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Detective Conan rispetta le "regole per scrivere un gialllo"?, decalogo di Knox e venti regole di Van Dine

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view post Posted on 12/10/2013, 18:51     +1   +1   -1
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Detective avanzato

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Girando per Wikipedia ho trovato due elenchi di regole per scrivere un buon romanzo giallo: uno è il decalogo di Knox dello scrittore inglese Ronal A. Knox (1929) e l'altro sono le "venti regole per scrivere romanzi polizieschi" (Twenty rules for writing detective stories) dello scrittore americano S. S. Van Dine (1928). Guardandoli, ho cercato di capire se Aoyama rispetta sempre i punti: a volte non lo fa, ma non sempre io mi sono trovato d'accordo con queste regole,..

DECALOGO DI KNOX

CITAZIONE
1. Il colpevole dev'essere un personaggio che compare nella storia fin dalle prime pagine; il lettore non deve poter seguire nel corso della storia i pensieri del colpevole.

Regola che nel giallo moderno non è più valida (vedi CSI, in cui il sospettato spesso si trova quasi alla fine), ma Aoyama l'ha sempre rispettata come nei gialli classici, tranne in qualche caso con la polizia in cui non vediamo dall'inizio il colpevole. Comunque sempre rispettata la regola del non poter seguire i pensieri del colpevole

CITAZIONE
2. Tutti gli interventi soprannaturali o paranormali sono esclusi dalla storia.

sempre rispettata: il rimpicciolimento del protagonista non influenza i casi

CITAZIONE
3. Al massimo è consentita solo una stanza segreta o un passaggio segreto.

tutto ok, per quel che ricordo

CITAZIONE
4. Non possono essere impiegati veleni sconosciuti; inoltre non può essere impiegato uno strumento per il quale occorra una lunga spiegazione scientifica alla fine della storia.

insomma... veleni sconosciuti no, ma capita spesso che per risolvere un caso di DC bisogni essere esperti di qualcosa!

CITAZIONE
5. Non ci dev'essere nessun personaggio cinese nella storia. (Questa strana regola si riferisce all'inflazione di personaggi cinesi nelle storie scritte durante l'epoca d'oro del giallo)

ahah, mi sembra che non ci sia mai stato un personaggio cinese, per quello che vale questa regola!

CITAZIONE
6. Nessun evento casuale dev'essere di aiuto all'investigatore e neppure lui può avere un'inspiegabile intuizione che alla fine si dimostra esatta.

ecco dov'è il problema: Gosho non la rispetta quasi mai, è sempre una cosa stupida che non c'entra niente detta da Ran o dai DB che fa venire l'illuminazione a Conan!

CITAZIONE
7. L'investigatore non può essere il colpevole.

embè!

CITAZIONE
8. L'investigatore non può scoprire alcun indizio che non sia istantaneamente presentato anche al lettore.

non esplicitamente, ma ci è sempre presentato! O almeno, avresti potuto notarlo, ma sembra insignificante. Ed è così che deve essere

CITAZIONE
9. L'amico stupido dell'investigatore, il suo "dottor Watson", non deve nascondere alcun pensiero che gli passa per la testa: la sua intelligenza dev'essere impalpabile, al di sotto di quella del lettore medio.

Ecco perché Kogoro dice sempre subito quello che pensa! Bravo Gosho!

CITAZIONE
10. Non ci devono essere né fratelli gemelli né sosia, a meno che non siano stati presentati correttamente fin dall'inizio della storia.

Credo che l'unica eccezione sia "La sfortuna del 4"

VENTI REGOLE DI VAN DINE

CITAZIONE
1. Il lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencati e descritti.

Credo di sì, in qualche modo gli indizi puoi sempre vederli

CITAZIONE
2. Non devono essere esercitati sul lettore altri sotterfugi e inganni oltre quelli che legittimamente il criminale mette in opera contro lo stesso investigatore.

non ci sono altri sotterfugi, anzi, riguardo a Okiya e Amuro ne sa più il lettore di quanto ne sappia Conan, e far sapere al lettore più di quello che sanno i personaggi è quello che Hitchcock definiva suspense!

CITAZIONE
3. Non ci dev'essere una storia d'amore troppo interessante. Lo scopo è di condurre un criminale davanti alla Giustizia, non due innamorati all'altare.

Beh, invece di storie d'amore ce ne sono! Ma forse Van Dine parlava di un solo caso, non aveva previsto una serie così lunga

CITAZIONE
4. Né l'investigatore né alcun altro dei poliziotti ufficiali deve mai risultare colpevole. Questo non è un buon gioco: è come offrire a qualcuno un soldone lucido per un marengo; è una falsa testimonianza.

L'unica eccezione mi sembra Natsuki Koshimizu, la "detective del nord" quando si riuniscono i 5 detective liceali nel volume 55. Ma non sono tanto d'accordo con questa regola, non è presentare al lettore qualcosa di falso se dici fin dall'inizio che anche i detective sono sospettati

CITAZIONE
5. Il colpevole dev'essere scoperto attraverso logiche deduzioni: non per caso, o coincidenza, o non motivata confessione. Risolvere un problema criminale a codesto modo è come spedire determinatamente il lettore sopra una falsa traccia per dirgli poi che tenevate nascosto voi in una manica l'oggetto delle ricerche. Un autore che si comporti così è un semplice burlone di cattivo gusto.

tutto ok!

CITAZIONE
6. In un romanzo poliziesco ci dev'essere un poliziotto, e un poliziotto non è tale se non indaga e deduce. Il suo compito è quello di riunire gli indizi che possono condurre alla cattura di chi è colpevole del misfatto commesso nel capitolo I. Se il poliziotto non raggiunge il suo scopo attraverso un simile lavorio non ha risolto veramente il problema, come non lo ha risolto lo scolaro che va a copiare nel testo di matematica il risultato finale del problema.

anche qui è perfetto

CITAZIONE
7. Ci dev'essere almeno un morto in un romanzo poliziesco e più il morto è morto, meglio è. Nessun delitto minore dell'assassinio è sufficiente. Trecento pagine sono troppe per una colpa minore. Il dispendio di energie del lettore dev'essere remunerato!

a volte capita che la vittima non sia morta, ma io non sono d'accordo con questa regola. Non vedo quali energie sprecherebbe il lettore che sappia dall'inizio che la vittima non è morta, o che potrebbe morire. E del resto, nei gialli moderni capita spesso che l'assassino abbia paura che la vittima si risvegli dal coma e racconti tutto, e questo può far venire fuori storie un po' diverse dal solito

CITAZIONE
8. Il problema del delitto deve essere risolto con metodi strettamente naturalistici. Apprendere la verità per mezzo di scritture medianiche, sedute spiritiche, la lettura del pensiero, suggestione e magie, è assolutamente proibito. Un lettore può gareggiare con un poliziotto che ricorre a metodi razionali: se deve competere anche con il mondo degli spiriti e con la metafisica, è battuto ab initio.

anche qui tutto bene

CITAZIONE
9. Ci deve essere nel romanzo un poliziotto, un solo "deduttore", un solo deus ex machina. Mettere in scena tre, quattro, o addirittura una banda di segugi per risolvere il problema significa non soltanto disperdere l'interesse, spezzare il filo della logica, ma anche attribuirsi un antipatico vantaggio sul lettore. Se c'è più di un poliziotto, il lettore non sa più con chi sta gareggiando: sarebbe come farlo partecipare da solo a una corsa contro una staffetta.

Invece ci sono spesso le gare di deduzione con Heiji, e poi anche con Sera, per non parlare di quella dei 5 detective del volume 55, o del caso con Kid nel volume 30: non sono d'accordo con questa regola, credo che la storia si faccia più interessante quando c'è una gara di deduzioni

CITAZIONE
10. Il colpevole deve essere una persona che ha avuto una parte più o meno importante nella storia, una persona cioè, che sia divenuta familiare al lettore, e lo abbia interessato.

Quasi sempre rispettata (e comunque nei gialli più moderni non è più valida)

CITAZIONE
11. I servitori non devono essere, in genere, scelti come colpevoli: si prestano a soluzioni troppo facili. Il colpevole deve essere decisamente una persona di fiducia, uno di cui non si dovrebbe mai sospettare.

A volte ci sono i domestici, non ricordo se siano mai stati colpevoli, ma comunque vengono presentati anche loro come persone di fiducia e che conquistano la fiducia del lettore, non vedo perché non dovrebbero essere possibili colpevoli

CITAZIONE
12. Nel romanzo deve esserci un solo colpevole, al di là del numero degli assassinii. Ovviamente che il colpevole può essersi servito di complici, ma la colpa e l'indignazione del lettore devono ricadere su un solo cattivo.

Non sono pienamente d'accordo, lo scopo non è far indignare il lettore ma fare una storia interessante e che stupisce, quindi se si scopre che i colpevoli di più omicidi sono diversi non vedo il problema. Non ricordo se sia mai successo in DC comunque, a parte quando si citano omicidi avvenuti in passato e il colpevole deve essere ancora scoperto

CITAZIONE
13. Società segrete, associazioni a delinquere et similia non trovano posto in un vero romanzo poliziesco. Un delitto interessante è irrimediabilmente sciupato da una colpa collegiale. Certo anche al colpevole deve essere concessa una "chance": ma accordargli addirittura una società segreta è troppo. Nessun delinquente di classe accetterebbe.

Certo, se alla fine dici che il colpevole ha fatto tutto solo per una cosa di mafia, è come non risolvere il caso: hai preso un pesce piccolo. Ma se indaghi dall'inizio su una grande organizzazione, la storia è più bella: quindi secondo me l'Organizzazione Nera non viola questa regola

CITAZIONE
14. I metodi del delinquente e i sistemi di indagine devono essere razionali e scientifici. Vanno cioè senz'altro escluse la pseudo-scienza e le astuzie puramente fantastiche, alla maniera di Jules Verne. Quando un autore ricorre a simili metodi può considerarsi evaso, dai limiti del romanzo poliziesco, negli incontrollati domini del romanzo d'avventura.

L'unica eccezione sono i gadget di Agasa per acchiappare il colpevole, e infatti li ho sempre odiati

CITAZIONE
15. La soluzione del problema deve essere sempre evidente, ammesso che vi sia un lettore sufficientemente astuto per vederla subito. Se il lettore, dopo aver raggiunto il capitolo finale e la spiegazione, ripercorre il libro a ritroso, deve constatare che in un certo senso la soluzione stava davanti ai suoi occhi fin dall'inizio, che tutti gli indizi designavano il colpevole e che, se fosse stato acuto come il poliziotto, avrebbe potuto risolvere il mistero da sé, senza leggere il libro sino alla fine. Il che - inutile dirlo - capita spesso al lettore ricco d'istruzione.

Credo che sia rispettato: gli indizi appaiono insignificanti ed è difficile immaginare un modo assurdo per uccidere partendo da quelli, ma ci sono e sono visibili per il lettore. Anche nella trama principale gli indizi ci sono (come le foto di Jodie e di Vermouth), ma quello in cui Gosho è un maestro è deviare i sospetti del lettore, facendo in modo che solo i più astuti si accorgano dei veri indizi e capiscano, per esempio, che Eisuke non è uno dell'Organizzazione

CITAZIONE
16. Un romanzo poliziesco non deve contenere descrizioni troppo diffuse, pezzi di bravura letteraria, analisi psicologiche troppo insistenti, presentazioni di "atmosfera": tutte cose che non hanno vitale importanza in un romanzo di indagine poliziesca. Esse rallentano l'azione, distraggono dallo scopo principale che è: porre un problema, analizzarlo, condurlo a una conclusione positiva. Si capisce che ci deve essere quel tanto di descrizione e di studio di carattere che è necessario per dare verosimiglianza alla narrazione.

Questo credo riguardi solo i romanzi, non è una regola che si può applicare ad un fumetto. Quando ci si sofferma sui luoghi (per esempio Heiji che presenta Osaka) o su nuovi personaggi, lo si fa sempre all'inizio, prima del caso, e quindi non si interrompe niente

CITAZIONE
17. Un delinquente di professione non deve mai essere preso come colpevole in un romanzo poliziesco. I delitti dei banditi riguardano la polizia, non gli scrittori e i brillanti investigatori dilettanti. Un delitto veramente affascinante non può essere commesso che da un personaggio molto pio, o da una zitellona nota per le sue opere di beneficenza.

Sempre rispettata da Gosho tranne per qualche serial killer, ma non sono del tutto d'accordo con questa regola: anche l'investigatore privato può collaborare con la polizia, e trovare un delinquente di professione che si nasconde o scappa può essere una bella sfida

CITAZIONE
18. Il delitto, in un romanzo poliziesco, non deve mai essere avvenuto per accidente: né deve scoprirsi che si tratta di suicidio. Terminare una odissea di indagini con una soluzione così irrisoria significa truffare bellamente il fiducioso e gentile lettore.

Successo poche volte in DC, ma anche qui non sono d'accordo: scoprire che è un suicidio quando sembra un omicidio non è affatto una soluzione irrisoria, e infatti l'episodio 3 se lo ricordano tutti

CITAZIONE
19. I delitti nei romanzi polizieschi devono essere provocati da motivi puramente personali. Congiure internazionali ecc. appartengono a un altro genere narrativo. Una storia poliziesca deve riflettere le esperienze quotidiane del lettore, costituisce una valvola di sicurezza delle sue stesse emozioni.

Non sono pienamente d'accordo: se c'è dietro fin dall'inizio un'indagine su una congiura internazionale o una grande organizzazione, la scoperta del colpevole può essere interessante. Comunque credo che le uniche volte che l'Organizzazione ha compiuto un omicidio in DC siano state i casi di Tequila e Pisco

CITAZIONE
20. Ed ecco infine, per concludere degnamente questo "credo", una serie di espedienti che nessuno scrittore poliziesco che si rispetti vorrà più impiegare; perché già troppo usati e ormai familiari a ogni amatore di libri polizieschi. Valersene ancora è come confessare inettitudine e mancanza di originalità:
scoprire il colpevole grazie al confronto di un mozzicone di sigaretta lasciata sul luogo del delitto con le sigarette fumate da uno dei sospettati;
il trucco della seduta spiritica contraffatta che atterrisca il colpevole e lo induca a tradirsi;
impronte digitali falsificate;
alibi creato grazie a un fantoccio;
cane che non abbaia e quindi rivela il fatto che il colpevole è uno della famiglia;
il colpevole è un gemello, oppure un parente sosia di una persona sospetta, ma innocente;
siringhe ipodermiche e bevande soporifere;
delitto commesso in una stanza chiusa, dopo che la polizia vi ha già fatto il suo ingresso;
associazioni di parole che rivelano la colpa;
alfabeti convenzionali che il poliziotto decifra.

Non sono del tutto d'accordo: usare gli espedienti "classici" ma in un modo nuovo e originale è una bella sfida per uno scrittore di gialli: alcune non si possono sfruttare in modo diverso, ma altre, come le associazioni di parole, i messaggi in codice e le bevande soporifere si possono usare in tanti modi diversi e Gosho l'ha fatto perfettamente. Il gemello c'è stato solo ne "La sfortuna del 4", e in una serie così lunga è uno dei tanti espedienti che ci può stare perché non te lo aspetti proprio in quel caso
 
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Dwalin2010
view post Posted on 12/10/2013, 19:10     +1   -1




CITAZIONE
4. Né l'investigatore né alcun altro dei poliziotti ufficiali deve mai risultare colpevole. Questo non è un buon gioco: è come offrire a qualcuno un soldone lucido per un marengo; è una falsa testimonianza.

Ma non e' che questo non sia usato nei gialli classici: io ricordo per esempio libri sia di Agatha Christie che John Dickson Carr in cui gli assassini erano poliziotti.
 
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1 replies since 12/10/2013, 18:51   343 views
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