Una triste melodia, Aoki Kurage NPC - Operazione #1 [Ferita Ustione 2° Grado]

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view post Posted on 9/5/2016, 07:24     +1   -1
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C'era il fuoco. Poteva sentirne il calore sul volto arrossato, mentre il fumo riempiva i suoi polmoni già saturi. L'incendio stava divampando, divorando avido ciò che rimaneva del villaggio di Yakeba. Le urla dei suoi abitanti si levavano ate, lacerando l'aere traboccante di tensione e di un odore che ricordava il triste olezzo della morte. Il morbo di Watashi aveva infine contagiato quelle terre dimenticate dal mondo, distruggendo senza pietà alcuna la serenità che sempre aveva regnato in quel luogo. Mostri immondi aleggiavano tra le vie del villaggio come fantasmi, seminando panico e disperazione tra chi, incapace di difendersi, non poteva far altro che soccombere. Bestie partorite dal grembo di una divinità risorta con l'unico scopo di saziare la propria fame di morte, nonché un'implacabile sete di sangue.
Fue non poteva vederle, ma riusciva a percepirne chiaramente l'odore. Puzzavano, eccome se puzzavano. L'odore della terra imbrattata di sudore e sangue era nauseabondo. Mai avrebbe potuto dimenticarlo.

- Non possiamo restare qui.. Yakeba è ormai perduta! - la voce di Fumi risuonò fra le pareti della stanza, cercando di catturare l'attenzione del marito. - Daiki, cosa facciamo?

Mai il ragazzino aveva avuto modo di percepire una sfumatura diversa da quella dell'amore, nella voce della donna che lo aveva cresciuto come un figlio. Eppure quel timbro trasudava terrore, poteva sentirlo far vibrare le sue ossa gracili e le corde del suo cuore, quasi fossero quelle della sua biwa. Stretto fra le braccia di sua madre, Fue non poté far altro che assistere come uno spettatore passivo a ciò che accadde. Poté sentire i passi di suo padre farsi lontani e l'acciaio della katana risuonare fiero, dopo che questa era stata sguainata.

- Non c'è più tempo, devi portare Fue lontano da qui! - dichiarò lui, con fare autoritario.

L'uomo era ben consapevole del fatto che rimanere in quel posto fosse soltanto un pericolo, sia per la donna che amava che per il ragazzino che avevano accudito per tutti quegli anni. Le fiamme stavano divampando e presto avrebbero divorato ciò che di più caro aveva al mondo.

- Non voglio lasciarti. - rispose lei, timidamente, certa di quale sarebbe stata la risposta del marito.

- Devi farlo. - tagliò corto Daiki, distrutto dal peso immane di quella scelta. - Non è necessario che anche voi rimaniate vittime di questa strage.

Mai il ragazzino aveva potuto sentire la voce de padre contorta dalla debolezza, o dalla paura. Eppure in quel momento calde lacrime rigavano quel volto scavato dagli anni, così come quello della donna che lo stringeva a sé con sempre più forza. Non vi era bisogno di occhi per vedere ciò che era possibile osservare con il cuore.
Prima che Fumi potesse controbattere, la finestra della sala andò in frantumi. Una figura indescrivibile, una delle creature al servizio di Watashi, aveva fatto irruzione all'interno dell'umile dimora dei due pescatori, mandando in fumo ogni possibilità di agire con calma, seguendo la logica. Non ci sarebbe stato un momento per i saluti. Ciò che sarebbe rimasto era la tensione del momento, il terrore a far tremare le proprie membra e quelle di sua madre, la determinazione di Daiki nel proteggere con le unghie e con i denti il tesoro più prezioso che possedeva.

- Andate! - fu quel che l'uomo disse, con un tono autoritario che non lasciava spazio ad indugi.

Prima ancora che Fue potesse replicare, la stretta della madre si fece ancor più ferrea sul suo polso. Venne trascinato fuori dalla casa senza possibilità di repliche. L'ultima cosa di cui avrebbe avuto ricordo, in quegli attimi scanditi dal panico, era il rumore del ferro che contrastava gli artigli imbrattati di odio di quella creatura immonda. Ed un ultimo urlo, lontano nel tempo e ormai riposto nei meandri più reconditi dei suoi ricordi, a sferzare l'aria con la forza di una tempesta.

- PAPÀ, NO!

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Rinchiuso in quel limbo, come un criminale in una prigione di eterna angoscia. La sua anima veniva trascinata come una zattera in balia di una tempesta dispensatrice di caos. Il suo corpo, allo stesso modo, era alla mercé dei suoi salvatori. Shonibi di cui ancora ignorava l'esistenza, che come ombre affilate avevano marciato per giorni. La neve aveva lasciato spazio al dolce profumo della foresta. Ed infine, il sole era stato nascosto dalla nebbia, ogni odore celato dall'olezzo di bagnato che imbrattava la terra.
Il viaggio era stato scandito da un conto alla rovescia silenzioso, ma pressante come il freddo ferro che pende sul collo dei condannati a morte. Le condizioni del ragazzino erano critiche e, senza un intervento rapido ed efficace, presto le ustioni avrebbero divorato ciò che rimaneva del suo corpo e della sua anima. Costretto a dipendere ancora una volta dagli altri, peggio ancora, da sconosciuti dei quali ignorava persino l'esistenza.
Su quel ritmo scandito dal tamburellare della pioggia sulle strade della Nebbia avrebbe preso infine vita la melodia del suo destino. E come le antiche ballate tramandate dai cantori, il finale era incerto, ammantato del mistero degno di una storia che si rispetti.



Edited by .Melo - 16/8/2016, 14:13
 
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view post Posted on 25/5/2016, 00:43     +1   -1
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A Kiri, le amicizie erano importanti. Sapere di chi potersi fidare, a chi poter voltare le spalle senza rischiare un pugnale tra le scapole, magari assicurarsi qualche privilegio, era di certo un ottimo metodo per sopravvivere senza doversi continuamente concentrare su eventuali assassini nascosti nella Nebbia.
Ma forse, le minacce erano ancora più importanti. E questo Aoki Kurage lo sapeva bene, così come sapeva che essere tra le poche persone in tutto il Villaggio ad essere a conoscenza della malattia del Mizukage era stato ciò che l'aveva resa così influente a Kiri. Aveva infatti ottenuto il posto di Capo della Sezione Medica senza troppe difficoltà e svolgeva anche il ruolo di segretaria di Hogo Kyujo. Nonostante fosse considerata la seconda dottoressa del Villaggio in quanto a bravura, la donna teneva però in mano la gestione dell'ospedale con grande competenza: era sempre nel posto giusto al momento giusto, con una soluzione per ogni problema, efficiente e professionale.

Non perse il sangue freddo nemmeno quando alcuni shinobi rientrarono all'interno delle mura portando con sè un ragazzino che era stato inghiottito dalle fiamme. Le sue ferite erano gravi e necessitava di un intervento d'urgenza, uno di quelli in cui era solo la mano ferma del chirurgo e una certa dose di fortuna a decretare la vita o la morte del paziente. E in quel momento Aoki non voleva avere una macchia sul curriculum solo per colpa di uno stupido ragazzino che si era messo a giocare col fuoco: sarebbe stata impeccabile, come sempre. Ordinò immediatamente di preparare la sala operatoria a coloro che l'avrebbero assistita nell'intervento e di portare dentro il ragazzo che stava lottando tra la vita e la morte. Che lei conoscesse le procedure... era talmente ovvio che chiederlo sarebbe stato insensato.
Nel suo camice immacolato, percorse con passo deciso i corridoi dell'ospedale accanto alla barella in cui era disteso Fue. Attorno a lui ronzavano infermieri e dottori che, guidati dalle parole di Aoki, controllavano costantemente i parametri vitali e applicavano i trattamenti di base mentre lo trasportavano nella stanza.


Shizuka, le bende: ne serviranno molte. Kei, prepara gli aghi sterili. Yasai, è pronta la flebo?


Indossando i guanti in lattice, la donna assaporò con gusto il momento in cui il rivestimento aderì perfettamente alla pelle con un sonoro schiocco: era il segno che adesso era lei al comando, lei controllava la situazione e tutto era nelle sue mani. Era il dolce suono del potere. Ah, se fosse stato sempre così, anche fuori dalla sala operatoria... Oltre la mascherina protettiva che portava sulla bocca, il suo volto non tradiva però nessuna emozione e lo sguardo dietro agli occhiali trasmetteva solo freddezza e professionalità. Per prima cosa si occuparono di stabilizzare le funzioni vitali, tenendo sotto controllo battito e respirazione, nel tentativo di tenere il ragazzo fuori pericolo di vita. Contemporaneamente gli fu applicata una flebo che avrebbe continuamente iniettato direttamente nel suo sistema circolatorio i farmaci di cui aveva bisogno, tra cui anestetizzanti e antidolorifici per evitare che si svegliasse nel momento meno indicato. E poi, Aoki procedette con l'operazione vera e propria.

C'erano molte cose da fare, e le ustioni erano un tipo di ferita non facile da trattare: doveva agire con cautela per scoppiare le bolle, ma senza infierire sulla pelle già martoriata del paziente, allo stesso tempo evitando che la piaga si infettasse ulteriormente. Questo era il punto cruciale, altrimenti le ferite non si sarebbero mai rimarginate da sole. C'era poi da controllare quanto in profondità i tessuti fossero stati danneggiati per pensare ad eventuali metodi più invasivi per recuperare la perfetta funzionalità del corpo... sì, c'era molto da lavorare. Ma non per questo il Capo della Squadra Medica si sarebbe scoraggiato: aveva visto di peggio negli anni che aveva trascorso in quella struttura. Di lì passavano shinobi che avevano subito ogni tipo di ferite in missione, orrendi sfiguramenti erano all'ordine del giorno e ben presto ci si faceva l'abitudine a non perdere la compostezza di fronte al paziente, in qualsiasi condizione fosse ridotto. Non era un mestiere per deboli di cuore.
Probabilmente, un altro medico in un altro Villaggio si sarebbe chiesto cosa aveva causato ustioni tanto gravi sul corpo di un ragazzino come Fue, ma non Aoki di Kiri. In un luogo dove per anni studenti dell'Accademia Ninja erano stati incaricati di uccidersi a vicenda per conquistare l'onore di andare in missione e morire per la propria terra, si imparava che spesso era meglio non farsi domande di cui non si voleva sapere la risposta. Sia per evitare di immischiarsi in situazioni più grandi di quanto si potesse immaginare, sia per preservare almeno l'idea che il mondo non fosse troppo diverso da quel posto -l'ospedale- in cui le persone univano le forze e davano il tutto per tutto per aiutare chi ne aveva estremamente bisogno.

L'operazione si concluse con successo, per quello che concerneva l'operato di Aoki. Come sempre, del resto: ognuno dei suoi assistenti era molto competente, attentamente selezionato in quanto ad abilità, e ormai avevano trovato un intesa che permetteva loro di portare a termine senza errori ciò per cui erano stati impiegati. Una volta terminata la somministrazione di farmaci e al momento in cui tutto il liquido infetto fu fuoriuscito dalle piaghe, era finalmente giunto per Fue il momento di riposare. Le ferite gli vennero fasciate con bende umide, così da rendere meno dolorosa la sua convalescenza, e ancora privo di sensi venne portato nella stanza in cui avrebbe trascorso le successive giornate in attesa del suo recupero più o meno totale. Stava al suo corpo decidere se e quando ciò sarebbe avvenuto: nel frattempo, ogni movimento delle parti ustionate gli avrebbe ovviamente provocato dolore e ci sarebbe voluto del tempo affinchè le croste lasciassero il posto a nuova pelle. Per le prossime settimane, infermieri e infermiere si sarebbero susseguite nella sua camera, aiutandolo nelle azioni quotidiane e provvedendo a ciò di cui aveva bisogno -tra cui il cambiare le fasciature che lo ricoprivano, applicare unguenti e somministrare i farmaci necessari-.
Solo a quel punto Aoki potè togliersi la mascherina e i guanti, concedendosi un attimo di riposo seduta su una sedia. Non che non fosse soddisfatta del lavoro compiuto ma... la sua mente era già tesa verso il prossimo obiettivo, e quella volontà di proseguire, di procedere senza mai fermarsi di fronte a nessun ostacolo, con lo sguardo puntato sempre verso l'orizzonte, fu sufficiente a spingerla ad alzarsi nuovamente per dedicarsi al successivo paziente che avrebbe varcato la soglia dell'ospedale.
 
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view post Posted on 28/5/2016, 23:36     +1   -1
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CITAZIONE
Un paio di annotazioni:

- Crystal mannaggia a te! I moduli compilali come Jashin comanda la prossima volta <_< o i 100 ryo te li prelevo dal conto, altro che paga!
- Da regolamento il paziente deve postare prima e dopo l'intervento, e poi si procede alla valutazione; se i colleghi sono d'accordo questa cosa verrà modificata, richiedendo il secondo post del paziente dopo la valutazione -in modo da consentirgli di ruolare qualcosa oltre eventuali stati onirici indotti dall'anestesia. Questa volta procediamo così, ma appunto bisognerà discuterne... è anche vero, come qualcuno mi fa notare, che qualcosa da scrivere lo si trova in ogni caso.

La sessione è valida, al Reggente vanno 100 Ryo di paga per l'intervento; l'operazione avrà successo, muovetevi di conseguenza. Buon GdR-on.
 
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view post Posted on 17/6/2016, 10:43     +1   -1
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Il risveglio fu tutt'altro che piacevole per il tredicenne. Si trovava su di un comodo giaciglio, ma azzardare in che posto si trovasse era un'impresa; ciò che riusciva a sentire, distintamente, era il vociare proveniente dal corridoio adiacente alla stanza in cui aveva dormito fino a quel momento e i passi di qualcuno, all'interno della stessa camera. Istintivamente cercò di mettersi seduto sul bordo del letto, ma il dolore al busto lo costrinse ad adagiarsi nuovamente sotto le lenzuola. Si portò una mano sul torace e questa immediatamente poté toccare le fasciature che lo coprivano e che si estendevano fino ai polsi di entrambe le braccia.

- Non dovresti esagerare con gli sforzi, hai subito un'operazione ieri.. - fu una voce femminile a spezzare il misterioso silenzio che aleggiava nella stanza.

Il suo tono sembrava sinceramente preoccupato per le condizioni del giovane, tuttavia la curiosità e le perplessità di quest'ultimo non facevano che aumentare esponenzialmente con il trascorrere dei secondi. Sentiva la testa girare, ma non riusciva a comprenderne il perché; in realtà non si era ancora ripreso del tutto dall'anestesia che gli era stata somministrata, ma in quel momento Fue era talmente confuso che non ci avrebbe nemmeno creduto, se qualcuno glielo avesse detto.

- Una.. operazione?! - non riusciva a credere a quanto le sue orecchie avevano udito, ma doveva essere la verità; il dolore e le fasciature di cui il suo corpo era vestito parlavano chiaro. - Ma dove cavolo mi trovo? E che fine ha fatto Uta?

La fanciulla sembrò non capire e il piccolo cieco, malgrado non potesse vedere la sua smorfia perplessa, poteva chiaramente riconoscere l'imbarazzo del silenzio che si era venuto a creare. In effetti era stato tutt'altro che chiaro con quella sua domanda.

- La mia biwa, volevo dire. - si corresse subito dopo, certo che almeno così la sua interlocutrice avrebbe compreso ciò di cui stava parlando.

- Si trova accanto al tuo letto, appoggiata contro il muro. - rispose la donzella con tono assai gentile, mentre con passi lenti si avvicinava al ragazzino. - Comunque, ti trovi all'interno dell'ospedale di Kiri, il villaggio della Nebbia. Io sono Noriko, una delle infermiere.

La gioia di sapere di avere ancora con sé Uta svanì in fretta, rimpiazzata da una sorpresa incontenibile per quanto aveva appena sentito. Kiri, il villaggio della Nebbia.. per quale motivo si trovava lì? Gli ultimi ricordi che aveva erano confusi, ma il freddo del vento e la soffice consistenza della neve sotto ai piedi erano ancora ben impressi nella sua memoria. Ricordava di essere stato ferito, ma né come, né da chi. Qualcuno doveva averlo salvato, probabilmente, e condotto in quel posto affinché ricevesse le cure opportune. Provava una sensazione strana, una miscela fra gratitudine e smarrimento. E non tardò a mostrarla, sobbalzando spaventato non appena sentì le mani di Noriko sfiorare il suo corpo.

- Ehi, devo solo cambiare le fasciature. Puoi stare tranquillo. - cercò di tranquillizzarlo lei, comprendendo empaticamente quanto il tredicenne stesse provando in quel momento.

Acquietato dai modi cortesi e premurosi dell'infermiera, il ragazzino rilassò i muscoli doloranti, permettendole così di svolgere il suo lavoro.

- Ti chiedo scusa. - disse immediatamente lui, con un tono dispiaciuto; temeva di averle mancato di rispetto, ma ancora non riusciva ad essere del tutto tranquillo. - Comunque il mio nome è Fue.

- Bene Fue, ce ne sarà di tempo per conoscerci meglio. - concluse lei con fare solare, strappando soltanto per un attimo un piccolo sorriso al suo giovane interlocutore.

Già, ce ne sarebbe voluto di tempo prima che le ustioni sparissero del tutto e prima che potesse recuperare completamente la funzionalità del proprio corpo.. e di conseguenza avrebbe avuto l'occasione per riflettere bene su quanto fosse accaduto e su cosa avrebbe potuto fare, arrivato a quel bivio durante un viaggio che aveva già assistito a riscontri a dir poco imprevedibili.



Edited by .Melo - 16/8/2016, 14:15
 
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view post Posted on 27/6/2016, 08:35     +1   -1
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[x] Sentiva le voci dei due chiaramente tra le tende bianche della stanza d’ospedale, chiedendosi ancora cosa ci facesse lì. Non sapeva nemmeno lei perché avesse preso per buona la notizia che le aveva rivelato il ninja di Kiri. Forse perché per quanto odiasse ammettere il suo interesse per il ragazzino, una parte di se si interrogava su chi fosse? O forse semplicemente perché si trovavano nella stessa situazione? Oppure perché quella piccola creatura si trattava solo di un bambino senza vista e si sentiva responsabile d’averlo abbandonato ad affrontare chissà cosa? Lei che provava sentimenti di questo genere verso un completo sconosciuto? Quasi voleva mettersi a ridere per quei suoi sciocchi ragionamenti. Ascoltò attentamente tutto ciò che l’infermiera aveva da dire, in un silenzio tombale. Era stata sempre un’abile cacciatrice e nascondersi probabilmente era la cosa che le riusciva meglio, accompagnato dal suo fiuto particolarmente fino. Attese pazientemente finché il siparietto non si concluse, come se la preda si dovesse avvicinare a lei prima di poter fare la sua mossa. Quando la porta si chiuse alle spalle della giovane donna, la fanciulla del Nord s’avvicinò al letto con passi calmi e cadenzati. Non sapeva esattamente come approcciarsi anche se lui sicuramente aveva già avvertito la sua presenza, udendo lo scricchiolare degli stivali sul pavimento bianco immacolato. Per esserne certa comunque si schiarì la voce, trovando un blocco alla gola che la metteva in difficoltà; come se le si fosse intrecciata la lingua.

- Ciao... - disse titubante, prima di guardare in cielo esasperata per la sua pessima performance.

Che diavolo mi passa per la testa? Perché mi trovo qui... sembro una stupida

Strinse forte con le mani sudate il piccolo oggetto che si era portata dietro, incapace di riuscire a trovare un movente per spiegare quella sua follia. Probabilmente quel piccoletto l’avrebbe presa per una squilibrata e come dargli torto? Perché aveva dovuto creare quella piccola bambola per lui? Qualcosa di così personale e privato per quell’esserino che forse non sarebbe sopravvissuto in quel mondo così pericoloso molto a lungo.

- Senti scusami non sono brava con le parole. Sono venuta qui perché volevo sapere come stavi, cioè il realtà ero curiosa di comprendere come hai fatto a sopravvivere a quelle scottature... anche se adesso che ti vedo sembri più un ammasso di bende che una persona - le sue parole non furono per niente confortanti ma si avvertiva immediatamente il disagio nella sua voce.

Relazionarsi con il prossimo era sempre così difficile o l’imbarazzo era dovuto proprio alla situazione? Nami che si imbarazzava... chi l’avrebbe mai detto? Persino quelli della sua tribù avrebbero narrato di quel momento surreale per parecchio tempo. La quindicenne prese un lungo respiro e poi continuò, sfrecciando nel suo fiume di parole insicure.

- Ti ho fatto anche un Ningyō No Rūtsu. Nella mia cultura questo fantoccio viene fatto a mano con delle radici, e donato per augurare una pronta guarigione al malato. Purtroppo non sono mai stata brava con i lavori manuali, quindi non stupirti se non è perfetto. Gli spiriti ti proteggeranno comunque... - cercò di rassicurarlo alla fine.

O almeno spero... potrebbero persino sfogare la loro ira su di lui per un lavoro tanto schifoso

E con un gesto adagiò quel piccolo oggetto sulle coperte. Se il musicista l’avesse toccato avrebbe notato immediatamente le radici intrecciate e qualche strana incongruenza in alcuni punti, sfilacciamenti qua e là che davano credito alla sua giustificazione. Non era facile realizzare un simile lavoro, soprattutto per una ragazza come lei che aveva sempre apprezzato più impugnare il suo coltello che fare quelle faccende da donna. Cacciare era la cosa in cui riusciva meglio, in cui il suo spirito libero e selvaggio veniva sbrigliato dalle catene.

- In realtà anni addietro questo metodo veniva utilizzato anche dagli sciamani per maledire le loro vittime. Non credi che sia una pratica affascinante? Avere tutto questo potere in un solo oggetto - affermò entusiasta senza rendersi conto che quello che stava raccontando era piuttosto inquietante - Quindi niente... sono venuta qui solo per questo. Adesso posso anche andare... non voglio disturbare ulteriormente.

Cercò di tagliare corto, sfogando la sua frustrazione nella famosa pratica del giramento dei pollici. Quanto maledettamente complicata poteva essere quella situazione? Ancora non riusciva a spiegarsi cosa le fosse passato per la testa. Avrebbe dovuto approfittare di quel tempo buttato per allenarsi, per appianare le sue doti e raggiungere le capacità di quello sbruffone che si divertiva così tanto a spiarla di nascosto. Se fosse diventata un’abitante di quel villaggio non l’avrebbe più importunata e presto avrebbe persino potuto fargli vedere quanto potesse essere migliore di lui. Un uomo che non conosceva il vero freddo invernale non poteva essere riconosciuto come tale.



Edited by Karen91 - 28/8/2016, 19:01
 
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view post Posted on 27/6/2016, 12:57     +1   -1
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Non ci volle molto, prima che Noriko terminasse il suo lavoro. Malgrado le bende che coprivano il corpo del ragazzino fossero tante, la donna era riuscita a cambiarle nel minor tempo possibile, pur non peccando in precisione e professionalità; evidentemente doveva essere assai brava in ciò che faceva. Le regalò un sorriso e un breve saluto, prima ch'ella abbandonasse la stanza. A quel punto sarebbe volentieri tornato a riposare, affinché il suo fisico si adeguasse gradualmente alla nuova condizione in cui versava, ma un rumore sospetto lo fece desistere dal suo intento. Il pavimento scricchiolò e una presenza si avvicinò lentamente a lui. Passi ai quali non seppe dare un'identità, perlomeno finché la voce di una fanciulla non le inebriò le orecchie.
"Non sarà mica.." pensò tra sé, mentre con il passare dei secondi la situazione si faceva sempre più chiara. Si trattava della ragazza che aveva incontrato durante la sua ultima avventura, riusciva a ricordarne vagamente il timbro. Si sentì tuttavia parecchio a disagio nel constatare quanto poco rimembrasse di quell'evento.. i ricordi gli apparivano come suoni sbiaditi, rumori ormai tanto lontani da sembrare indistinti. Il fatto che lei fosse venuta a fargli visita tuttavia lo incuriosiva e, in un certo senso, lo rendeva felice. Per quel poco di cui aveva memoria, non avevano proprio iniziato con il piede giusto.

- Mi fa piacere che tu sia qui. Purtroppo non so dirti cosa sia accaduto.. ricordo solo di aver provato un dolore indescrivibile, proprio qui. - disse, indicando il petto con la mano destra. - Poi ho perso conoscenza e niente, mi sono risvegliato pochi minuti fa. Sono stato sottoposto a un intervento o almeno così mi hanno detto.. credo che siano stati loro a salvarmi la vita, da solo dubito che avrei potuto farcela.

La sua voce tremava e in quel suo atteggiamento Nami avrebbe potuto leggere chiaramente la sensazione d'impotenza che il ragazzino provava in quel momento. Era consapevole di non essere in grado di difendersi da solo, le ferite che adesso costellavano il suo corpo ne erano la prova inconfutabile. Oltre questo vi era tuttavia curiosità, un ardente desiderio di sapere in che modo fosse stato possibile per lui essere sottoposto a un intervento.

- Tu per caso sai come siamo arrivati qui? Nel senso, qualcuno deve avermi pur condotto in questo posto.. sei stata tu, per caso? - chiese con genuino interesse, non riuscendo tuttavia ad essere solare come avrebbe voluto.

Prima ancora di ricevere una risposta, tuttavia, la fanciulla lo stupì. Gli aveva portato un dono, una bambola che nella sua cultura serviva per propiziare una rapida guarigione. Rimase a bocca aperta per qualche secondo il ragazzino e fu costretto a scuotere la testa per ritrovare la lucidità necessaria per affrontare la sua interlocutrice. Con l'emozione di un bambino che scarta un regalo il giorno del suo compleanno, Fue prese tra le mani il fantoccio che era stato adagiato sulle coperte. Lentamente le sue dita lo accarezzarono e lui poté percepire il contatto con le radici, così come le imperfezioni frutto forse dell'inesperienza della ragazza nella creazione di simili oggetti. Ningyō No Rūtsu, questo era il nome di quel dono.
"Non ho la minima idea di cosa cavolo significhi, ma non è un problema.." pensò divertito, stringendo con sempre più vigore quella piccola bambola.

- Sei stata davvero gentile, ti ringrazio molto.. - fu costretto a fermarsi, rendendosi conto di non conoscere nulla di lei, nemmeno il nome; avrebbe rimediato subito a questa mancanza, presentandosi a sua volta. - Il mio nome è Fue, comunque.

Stavolta fu in grado di sorridere, nonché di mostrarle quanto la sua presenza fosse davvero gradita. Del resto, in quel posto di cui non conosceva nulla e che come il resto del mondo rimaneva avvolto nel buio, quella sconosciuta era ciò che più poteva avvicinarsi alla descrizione di amica.



Edited by .Melo - 16/8/2016, 14:16
 
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view post Posted on 28/8/2016, 19:49     +1   -1
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Bastava fissare quella ragazza per capire immediatamente che stava facendo tutto tranne ascoltare. Aveva posto quelle domande senza il minimo interesse e quello era il risultato che ne conseguiva: la completa perdita d’attenzione della giovane. Si ritrovò a pensare alle sue amate terre piene di ghiaccio e ad intrecciare i suoi ricordi con quelle cose surreali che aveva visto. Non c’erano delle vere spiegazioni possibili per tutto quello che era capitato a quei due poveri avventurieri, costretti a stare in un posto completamente differente nelle abitudini; sicuramente per quanto riguardava Nami. Ma come faceva quella gente a non impigrirsi quando il cibo si poteva comprare nei negozi? In cosa sfogavano la rabbia ed il nervosismo? Domande che nessuno nella sua testa avrebbe potuto rispondere.

- A quanto pare ci hanno portato qui due tizi del posto... di cui uno ti assicuro è parecchio antipatico - disse facendo una smorfia contrariata al solo pensiero che quell’essere probabilmente l’aveva seguita anche lì - Io capisco te che eri ridotto in quelle condizioni ma io? Perché hanno portato anche me qui?

Si ricordava perfettamente lo scontro che aveva dovuto affrontare ed il senso d’impotenza quando aveva capito quanto potesse essere inferiore ai due sconosciuti. Colui che si definiva il suo salvatore l’aveva persino derisa facendola apparire come una mocciosa impreparata allo scontro. Per la prima volta nella sua vita si era sentita una debole il cui destino sarebbe dovuto essere quello di marcire in quel paese distrutto. Il suo orgoglio non accettava quel gesto, non accettava d’essere a Kiri ma d’altra parte voleva essere lì; il Villaggio della Nebbia nascondeva parecchie possibilità per una combattente inesperta come lei.

- Quel posto era sicuramente maledetto. Ci ha mostrato delle cose che non esistevano - continuò esponendo le sue conclusioni logiche - Il paese non esisteva, quelle persone in verità non erano reali e noi ci siamo cascati come degli allocchi.

Strinse i pugni innervosita da quella situazione ingestibile. Perché le avevano tenuto lontano un mondo così diverso dal suo per tutto quel tempo? Aveva vissuto in una sfera di cristallo fino a quel momento e adesso ogni cosa le piombava sulle spalle aumentando di carico, scoperta dopo scoperta. Perché da lei non esistevano macchinari del genere come in quell’ospedale? Con una ferita del genere quel ragazzino nel Nord sarebbe stato dato immediatamente per spacciato, nemmeno avrebbero provato ad intervenire per salvarlo. Se da un lato Fue era completamente in balia della tristezza dall’altro Nami quasi non riusciva a contenere il fuoco che le bruciava dentro.

- Nami piacere - rispose trovando la giusta calma e per la prima volta non si sentì contrariata a dire il nome a qualcuno che non appartenesse a casa sua.

Era una cosa così personale chiamare qualcuno con il proprio nome identificativo ed invece in quel posto ognuno lo rivelava ai quattro venti. A cosa serviva? C’erano talmente tante persone in quel villaggio che non si sarebbero mai potute conoscere tutte. Forse un giorno avrebbe fatto quelle domande al suo interlocutore ma per il momento preferì parlare di cose meno personali.

- Fue... - un brivido le percorse la schiena quando ebbe pronunciato quelle tre lettere - Che cosa significa questo nome?

La curiosità della giovane finalmente era venuta allo scoperto ed aveva colpito nel segno a chi era rivolta la domanda. Quello che il dodicenne non sapeva era che nella cultura della selvaggia dagli occhi blu il nome di rito doveva rappresentare per forza qualcosa, una tradizione che nel Sud era morta anni addietro non come nei freddi ghiacciai dove la natura diventava proprio il simbolo dello spirito del nuovo nascituro.



Edited by Karen91 - 24/10/2016, 13:58
 
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La voce di quella ragazza era quella di una persona sicura di sé, questo Fue lo aveva compreso dal primo momento in cui l'aveva udita. Eppure poté giurare di aver percepito rabbia e nervosismo nel timbro di lei, quasi come se tutto ciò in cui aveva creduto fino ad allora stesse vacillando, rischiando di crollare sotto ai suoi piedi. Anche lui riusciva a provare quella sensazione; era come un moribondo che vagava in una terra che non gli apparteneva, così lontana dagli usi e dalle esperienze che lo avevano accompagnato durante la sua crescita. Si chiedeva per quale motivo quegli uomini di cui la fanciulla gli aveva parlato lo avessero condotto fino a lì, ma si ritrovò ad accettare la verità. Né lui, né lei, potevano conoscere la risposta a quel quesito. Che si trattasse di compassione o di altro, beh, questo solo i Kami potevano stabilirlo. Venire poi a conoscenza del fatto che quanto fosse accaduto in quella casa maledetta fosse solo frutto di un abile inganno non fece altro che colpire durante le sicurezze del ragazzino dalla chioma bionda, già fragili dopo aver constatato quanto inutili fossero le sue capacità nel combattimento.
"Come ho fatto a cascarci in questo modo?" si chiedeva, mentre sentiva ancora bruciare le ferite che aveva riportato durante quel crescendo di eventi al limite del normale. Per un momento, si trovò a pensare che forse quel viaggio in cui si era gettato a capofitto, senza nemmeno riflettere, fosse stato solo il capriccio di un marmocchio convinto di essere abbastanza maturo da poter girare il mondo. Ahimè, dovette ammettere di essersi sbagliato allora.. era poco più di un bambino in fin dei conti e per giunta privato di uno dei sensi più importanti. Per quanto attento potesse essere, non avrebbe nemmeno potuto accorgersi delle minacce che avrebbe incontrato durante il suo cammino. Strinse i pugni, ma non riuscì a metterci alcuna convinzione. Non ne aveva più del resto e come biasimarlo? Non sapeva più in cosa credere, dopo quello che era successo.

- Significa "fischio". Sono stati i miei genitori a chiamarmi così, dato che da piccolo non smettevo mai di fischiare.. crescendo ho imparato a suonare la biwa, ma il nome è rimasto. - si portò una mano dietro la nuca, accompagnando con quel gesto impregnato d'imbarazzo un discorso non da meno.

Il pensiero di Nami - questo era il nome di chi aveva di fronte - lo aveva stupito, così come il dono che gli aveva fatto. Forse non era veramente solo, in quel posto di cui conosceva soltanto il nome. Anche lei doveva sentirsi allo stesso modo, come un pesce fuor d'acqua.. forse per questo motivo Fue sentiva di essere empatico nei suoi confronti, come se ad unirli vi fosse un filo invisibile chiamato destino.

- Il tuo invece che cosa significa?

La sua domanda, giustificata dalla curiosità, forse sarebbe risultata fin troppo invadente per una come lei, ma questo purtroppo il tredicenne non poteva saperlo. Troppo ingenuo per fare i conti con animo discreto e fin troppo altezzoso come quello di Nami; eppure, quasi come fosse un bambino alle prese con il suo nuovo giocattolo, Fue ne aveva eccome di domande da farle. Il suo sogno era conoscere e visitare il mondo intero e di certo ascoltare le storie e le usanze del popolo di quella fanciulla l'avrebbe aiutato a viaggiare con la mente e non concentrarsi quindi sul triste presente. La descrizione di quel Ningyō No Rūtsu, di sciamani e maledizioni avevano senz'altro catturato la sua attenzione.. forse anche più di quello che la cacciatrice avrebbe potuto sopportare.

- Perché non mi parli del tuo popolo? Ne avrai di storie da raccontare e le vostre usanze sembrano piuttosto affascinanti! - affermò entusiasta, stringendo con più vigore il fantoccio che lei gli aveva donato come augurio di una pronta guarigione.

 
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view post Posted on 24/10/2016, 13:46     +1   -1
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Chi vive senza follia non è così saggio come crede...


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Lo sguardo della fanciulla passò da quel povero ragazzino bendato allo strumento ai piedi del letto; che si riferisse a quello con biwa? Rimase un po’ interdetta, non smettendo di lanciare occhiate fugaci a quello strano oggetto come se temesse d’esser notata. Infine non riuscì a trattenere i suoi istinti primordiali e senza scrupoli si rannicchiò per sfiorare una di quelle corde. Un fantastico suono le attraversò le orecchie, qualcosa che la giovane non aveva mai udito nella sua vita. Rimase qualche secondo a bocca aperta cercando di concentrarsi sull’utilità di quel mezzo; probabilmente si trattava di un oggetto molto simile al tamburo che utilizzava il popolo del Nord.

- Un nome appropriato direi... - disse con semplicità ricomponendosi senza staccare gli occhi dallo strumento musicale - Quindi sei anche in grado di suonarlo?

Non si pronunciò a proposito di quel dono e non osò fare richieste per orgoglio ma la castana desiderava ardentemente vedere cosa fosse in grado di fare quell’esserino con quel pezzo di legno quasi più grande di lui. Faceva un’immensa fatica ad interagire anche con qualcuno di non così diverso da lei, tanto che quando lui le chiese di rimando il significato del suo di nome fece una mezza smorfia. Odiava parlare di se stessa.

- Nami significa onda... come l’onda che mi ha portato a riva quando ero ancora in fasce. Nella mia tribù è tradizione utilizzare nomi della natura così che gli spiriti proteggano il futuro nascituro. In poche parole il nome determina anche il ruolo che ricoprirai dopo la morte così che il legame non si interrompa mai ma divenga sempre più forte - concluse infine la cacciatrice cercando di sintetizzare come poteva.

Non era nemmeno sicura che potesse parlare a tutti di quelle leggende, non era mai capitato che qualcuno varcasse i loro territori o perlomeno non da quando era arrivata lei. Nessuno aveva obiettato con quel batuffolino nocciola che non sapeva nemmeno parlare, la gente del posto l’aveva accolta immediatamente a braccia aperte affidandola a Mai. Non se la sentiva, non avrebbe potuto condividere altro finché non fosse stata pronta e se mai lo fosse stata.

- Non è vero non c’è nulla d’emozionante nel vivere in mezzo ai ghiacci. Io ecco... penso di avere un impegno. Ci vediamo presto - disse all’improvviso come estraniandosi.

Indietreggiò di qualche passo e poi come se si fosse volatilizzata nel nulla scomparve. Gli ultimi passi provenivano nella direzione della finestra, in una corsa frettolosa e insicura. Probabilmente Fue si sarebbe reso presto conto che c’era qualcosa di misterioso e intricato nel modo d’essere della quindicenne.

 
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view post Posted on 21/12/2016, 14:46     +1   -1
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- Sì, suono ormai da diversi anni. - le rispose rapidamente, lieto che lei si fosse interessata alla sua più grande passione.

Per un momento la sentì avvicinarsi ai bordi del letto, ma fu solo quando ella ebbe pizzicato le corde della biwa che il ragazzino poté averne conferma. Quel suono lo meravigliò, quasi come se fosse stata la prima volta per le sue orecchie; del resto la realtà non era poi così lontana da quel pensiero: ogni mano era in grado di produrre una melodia diversa, ogni tocco era differente da un altro, così come le passioni e le emozioni che muovevano le dita sullo strumento. Nel suono stridulo e smorzato di Nami il più piccolo riuscì a percepire curiosità e meraviglia, due elementi che stavano accompagnando la fanciulla non solo nella scoperta della musica, ma anche in quella discussione.

- Quindi quale sarebbe il tuo ruolo? - cercò d'incalzarla così, genuinamente incuriosito dal suo discorso.

Malgrado la conoscesse da poco, riusciva a percepire chiaramente la distanza che separava il loro modo d'essere, le culture che li avevano forgiati. Nami sembrava provenire da un mondo totalmente diverso, da un popolo che plasmava i propri figli grazie ai doni e alla forza bruta della natura.. al contrario Fue era sì cresciuto in un villaggio che viveva d'agricoltura, ma era sempre stato coccolato e accompagnato nel suo percorso dalle storie raccontate da suo padre. Il suo scopo era quello di apprendere, imparare di più su quel mondo che per lui era fatto solo di suoni ed odori ormai un po' troppo familiari.. lei invece era un'incognita, un fitto mistero che non era ancora in grado di risolvere.
Proprio in quel modo, avvolta da dubbi e domande che s'insinuarono nel cuore del giovane, la ragazza sparì. Il ragazzino dalla chioma dorata ebbe modo di sentirla allontanarsi in direzione della finestra, probabilmente in maniera da poter usare la stessa per lasciare l'ospedale. Fu colpito dal suo modo di fare, anche se non avrebbe saputo dire se in positivo o in negativo.. Nami sembrava essere piena di sorprese e quella sua peculiarità non faceva altro che catturare ancora di più l'interesse del più piccolo. Sospirò, amareggiato al sol pensiero di dover tornare nuovamente fra le pani del personale di quel luogo di dolore.

"Beh, sicuramente ci rivedremo presto."
E di ciò, anche se si trattava solo di una mera intuizione, era praticamente certo.

 
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