli ospiti andarono a salutare Ayako e suo marito Yuzo, che risiedevano nella villa accanto, di proprietà della famiglia Tomizawa, ossia quella dello sposo di Ayako stessa. La coppia s’era unita in matrimonio già da molti anni ed aveva due figli maschi, Tetsuharu e Taichi, di sette anni (erano infatti gemelli), che andavano molto d’accordo con le signorine Kudo, suscitando la gelosia del loro padre e l’ilarità degli altri che lo prendevano in giro per questo.

Quindi tutti si diressero alla spiaggia privata annessa a villa Suzuki per prendere il sole. I bambini si misero a giocare in riva al mare, i due piccoli Suzuki volevano edificare un castello degno delle principesse Kudo; gli adulti si divisero in due gruppi, gli uomini andarono a fare il bagno, le signore si disposero sotto l’ombrellone.

“Non vai a nuotare con tuo marito?”, chiese la Mori a Shiho, che non aveva indossato il costume ma un completo bianco da spiaggia.

“No, preferisco evitare il sole, tendo a prendere l’insolazione e non sempre posso contare su un’amica che mi viene in soccorso (se aspetto che se ne accorga Shinichi potrei pure morire; ma a quel punto diverrei di suo interesse)”, e si mise a ridacchiare. Poi riprese: “Piuttosto, tuo marito non è venuto?”

“No, è rimasto a Tokyo a lavorare, farà una scappata sabato sera e rimarrà con noi domenica mattina. La ricerca di Vermouth non conosce sosta”, e dicendo ciò sospirò profondamente.

“C’è qualcosa che non va?”, chiese allora Sonoko, notando il volto afflitto dell’amica.

Ran cercò di cambiare discorso, ma Shiho e Suzuki mantennero il punto, alla fine la giovane ammise il problema: se Eisuke non avesse concluso le indagini entro Settembre sarebbe stato richiamato in America. Le due giovani rimasero senza parole.

“Si sta ammazzando di lavoro per dimostrare che è un valente agente, ma non c’è che fare. Voglio credere nelle sue promesse, ma temo che non riuscirà a concludere nulla: non ce l’ha fatta in cinque anni, come farà in un mese?”

Sonoko e Shiho l’abbracciarono e cercarono di farle forza, intanto sopraggiunse Ayako che portava il necessario per la grigliata sulla spiaggia. Ran asciugò le lacrime e decise di dare una mano, piangere non l’avrebbe di certo aiutata.

La grigliata di pesce fu pronta in poco e tutti si riunirono sotto l’ombrellone per il pranzo: dopo una mattinata sulla spiaggia era necessario riprendere le forze. I bambini erano esausti; dopo il castello avevano giocato a rincorrersi per ore sulla battigia, poi avevano fatto a palle di sabbia tra loro e con i loro papà, quindi i gemelli avevano voluto dimostrare alle Kudo la loro forza sfidando il loro zio Makoto in uno scontro di karate, vincendolo, ovviamente. Dopo pranzo caddero in un sonno profondo ed Ayako s’offrì di portarli dentro e sorvegliarli, mentre il gruppo rimaneva ancora sulla riva.

“Vi invidio proprio, a te ed Ayako”, disse quindi la Mori rivolta a Shiho. “Avete dei bambini splendidi, e sono sicura che anche Sonoko ne avrà a breve”.

“Io a breve? Figurati, mi voglio divertire un altro po’ prima di impelagarmi in pappine e pannolini, sono una donna dallo spirito libero, io!”

“Perché, io non lo sarei?”, domandò scherzando Miyano.

“Che c’entra! Tu hai avuto un’infanzia particolare e farti una famiglia è risultato un tuo personale traguardo; io ho traguardi diversi!”

“Vedremo che ne pensa tuo marito!”, valutò Ran, “ehi, Makoto, tu vuoi dei figli?”

“Almeno otto!”

“Mi sembra che ci sia qualche divergenza su alcuni particolari di contorno!”, valutò seriosamente Shiho, Sonoko fece una faccia buffissima e quindi andò a cercare sua sorella. Le amiche scoppiarono a ridere.



Il solo era ormai tramontato sulla ridente località marina e tutti erano rientrati in villa per preparare la cena. Trascorsa qualche ora, un uomo andò in cerca di sua moglie, che aveva visto dirigersi verso la spiaggia qualche tempo prima. Giunto presso la riva trovò la donna dai capelli color rame che s’era seduta su una coperta per prendere la brezza serale osservando le onde precipitarsi sulla spiaggia.

“In America domandano un penny per i pensieri delle persone, tu ti accontenti?”

La giovane si voltò e vide suo marito che l’osservava attentamente, gli sorrise dolcemente e poi si girò nuovamente verso l’Oceano.

“Io non sono a così buon mercato, i miei pensieri costano! Diciamo, almeno duemila dollari!”

“Temevo di più!”

“Da quanto mi stai osservando?”

“Da qualche minuto”.

“Ed a quale conclusione è giunto il famoso detective dell’Est?”

“Che c’è una bellissima donna su una spiaggia!”

“Tutto qui? Dopo minuti d’osservazione, questo è quanto hai capito?”, chiese la giovane voltando il capo verso l’uomo e scostando una ciocca di capelli ramati che l’era finita su un occhio.

“Questo è quello che vedrebbe chiunque; ma io suppongo che questa donna abbia qualcosa che la turba! E che ciò sia dovuto a Ran Mori. Ho visto che avete parlato a lungo, insieme a Sonoko”.

Shiho annuì e spiegò la situazione a suo marito che intanto s’era messo a sedere sul plaid accanto a lei.

“Brutta storia, mi dispiace per Hondo”.

“Tu non puoi proprio fare nulla per lui? Magari domandare a quell’ispettore dell’Interpol, … Zenigata!”

“Ti ho spiegato i miei motivi, non insistere”.

“Va bene, scusa! E che mi dispiace per loro: in fondo è un po’ anche colpa nostra, soprattutto mia, se Vermouth è scappata”.

“Non dire così, le colpe non si dividono con l’accetta, e di certo io non sono meno responsabile di te. Ma non posso farci nulla!”

Shiho annuì e poggiò la testa sulla spalla di lui che le mise un braccio attorno al fianco. La Luna e le stelle brillavano nel cielo notturno creando un’atmosfera magica. Kudo riprese:

“Certe volte mi sveglio, nel cuore della notte, e penso che questi anni siano stati solo un sogno, che tu non sia con me, che Bourbon t’abbia uccisa ed io non sia riuscito a salvarti. Poi mi volto verso il tuo lato e ti vedo dormire tranquilla al mio fianco, nel letto di casa nostra ed allora ringrazio il Cielo per avermi concesso questa seconda opportunità. Vedo te, affermata docente universitaria, vedo le nostre piccole, così mature e sveglie per la loro età, e mi reputo l’uomo più felice del mondo. Il passato è ormai sepolto e tale deve rimanere!”

Shiho ascoltò lo sfogo di suo marito in silenzio, era raro che egli si aprisse così e confidasse i suoi sentimenti, le sue ansie ed incertezze. Era bello quando ciò accadeva, le faceva capire che anche il famoso Shinichi Kudo era un uomo come gli altri e che lei era la sua donna, l’unica con cui egli fosse disposto a mettere a nudo il suo “io” più riservato: questo rendeva un uomo ed una donna una coppia, una coppia vera, un piccolo mondo formato solo da due entità; e lei ne faceva parte.

Il filo dei pensieri è però capriccioso; da questi discorsi profondi, la sua mente la portò a pensare alle sue piccole e le venne da ridacchiare. Kudo se ne accorse:

“Che hai?”

“Pensavo alle nostre figlie. Sono tanto mature d’avere già gli spasimanti!”

“Quei gemelli terribili, le mie bambine non hanno sei anni e quelli fanno i galletti”.

“Ah, ah, finiscila. Sono solo bambini, scherzano. Poi è ovvio che vogliano bene alle piccole, le hanno viste nascere, sono amici fin dall’infanzia”.

“Avrai ragione tu … come sempre, del resto!”

Kudo osservò sua moglie negli occhi e quindi le diede un caldo bacio, poi riprese:

“Hai freddo, è meglio se rientriamo!”

“No, rimaniamo ancora un po’, se mi abbracci stretta il gelo della notte andrà via”.

Kudo le diede un ulteriore bacio tra i capelli, la strinse maggiormente a sé e rimase con lei a guardare le onde.



CONTINUA

Nel prossimo capitolo:


Quella sera Eisuke Hondo fece finalmente la sua apparizione a villa Suzuki.
 
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Capitolo 11 Finesettimana ad Izu (2^ parte)

L’alba sorprese la coppia sulla spiaggia: il sonno li aveva vinti e s’erano addormentati sulla battigia, stretti in un tenero abbraccio ed avvolti nella coperta. Così li trovò Sonoko che, svegliatasi per prima, li aveva scorti dalla terrazza della villa; ovviamente la giovane non perse l’occasione di dedicarsi al suo sport preferito: la presa in giro di Kudo:

“Ma che teneri piccioncini! Siete proprio carini!”

All’udire la voce della Suzuki, Shinichi aprì gli occhi e per un momento non capì dove fosse. Poi, lentamente, comprese di trovarsi sulla spiaggia e notò sua moglie che s’accucciava stretta a lui.

“Volete che vi lasci soli?”, proseguiva intanto l’ereditiera.

“Ma dico, non ce l’hai un marito con cui farti le coccole, invece di dare il tormento al prossimo?”

“Tu non sei il mio prossimo, Kudo, sei la mia vittima!”

“Sei sempre gentile con me. Ti prometto questo, Sonoko, se mai ritroveranno il tuo cadavere in un fosso troverò il suo assassino e gli darò un premio in denaro!”

“Ah, ah! Molto spiritoso! Venite dentro, il caffè è pronto!”

Sonoko s’allontanò, intanto Shiho si destò, la discussione tra suo marito e la Suzuki avrebbe svegliato pure un morto. Lo guardò negli occhi e gli disse:

“Vi punzecchiate fin di primo mattino?”

Lui le diede un bacio a fil di labbra e le sorrise. Miyano si stupì pensando che quel meraviglioso uomo fosse divenuto suo marito, se glielo avessero predetto la prima volta che lo vide seduto in classe sotto le mentite spoglie di Conan Edogawa non c’avrebbe mai creduto. Rimessasi intanto in piedi, la coppia entrò in villa e Kudo si ricordò allora d’avere due figlie, che erano state abbandonate a se stesse da dei genitori troppo intenti a tubare sulla riva del mare. Entrò pertanto nella camera delle piccole e le trovò ancora addormentate.

“Ieri sera c’ho pensato io a metterle a letto”, spiegò Ran Mori all’amico che era rientrato in cucina, “prima pretendevano che fossi tu a leggere loro la fiaba della sera, ma quando ho spiegato loro che i loro genitori erano abbracciati sulla spiaggia hanno fatto un’espressione da birbanti e si sono accontentate di me. Sono terribili!”

“Ma ti pare il caso di dire queste cose a delle bambine?”, domandò Shinichi.

“Scusa, m’è scappato, non sapevo che fare!”, si giustificò Ran.



Con il passare del tempo, tutti gli ospiti si destarono e ripresero l’attività del giorno prima: abbronzarsi in spiaggia. Shiho decise che questa volta si sarebbe fatta una nuotata ed indossò un bikini nero che metteva in mostra la sua linea invidiabile, dopo due parti, ed il suo meraviglioso seno.

“Meno male che non volevi prendere l’insolazione”, commentò Sonoko.

“Che c’è, sei invidiosa di mia moglie? Tu una linea così non l’hai mai avuta!”, la punzecchiava Kudo.

“Razza di sfrontato, ti faccio vedere io se non ho una linea invidiabile!”, e così dicendo si tolse il pareo che le copriva il costume ed in effetti notò che Shinichi era rimasto a bocca aperta ad ammirarla.

“Che hai, ora non parli più? Sottospecie di maniaco!”

Shiho richiamò il marito all’ordine con un colpetto di tosse e poi si buttò in acqua, Kudo preferì andare a giocare con le piccole sulla spiaggia, profondamente offeso con se stesso per essersi fatto imbambolare dalla Suzuki in costume.


La mattinata trascorse quindi al mare. Il pranzo previde una nuova grigliata, ma di carne. Nel pomeriggio Yuzo, marito di Ayako, portò una sorpresa per le giovani Kudo.

“Abbiamo un cane che ha avuto diversi cuccioli. Non possiamo tenerli tutti, quindi dobbiamo regalarli ad amici e parenti. Vorrei che ne prendeste uno”, spiegò la sorella maggiore di Sonoko.

Shiho era totalmente contraria, già prevedeva che il cane sarebbe finito tra le cose che sarebbe spettato a lei accudire, era già abbastanza impegnata con le bambine ed il lavoro, oltre a suo marito, che era come un terzo figlio. Le piccole implorarono la madre che fu irremovibile, finché non vide il cucciolo in questione. Era un tenerissimo esemplare di razza papillon (quella con le orecchie che sembrano un farfallino), l’animale che Shiho adorava più di qualunque altro. Le bambine andarono in estasi al vederlo, e pure la loro madre iniziò a cedere; quando poi il cucciolo le si pose in grembo, ed iniziò a leccarla, la resa fu senza condizioni: i Kudo avrebbero avuto un cane.

“E come lo chiamerete?”, chiese Shinichi che era rimasto in silenzio ad osservare. Miyano suggerì:

“Che ne dite di Nero?”

“Come l’investigatore Nero Wolfe? Ottima idea!”, si complimentò suo marito.

“Veramente pensavo a nero come il colore nero in italiano. Del resto è una tonalità che si adatta molto bene alla mia persona!”, precisò la signora Kudo.

Il marito scosse il capo: “Il suo solito umorismo … nero pure questo!”, pensò. “Voi che ne dite?”, chiese alle bambine.

Akemi e Ran si consultarono e poi risposero:

“Nero ci piace, vogliamo che si chiami Nero!”

“E va bene, lo chiameremo come il detective”, concluse Kudo.

“Come il colore!”, precisò sua moglie.

“Mai una volta che me la dia vinta”, valutò tra sé con rassegnazione il detective dell’Est. Il resto del pomeriggio passò quindi tra un riposino per smaltire la grigliata ed i giochi in spiaggia con Nero che diede spettacolo.



Quella sera Eisuke Hondo fece finalmente la sua apparizione a villa Suzuki, accolto calorosamente da tutti, specialmente da sua moglie che era fortemente preoccupata per lui.

Hondo aveva un aspetto terreo e cupo: era chiaro che le indagini non stavano andando in nessun posto ed il poveretto sentiva il terreno franargli sempre di più. Shiho vide il volto dell’uomo e l’espressione afflitta di Ran, quindi volse lo sguardo su Kudo. Il giovane aveva osservato Eisuke fin da quando era arrivato ed aveva capito il problema. Poi incrociò gli occhi azzurri di Miyano che imploravano che facesse qualcosa. Shinichi resistette, ma sentiva lo sguardo di sua moglie su di lui; alla fine sbuffò, si scompigliò i capelli e si diresse da Hondo che stava bevendo un drink. Gli diede una pacca sulla spalla, il giovane agente per poco non rovesciò il bicchiere, poi Kudo lo prese sottobraccio e lo portò sul terrazzo. Shiho guardò Mori e le sorrise, la giovane capì che la sua amica aveva operato in sua vece.

“Allora, Eisuke, come vanno le indagini?”

“Tutto a meraviglia, Kudo. Cosa vorresti sapere?”

“Beh, so che stai cercando Sharon, sono curioso di sapere come va la caccia!”

“Non hai indagini tue di cui occuparti?”

Kudo rimase spiazzato dalla risposta, aveva previsto un certo livello di ostilità, ma il tono del marito di Ran era incredibilmente astioso.

“Dicevo tanto per parlare. Siamo entrambi investigatori”.

“No, mio caro, tu sei il grande detective dell’Est, io sono un povero sfigato senza speranza. Ora se vuoi scusarmi …”.

E così dicendo fece per allontanarsi. Kudo gli afferrò un braccio e cercò di trattenerlo.

“Lasciami!”

“Senti, non volevo offenderti, solo scambiare quattro chiacchiere tra amici di lunga data”.

“Noi non siamo amici, ti ho detto di lasciarmi!”

“Ma io …”, Shinichi non riuscì ad ultimare la frase. Hondo si voltò verso di lui e lo colpì in pieno viso con un pugno che, prendendolo totalmente alla sprovvista, lo fece rotolare a terra fino a colpire il tavolo e le sedie che adornavano il terrazzo. Il rumore che ne conseguì fece uscire tutti fuori di casa. Shiho sgranò gli occhi e si precipitò su suo marito che iniziava a perdere sangue dal labbro inferiore spaccato, Ran Mori urlò e guardò Eisuke; Ayako e Sonoko trattennero i bambini dentro.

“Non ho bisogno della tua pietà; non ho bisogno della pietà di nessuno di voi!”, gridava intanto Hondo totalmente fuori controllo, “vi dimostrerò di cosa sono capace!”, e così dicendo abbandonò la villa per ritornare a Tokyo. Sua moglie rimase pietrificata da tutta la scena, indecisa se seguirlo o lasciarlo a sbollire la rabbia. Shiho, intanto, si prendeva cura del suo uomo che era finito gambe all’aria per averla voluta accontentare.

“Scusa, dovevo farmi gli affari miei”, gli disse con un filo di voce. Shinichi, tenendo un fazzoletto sulla ferita, le sorrise:

“Non ti preoccupare, non è niente”.

Sopraggiunse nel frattempo Mori, costernata ed umiliata da quanto accaduto. Iniziò a chiedere scusa compiendo mille inchini finché le lacrime non iniziarono a sgorgare inarrestabili dai suoi occhi. Miyano s’alzò di scatto e l’abbracciò seguita poco dopo da Sonoko uscita sul terrazzo per vedere com’era finita la questione. Ran continuava però a piangere disperata fin quando Shinichi non intervenne, la prese e l’abbracciò forte, come non faceva ormai da anni:

“Basta, basta, su; non fare così! Tuo marito è solo stressato, vedrai che si sistemerà tutto. Non è successo nulla, non ti preoccupare!”

Solo così la giovane karateka si placò: Sonoko l’accompagnò in camera e rimase con lei tutta la notte.


CONTINUA

Nel prossimo capitolo:

L’arrivo di Sonoko interruppe la discussione tra i coniugi Kudo.
 
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Capitolo 12 Finesettimana ad Izu (3^ parte)

La scenata di Eisuke aveva distrutto l’armonia che regnava alla villa. Il nuovo giorno sorse su una comitiva che aveva ormai perso interesse a rimanere in quel luogo. I Kudo decisero di trattenersi perché l’avevano promesso alle figlie al momento della partenza, ma Ran Mori partì subito per Tokyo per vedere che ne era stato di suo marito. Anche Ayako e la sua famiglia lasciò la villeggiatura subito dopo colazione, con sommo dispiacere dei gemelli che non si volevano separare dalle amichette. Queste, salutati i due ragazzini, andarono a giocare con Nero sulla spiaggia insieme a Makoto, osservate a distanza dalla loro madre.

“Eisuke è proprio mal messo”, concluse Shinichi sopraggiunto alle spalle di sua moglie, “non credo che riuscirà a prendere Vermouth in queste condizioni; forse questo fallimento segnerà la fine della sua carriera nella CIA. Mi dispiace, è un bravo ragazzo con buone potenzialità. Se solo non gli avessero affidato la custodia di quella donna infida cinque anni fa …”.

Shiho ascoltava in silenzio le valutazioni di suo marito e provava una gran pena per Ran; Eisuke l’amava certamente, ricambiato da lei, ma afflitto dai suoi problemi non riusciva a rendere felice sua moglie.

L’arrivo di Sonoko interruppe la discussione tra i coniugi Kudo.

“Senti, Shiho, tua suocera, al mio matrimonio s’è fatta scappare con mia madre che sta usando una crema portentosa creata da te e che fa miracoli contro l’invecchiamento. Beh …, come dire … mia madre mi ha chiesto di chiederti se potresti dare anche a lei qualche tubetto!”

Shinichi rimase di sasso, la storia della crema stava sfuggendo di mano. Anzi, era sicuro che presto o tardi anche la madre di Heiji si sarebbe fatta sentire:

“Allora c’hai invitati qui per chiederci questo? Sei la solita approfittatrice!”

“Senti un po’ tu, con chi stai parlando?”

“Con te, mocciosa viziata!”

Quando suo marito e Sonoko iniziavano quei battibecchi potevano proseguire in eterno, quindi Shiho decise di por fine alla discussione, sospirò e poi:

“Di’ a tua madre che sarò ben lieta d’accontentarla!”

“Ti ringrazio tanto, amica mia!”, e così dicendo la Suzuki abbracciò la scienziata e s’allontanò.

“Cavoli, di questo passo dovremo aprire una fabbrica di cosmetici!”, borbottava tra sé Kudo. Poi, alzando la voce, per farsi sentire dall’interessata, riprese: “... e comunque per i Suzuki la crema è a pagamento: centomilioni di yen il tubetto”.

Sonoko non si voltò nemmeno per rispondere ma, continuando a camminare, alzò il dito medio della mano destra. Shinichi rimase a bocca aperta per il gesto, molto eloquente ed altrettanto pittoresco ed inaspettato:

“E quella sarebbe una donna di buona famiglia?”



Il resto della mattinata proseguì senza avvenimenti di rilievo. I Kudo ed i Suzuki trascorsero alcune ore liete in spiaggia, tra bagni ed abbronzatura. Le piccole ed il cucciolo garantirono il giusto livello di divertimento e distrazione che non fece annoiare gli adulti. Shinichi non poté non notare lo sguardo strano che Sonoko aveva nell’osservare suo marito giocare con le bambine:

“Che le stia nascendo l’istinto materno?”, pensava tra sé per poi scacciare un’idea tanto folle dalla sua mente: Sonoko Suzuki madre era una cosa contro natura, si sarebbe stupito di meno nel vedere il Sole sorgere ad ovest e tramontare ad est. Eppure, non poteva non costatare che la maternità compiva miracoli, come anche era avvenuto con sua moglie che in quei cinque anni era divenuta molto più solare di quanto non fosse mai stata prima.

S’era ormai giunti all’ora di partenza. Nel complesso, tranne l’intermezzo dovuto ad Eisuke, il finesettimana era andato bene. Shiho era soddisfatta, non c’erano stati morti o casi particolarmente cruenti, le bambine s’erano divertite, lei e suo marito erano riusciti a tubare come colombi per qualche ora, e la dormita in spiaggia rimaneva il ricordo più bello di quei due giorni, esclusi i dolori di schiena causati dalla brezza notturna. Avevano anche rimediato un meraviglioso cagnolino che l’aveva ormai stregato. Per un week end in casa dei Suzuki non era andata poi male.


Makoto li accompagnò alla stazione ampiamente in anticipo, c’era tutto il tempo d’andare a mangiare qualcosa al bar. Seduti al tavolo del locale, i Kudo presero tutti il gelato, l’ideale con il caldo di Agosto che picchiava sulla testa, Makoto, da buon sportivo, ordinò un succo di frutta. Mentre la famigliola si gustava quanto richiesto, Shinichi vide un tizio sospetto avvicinarsi al bancone del locale: aveva un vestito troppo pesante per il caldo di quel periodo e nonostante tutto tremava, sudando abbondantemente; il detective attirò l’attenzione dello sposino e gli indicò il giovane, che non sembrava avere più di 22 anni. Makoto lo scrutò da dietro gli occhiali ed annuì, Shinichi guardò negli occhi sua moglie che comprese al volo, osservò l’uomo e bisbigliò:

“È un drogato in crisi d’astinenza, siate prudenti!”

I due giovani eroi s’alzarono dal loro posto, disposto alle spalle del tossicodipendente, ed iniziarono ad avvicinarsi al bancone da due direzioni opposte. Ran, intuendo che stava per accadere qualcosa, decise di andare dietro a suo padre ma fu prontamente bloccata da Shiho. La bambina avrebbe voluto protestare, ma lo sguardo serio e severo di sua madre la fece desistere: la piccola aveva per tempo imparato che in casa Kudo accadevano sempre fatti strani (anche andare al parco a dar da mangiare alle papere poteva tramutarsi in un attentato dinamitardo), ed aveva compreso che in alcuni casi non doveva immischiarsi, allora sua madre la guarda negli occhi e, in silenzio, le faceva capire che doveva rimanere al suo posto. Quella era una di quelle situazioni.

Mentre Ran fremeva sulla sua sedia (il comprendere che c’era un pericolo eccessivo per lei non le faceva diminuire la voglia di gettarsi nella mischia con suo padre), ed Akemi, dopo aver dedicato a tutta la faccenda appena uno sbadiglio, continuava a sorbirsi il suo gelato alla pesca e melone (contrariamente alla sorella, lei non era minimamente interessata a tutti questi crimini che, chissà perché, sembravano essere calamitati dalla presenza di suo padre), Kudo e Suzuki raggiunsero il drogato, uno da destra e l’altro da sinistra. Il ragazzo, era in silenzio, sembrava indeciso sul da farsi, tremava e sudava copiosamente tormentandosi le mani, gli occhi erano gonfi ed arrossati. Alla fine sembrò prendere una decisione: infilò una mano in tasca ed estrasse una siringa usata, quindi urlò verso la cameriera che gli stava davanti per prendere la sua ordinazione:

“Dammi tutti i soldi e le sigarette che avete, altrimenti il quattrocchi qui si troverà infettato dall’Aids!”

E così dicendo afferrò con la sinistra Makoto. La ragazza gettò un urlo che attirò l’attenzione di tutti quanti. Kudo s’avvicinò al giovane e, sorridendo, gli disse:

“Amico, è meglio se ti calmi e ti siedi, risolveremo tutto con le buone!”

“No, voi non capite, ho detto che voglio i soldi e le sigarette, e li voglio subito. O questo cervellone ci andrà di mezzo!”

“Sei sicuro di non voler discutere un attimo, in tutta calma?”

“Ho detto di no! E smettila di parlami come se fossi mio amico, chi cazzo sei?”

Sfoderando il suo solito sorriso ed appoggiando una mano al bancone, Kudo rispose:

“Shinichi Kudo, detective privato!”

Tutti gli avventori rimasero a bocca aperta, il giovanotto iniziò a balbettare:

“Il fa- fa- famoso investigatore?”

“Vedo che mi conosci quindi …”

“... Scusate, non per interrompere, ma io mi sarei stancato di stare in questa posizione!”, intervenne Makoto di cui tutti s’erano dimenticati.

“Hai ragione, perdonami, intervieni pure, come credi meglio!”, rispose Kudo.

Il drogato non riuscì a capire nulla; prima che potesse chiedere cosa significasse quella frase, fu colpito da un’abile mossa di karate e finì gambe all’aria facendo cadere per terra la siringa che fu prontamente raccolta, con ogni precauzione, da Shinichi. Il padrone del locale chiamò quindi la polizia.

La folla aveva iniziato ad assieparsi attorno ai due eroi, stringendo loro le mani e facendo i complimenti. Le ragazze presenti, sia le cameriere sia le clienti, premevano per ottenere un autografo e farsi fotografare con il famoso e bellissimo Kudo, il quale non si tirava di certo indietro.

“Guarda che perdiamo il treno!”

Shinichi smise immediatamente di stringere mani e si voltò verso Shiho che l’osservava con il suo sguardo freddo e tagliente e le braccia conserte. Il gelo gli pervase le ossa, si districò dal groviglio di fan e raggiunse moglie e figlie; il pubblico però si lamentava, allora il famoso investigatore:

“Non vi preoccupate, quello è il mio assistente, sarà felice di farsi qualche foto e raccontare qualche aneddoto su vecchi casi del passato: è pure un famoso campione di karate”.

La folla si voltò verso Makoto, che era rimasto fino ad allora ai margini della ressa. Il poveretto divenne bianco, ma si ritrovò circondato da una bolgia enorme:

“Ehi, Shinichi, dove vai? Shinichi!”

“Mi dispiace, amico, perdiamo il treno: a buon rendere!”

Suzuki non ebbe tempo di replicare: due liceali lo baciarono sulle guance mentre una loro amica scattava una foto. I Kudo salirono finalmente sul treno per casa.

“Sei riuscito a trasformare l’aggressione di un tossico disperato in uno show da baraccone! Sei sempre il solito!”, costatò Shiho.

Shinichi la baciò e le chiese perdono:

“Scusami, sai che ho preso da mia madre il mio volermi mettere in mostra, … mi perdoni?”

“Ho visto degli orecchini di diamanti da Tiffany, con quelli potrei anche provare a scusarti!”

Kudo scosse la testa e ridacchiò: “Ok, capita l’antifona. Provvederò!”


CONTINUA

Nel prossimo capitolo:

La famiglia fu destata dai guaiti di Nero che pretendeva la pappa.
 
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Capitolo 13 Momenti in famiglia

Giunti a casa, i Kudo disfecero i bagagli ed andarono a dormire, era stato un finesettimana denso d’eventi e molto stancante; tutti si coricarono, tranne Shiho che, indossato il suo camice, si recò in laboratorio (la sera, quando la famiglia dormiva, era il momento migliore per lavorare).

Il giorno dopo non fu meno impegnativo della vacanza. La famiglia fu destata dai guaiti di Nero che pretendeva la pappa. Prima il cane, che, per volere di Shinichi, aveva dormito in cucina, si mise a grattare dietro la porta delle bambine, ma non ottenne alcuna risposta, quindi si diresse in camera da letto; per sua fortuna la porta era solo socchiusa, quindi la bestiolina entrò nella stanza e balzò sul letto cercando di svegliare Shiho. La donna aveva trafficato in laboratorio fino a notte fonda e non aveva alcuna intenzione di svegliarsi, ma Nero era insistente: alla fine Miyano riuscì a conciliare le sue esigenze con quelle del cane; con la sinistra si mise ad accarezzargli la testa, mentre con la destra iniziò a chiamare Shinichi, che dormiva profondamente. Finalmente lo svegliò e gli diede l’incarico di preparare la pappa per Nero ed il caffè per lei: Kudo maledì i Suzuki per quel regalo inopportuno (era mai possibile che se non era Sonoko a causare guai dovesse essere sua sorella? Aveva mai, una volta nella sua vita, ottenuto un beneficio dal frequentare le signore Suzuki?), quindi scese dal letto e portò il cane di sotto (meno male che sua moglie temeva che sarebbe toccato a lei occuparsene …). Shiho si girò dall’altra parte e riprese a dormire tranquillamente.

Data la pappa al cane, il detective dell’Est preparò caffè e colazione per le sue donne, quando tutto fu pronto andò a svegliare le piccole e le incaricò di chiamare la mamma: sapeva del resto che solo le bambine riuscivano a far aprire gli occhi a quella sbadigliona senza farla brontolare (era ormai una prassi consolidata dei giorni festivi; se c’era da andare a lavoro in facoltà, Miyano riusciva, ovviamente, ad alzarsi da sola per tempo). Akemi e Ran quindi corsero, a piedi nudi, in camera dei loro genitori, salirono sul letto e s’intrufolarono tra le braccia di Shiho ricoprendola di baci. Alla fine la donna aprì gli occhi e sorrise loro, a quel punto arrivò Kudo con il caffè: il rito delle vacanze era stato rispettato anche quella mattina.

Intorno alle 9.00 giunse Christine che si fece raccontare dalle piccole tutto quello che era successo ad Izu: lo scippo sul treno, gli eventi alla villa, il cane, che appena la vide le ringhiò contro, l’arrivo di Eisuke e la discussione con il loro papà (Ran era riuscita ad avvicinarsi tanto alla terrazza da vedere e sentire tutto, nonostante Sonoko), il drogato in stazione.

“My God! Una vacanza movimentata!”, sentenziò la tata, “allora, piccole, che volete fare oggi?”

Le due pesti, all’unisono, le spiegarono che dovevano comprare tutte le cose necessarie a Nero: cuccia, ciotola, giochi, etc.

“Signorina Christine, ci può pensare lei?”, chiese Kudo, “io devo uscire con mia moglie”.

“Naturalmente, andremo a fare compre per Nero, ok?”

Le piccole gridarono di gioia e pure il cane si mise a saltellare felice.

“D’accordo, qui c’è la mia carta di credito, provveda lei come reputa meglio”.

Christine fece vestire le bambine e poi uscirono per andare in un negozio d’animali.

“Noi dove dovremmo andare?”, chiese sbadigliando Shiho, mentre sorseggiava il caffè, “avrei preferito non mandarle in giro con lei”.

“Lo so, mia dolce brontolona, ma non possiamo andare da Tiffany con le piccole, ci farebbero perdere un mare di tempo”.

“Da Tiffany? Ma io scherzavo ieri!”, cercò di schermirsi Miyano che era leggermente arrossita in viso.

“Io no! Su, vestiti ed usciamo!”

Quindici minuti dopo la porsche nera partì da villa Kudo diretta alla gioielleria più cara di Shinjuku.

Nel corso degli anni, Shiho Miyano aveva dimostrato una grande passione, oltre che per veleni e riviste di moda, per i gioielli; ci volle pertanto oltre un’ora per farle trovare gli orecchini che le andassero a genio. Ma alla fine la signora si ritenne soddisfatta di quanto acquistato (ed a cui s’aggiunse un anello che la commessa spiegò far coppia con i pendenti e che quindi non poteva separarsi da loro). Erano quasi all’uscita quando s’imbatterono in un tizio stracarico di pacchi e pacchetti, non solo della gioielleria. Il poveretto, coperto da buste e scatole enormi, non li vide e li urtò cadendo in terra. Kudo scoprì quindi che la persona in questione era il professor Agasa che faceva compagnia a sua moglie in vena di shopping (lui avrebbe detto che la sua dolce Fusae l’aveva schiavizzato). Completati i convenevoli i quattro decisero di pranzare insieme.

“... E così Eisuke ha dato spettacolo l’altro ieri! Ran mi ha raccontato tutto”.

“Sì, professore, quel ragazzo è parecchio stressato”.

“Vermouth può causare di questi inconvenienti”, commentò Agasa.

“Ma, Shiho, tesoro, quest’anello?”, chiese la Campbell quando vide il gioiello al dito della scienziata.

“Me l’ha regalato Shinichi poco fa, insieme a questi orecchini”, e così dicendo aprì l’astuccio che conteneva i pendenti in questione.

“C’è una qualche ricorrenza che ho dimenticato?”, domandò Agasa preoccupato d’aver saltato qualche evento importante per la sua bambina.

“No, si doveva far perdonare per certi suoi comportamenti …”, spiegò Miyano.

“Ah, ho capito. Hai fatto di nuovo lo spaccone mentre risolvevi un caso, vero?”

Kudo, non rispose, prese la tazzina di caffè ed iniziò a sorseggiarlo, fintamente offeso.

“E le piccole?”, riprese poi Fusae.

“Con la tata a comprare la cuccia per il cane”, spiegò Shinichi.

“Il cane?”, chiese perplesso il professore.

“Discorso lungo!”, tagliò corto il giovane, “Amore, dovremmo andare, la bambine saranno a casa tra poco”.

Shiho annuì, salutarono Agasa e signora e ritornarono a villa Kudo.

Mezz’ora dopo il loro rientro, giunsero le piccole con la tata ed una mole enorme di cose di tutti i tipi per Nero. Kudo temette che avessero svaligiato il negozio. Ma le piccole, ed il cane, erano felicissimi.

Alle 16.00 Christine salutò e andò via. Kudo si mise a giocare con le bambine ed il cucciolo in giardino, mentre Shiho s’accomodò sotto il pergolato per correggere i compiti dei suoi alunni. Shinichi, ad un certo punto, si mise ad osservare sua moglie: come sempre la donna arricciava il naso e si mordicchiava il labbro ogni volta che trovava un errore. Suo marito si mise a ridere.

“Ti diverti?”

“Gli alunni di questo semestre devono essere proprio somari!”

“Perché?”

“Arricci il naso in continuazione …”.

Shiho divenne rossa fin sulla punta delle orecchie, odiava che la fissassero mentre lavorava, prese i suoi incartamenti e s’alzò:

“Fate troppo rumore, andrò nel mio laboratorio!”

Suo marito la vide rientrare in casa e scosse il capo divertito, poi riprese a giocare con le figlie.



Intorno alle 19.00 Miyano fu richiamata al pianoterra dalla voce allarmata di Kudo. Uscita dal laboratorio, la donna vide suo marito con un volto preoccupatissimo:

“Ran ha la febbre, scotta!”

La giovane corse dalla bambina, che suo padre aveva adagiato sul divano dello studio, e le mise la mano sulla fronte: in effetti bruciava, le somministrò quindi un antipiretico e si sedette al suo fianco in attesa. Accanto a lei si disposero Shinichi ed Akemi, con Nero che s’acciambellò ai piedi della padroncina. Trascorse così un’ora circa, Shiho toccò la fronte della piccola, la febbre era ancora presente, il suo viso s’incupì.

“Non va bene, la febbre non è scesa, anzi sembra aumentata. Non capisco!”

“Forse è colpa mia, forse l’ho fatta giocare troppo fuori ed ha sudato in modo eccessivo!”

“No, non credo che sia questo. Akemi sta bene. Sembra più un’infezione”.

“Che facciamo? Dovremmo chiamare Araide?”

“Oggi è lunedì, avrà lo studio pieno di pazienti, non verrà di certo a casa, se non tra molte ore. Sarà meglio portarla da lui”.

“D’accordo, prendo la macchina”.

“No, aspetta, Shinichi, ce la porto io. Tu ti agiti troppo ogni volta che le bambine stanno male, non vorrei che avessi un incidente per strada. Tu rimani qui con Akemi e Nero, falli mangiare e, se non siamo ancora tornate, mettili a dormire. Ci sentiamo dopo”.

Shiho prese Ran in braccio, l’avvolse in una coperta leggera e la adagiò nella porsche nera, quindi, con un potente rombo del motore, l’auto si immise nel traffico cittadino.

“Non ti preoccupare, papà, Araide è un bravo medico, preparato e coscienzioso, Ran guarirà presto!”, disse Akemi prendendo la mano del genitore che osservava la strada dalla finestra.



CONTINUA

Nel prossimo capitolo:

Da diversi minuti Shiho cercava di chiamare suo marito, ma nessuno rispondeva. Il cellulare suonava a vuoto, così pure il telefono di casa.
 
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52 replies since 11/9/2012, 09:07   3764 views
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